Ma anche basta

Ma è possibile che ancora nel 2024, in un’epoca orrenda fatta di guerre e prevaricazioni, è possibile che ancora esista il Festival di Sanremo e si parli solo di quello? Una banda di cantanti più o meno dotati che vengono ormai notati solo per il look? Quella bella giacca azzurra di Modugno quando vinse un milione di anni fa è ormai un ricordo di un’eleganza passata; ormai uomini vestiti da donne, cantanti non più giovani con il look sado mignotta, paillettes e lustrini manco Moira Orfei.

E le canzoni? Dovrebbero essere il motivo del Festival e invece sono per la maggior parte strillacci assurdi con parole incomprendibili. Vi ricordate Rose rosse per te ho portato stasera? Beh, dimenticatele; niente rose solo crisantemi da portare sulla tomba della canzone italiana.

E poi, ma che noia, sempre i soliti presentatori, il co-presentatore adesso politicamente corretto o corrotto; perché la bellona non se può più perché irrita le categorie del body shaming e via dicendo; robe da non capisci nulla. Finito il tempo dei primi passi di Amadeus (Ama per i soliti noti) quando chiosava dietro un grande uomo c’è una grande donna, si è dovuto gettare sulle storie strappalacrime per testimoniare come il Festival sia attento alla cronaca.

E poi gli ospiti stranieri; un velo pietoso non basta, ci vuole un sudario. Ma ve la ricordate Tina Turner? C’è venuta quattro volte e non le hanno fatto fare nessuna gag. Adesso invece impietositi dall’effetto del tempo che passa sviliamo con il Ballo del Quaqua uno che ci ha fatto ballare da una vita. Io a questo punto avrei scritto all’ONU e convocato la Corte dell’Aia per crimini contro l’umanità.

E non è ancora finita. Dichiariamoci prigionieri politici.

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