La calata della Cortina di ferro

L’espressione Cortina di Ferro era già stata usata in più occasioni, ma quando la pronunciò Winston Churchill il 5 marzo 1946, il mondo ricevette un segnale inquietante dopo che, da neppure un anno, era finita la Seconda guerra mondiale. Churchill annunciò l’inizio di un conflitto che sarebbe durato per i successivi quarant’anni fino al crollo del sistema sovietico e all’abbattimento del Muro di Berlino che rappresentava la divisione dell’Europa in due blocchi.

Vale la pena rileggere la parte più importante del discorso tenuto dal leader Inglese tenuto in una piccola località degli Stati Uniti. «Diamo il benvenuto alla Russia nel suo giusto posto tra le più grandi Nazioni del mondo. Siamo lieti di vederne la bandiera sui mari. Soprattutto, siamo lieti che abbiano luogo frequenti e sempre più intensi contatti tra il popolo russo e i nostri popoli. È tuttavia mio dovere prospettarvi determinate realtà dell’attuale situazione in Europa. Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente. Dietro quella linea giacciono tutte le capitali dei vecchi stati dell’Europa Centrale e Orientale. Varsavia, Berlino, Praga, Vienna, Budapest, Belgrado, Bucarest e Sofia; tutte queste famose città e le popolazioni attorno a esse, giacciono in quella che devo chiamare sfera Sovietica, e sono tutte soggette, in un modo o nell’altro, non solo all’influenza Sovietica ma anche a un’altissima e in alcuni casi crescente forma di controllo da Mosca».

Dalle parole di Churchill è facile trarre il quadro della situazione politica che si era di fatto delineata nel Vecchio Continente dopo la conclusione del conflitto contro l’Asse con i Paesi dell’est di fatto sotto il controllo egemone di Mosca.

Cortina di Ferro è una locuzione che pare venne usata per la prima volta nell’ambiente dello spettacolo, dalla scrittrice inglese Violet Paget, nota con lo pseudonimo di Vernon Lee, nel 1915 per la musica natalizia di Bach in Germania e in Inghilterra, che avrebbe diviso allora i due Paesi come una “mostruosa cortina di ferro”.

Dopo la fine della Prima guerra mondiale venne largamente utilizzata per riferirsi alla situazione proprio in Unione Sovietica e, nel 1918, l’autore russo Vasilij Rosanow scrisse nel suo polemico L’Apocalisse del nostro tempo: «Sotto squilli, spari e strida cala giù una cortina di ferro sulla storia della Russia. Lo spettacolo è alla fine».

In ogni caso quando fu Churchill a pronunciarla, il mondo intero fu reso consapevole di ciò che stava per affrontare e che ha caratterizzato la seconda metà del secolo scorso. Le repressioni sovietiche a Budapest nel 1956 e a Praga nel 1968 furono le manifestazioni più evidenti del mondo che l’URSS aveva creato.

La valenza non solo politica ma anche economica e negli spostamenti, fino ad incidere sui rapporti tra le persone, è stata di chiara evidenza: passare dai confini che dividevano l’Europa della Nato da quella del Patto di Varsavia era veramente l’attraversamento di un passaggio tra due mondi completamente diversi, e non lo dicevano solo le diverse tipologie di auto che si vedevano nelle strade, ma anche la musica e l’abbigliamento.

Il contrabbando di beni di consumo, compresi jeans, era una realtà. Gli articoli occidentali erano spesso visti come simboli di status e stile di vita più libero, e la domanda per essi superava l’offerta disponibile legalmente nei paesi dell’Europa dell’Est.

La Cortina di ferro crollò poco prima della dissoluzione dell’Unione Sovietica; lo smantellamento iniziò in Ungheria il 2 maggio 1989, con la rimozione della barriera al confine con l’Austria. Ci fu una cerimonia ufficiale, alla quale parteciparono anche le massime autorità austriache, che richiamò alla libertà tutti i popoli europei ancora sotto l’influenza dei regimi comunisti. Con la fine della contrapposizione e con la fine della Guerra fredda, il termine viene ormai usato solo in ambito storico.

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