Camera di Consiglio

L’OBBLIGO DI FEDELTA’ NEL MATRIMONIO E IL RUOLO DELLE RELAZIONI INVESTIGATIVE – Con una recentissima sentenza, la Suprema Corte veniva chiamata a decidere un caso di separazione con addebito alla moglie. Il caso in esame traeva origine da un ricorso presentato dal marito, accolto sia in Tribunale che in Corte d’Appello. La Corte richiamava l’orientamento della Cassazione in tema di addebito della separazione, affermando che doveva ritenersi dimostrato, in base alle emergenze istruttorie, che la crisi coniugale era divenuta irreversibile dopo che il marito aveva avuto conoscenza dell’infedeltà della moglie.

Quest’ultimo ne aveva avuto notizia prima a mezzo di lettera anonima e i fatti venivano poi confermati tramite relazioni investigative, anche relative al periodo successivo, comprovando come l’infedeltà già si protraeva da tempo. La moglie, pertanto, alla luce dell’addebito, non aveva diritto a percepire alcun assegno di mantenimento per sé stessa.

La donna ricorreva per Cassazione, adducendo vari motivi di censura, lamentando che il Giudice d’Appello, erroneamente e del tutto illegittimamente, aveva attribuito rilevanza probatoria alle relazioni investigative prodotte dal marito: secondo la difesa della donna, infatti, le relazioni investigative avrebbero potuto costituire prova a tutti gli effetti solo a condizione che l’investigatore venisse escusso nel contradditorio fra le parti. Inoltre, secondo la difesa, la motivazione della sentenza impugnata non era congrua, perché le relazioni investigative dovevano ritenersi prove atipiche, presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. ovvero meri argomenti di prova.

La Cassazione riteneva le doglianze inammissibili: invero, le relazioni investigative scritte e redatte da un investigatore privato erano state utilizzate correttamente dai giudici di merito come prove atipiche, aventi valore indiziario. E tali prove erano state vagliate unitamente ad altri elementi di prova ritualmente acquisiti. Significava, inoltre, la Corte, come nel fascicolo vi era anche materiale fotografico, il disconoscimento del quale non produce lo stesso effetto del disconoscimento effettuato ex art. 215 del c.p.c. (che attribuisce alla scrittura valore di piena prova fino a querela di falso).

Ricordava, poi, la Suprema Corte come la violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenti una violazione particolarmente grave, idonea a determinare la normalmente e di per sé stessa intollerabilità della prosecuzione della convivenza e, conseguentemente, a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, salvo che non venga provato che la crisi del nucleo familiare fosse dovuta ad altri eventi anteriori.

La Cassazione riteneva corretto l’iter motivazionale della Corte d’Appello che aveva tenuto conto delle criticità del rapporto coniugale preesistenti, escludendo che tali fossero stati causa della crisi coniugale. Pertanto, la donna veniva condannata anche al pagamento delle spese di lite.

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