Campioni dimenticati, la tragedia di Brema

Ogni anno si celebrano gli anniversari della tragedia di Superga e quella di altri eventi luttuosi che hanno colpito il mondo dello sport. Ma non si hanno molte notizie della tragedia di Brema e del Volo Lufthansa 605 che sembra dimenticata e degli atleti italiani che vi persero la vita. Elenchiamoli uno ad uno, con l’età che avevano quel 28 gennaio 1966: Bruno Bianchi, 22 anni; Dino Rora, 21 anni; Sergio De Gregorio, 20 anni; Amedeo Chimisso, 19 anni; Luciana Massenzi, 20 anni; Carmen Longo, 18 anni; Daniela Samuele, la più giovane non aveva ancora compiuto 18 anni.

Forse il sogno di tutti loro era quello di partecipare alle successive Olimpiadi del 1968 a Città del Messico. Bianchi aveva partecipato alle due precedenti edizioni a Roma e Tokio; a quest’ultima avevano gareggiato anche Rora e De Gregorio.

Erano speranze del nuoto italiano, facevano parte della nazionale dell’epoca diretta al Meeting di Brema, uno dei più prestigiosi eventi della stagione e, quel giorno, morì con loro l’allenatore Paolo Costoli quattro volte campione d’Italia di pallanuoto negli Anni Trenta. Altro italiano su quel volo il telecronista Nico Sapio che accompagnava la spedizione azzurra.

Il volo era partito dall’aeroporto di Francoforte alle 17:41 con un leggero ritardo di 8 minuti ed era rifornito con 3.200 litri di benzina per aviazione, sufficienti per un volo di 5 ore e 13 minuti. Questa riserva extra era necessaria perché l’equipaggio aveva scelto l’aeroporto di Stoccarda come destinazione alternativa a causa delle avverse condizioni meteorologiche.

Verso le 18:40, dopo circa 30 minuti di volo al livello di volo di 14.000 piedi ovvero 4.300 metri, l’aereo iniziò il suo avvicinamento all’aeroporto di Brema quando la visibilità era solo di circa 700 m a causa delle forti piogge. La velocità del vento era di 9 nodi da 140 gradi e il vento in coda di 6 nodi. Le condizioni meteorologiche minime all’aeroporto di Brema per quel tipo di aeromobile Convair 440 consentivano un vento in coda non superiore a 5 nodi.

Il Comandante iniziò la discesa, ma iniziò una manovra di riattaccata ad un’altezza approssimativa di 10 metri dal suolo. Pochi istanti dopo, alle 18:51, l’aereo da 21,5 tonnellate virò a sinistra e si schiantò contro un campo oltre la fine della pista. Il carburante rimanente (circa 2.500 litri) prese fuoco, provocando un incendio al suolo che fu stato spento dai vigili del fuoco dell’aeroporto solo dopo 40 minuti. A seguito dell’incidente venne costituita una Commissione investigativa che, circa un anno dopo, depositò la propria relazione concludendo che l’incidente era stato causato da una catena di errori tecnici e umani.

Secondo le risultanze del rapporto, uno strumento nella cabina di pilotaggio faceva visualizzare informazioni errate, facendo sì che l’aereo deviasse dalla traiettoria di volo prescritta e specificata dal sistema di atterraggio. Quando l’aereo si liberò dalla copertura delle nuvole, il comandante presumibilmente stimò l’altitudine in modo errato a causa dell’oscurità e della scarsa visibilità. Il comandante probabilmente decise di non portare a termine l’atterraggio perché la poca pista rimasta non sarebbe stata sufficiente a consentire la frenata dell’aereo. A questo punto, manovrò il Convair in un assetto di volo estremo, portandolo a uno stallo e, successivamente, l’aereo colpì il suolo con l’ala sinistra. Nell’impatto l’incendio. Il velivolo bruciò completamente tranne la sezione di coda e l’ala destra. Quando arrivarono i soccorritori poterono solo raccogliere i cadaveri e i rottami.

Sono state ipotizzate altre concause; forse il pilota soffriva di un disturbo cardiovascolare. Il rapporto terminava con la frase: “Anche altre cause potrebbero aver contribuito all’incidente”. Nell’impossibilità di svolgere l’autopsia del pilota, venne esaminato solo il corpo del copilota il cui tasso alcolemico era 0,24 per mille.

Oggi, ai giovani atleti azzurri, è dedicata una stele al Foro Italico dopo che degli imbecilli (scusate non amo il vocabolo vandali), distrussero quella precedente in cristallo. Ad alcuni di loro è dedicato un impianto o un memorial che si unisce alla Coppa Caduti di Brema organizzata dalla Federazione Nuoto.

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