PNRR rimodulato, nuove risorse per le PMI

Una analisi dei punti di forza e di debolezza del nuovo PNRR. Quali potrebbero essere i riflessi della mancata attuazione e quali gli sviluppi attesi.

Lo stato di attuazione – Come noto l’Italia è il maggior prenditore dei fondi europei del Next Generation UE, avendo ottenuto quasi 195 miliardi, di cui ben 70 miliardi a fondo perduto, da utilizzare entro la fine del 2026. Di questi, a fine 2023, abbiamo già ricevuto 102 miliardi in quattro rate ed abbiamo già richiesto la quinta. In un recentissimo report, la Commissione ha evidenziato come l’Italia sia prima in Europa nel raggiungimento degli obiettivi previsti: 178 obiettivi raggiunti sui 527 totali. Questo imprimatur della Commissione non è affatto da sottovalutare, perché un eventuale allarme europeo sulla messa a terra del nostro PNRR avrebbe avuto sicuramente conseguenze molto negative sulla fiducia dei mercati verso il nostro Paese e, con un debito pubblico di 2.860 miliardi, la fiducia dei mercati è sacra e inviolabile.

Punti di forza: la rimodulazione del PNRR – Ai fini della puntuale mesa a terra del PNRR è stato fondamentale che il governo abbia ottenuto dalla Commissione l’autorizzazione a rimodulare il piano iniziale. Questa rimodulazione consentirà di spostare risorse per circa 20 miliardi da obiettivi non più raggiungibili a target temporalmente accettabili e maggiormente finalizzati al rilancio dell’economia. Nell’ambito di questa rimodulazione, ad esempio, le nostre imprese potranno contare su circa 12 miliardi di cui almeno la metà destinati alla “Transizione 5.0”: risparmio energetico, digitalizzazione, nuovi processi produttivi e intelligenza artificiale.

Punti di debolezza: la spesa effettiva – La recente relazione del governo al Parlamento ha evidenziato che, a fronte dei 102 miliardi sin qui ottenuti, la spesa effettiva registrata è ammontata a fine 2023 a circa 45 miliardi. Il che non sarebbe neanche tanto male. Tuttavia, accendendo un faro sulla sua componente investimenti pubblici, che dovrebbe essere l’asse portante del PNRR, la spesa registrata scenderebbe a circa 20 miliardi. E poiché gli investimenti pubblici nel complesso del PNRR valgono circa 168 miliardi, vuol dire che il grosso di questi dovrà essere messo a terra da qui alla fine del 2026 al ritmo di circa 50 miliardi l’anno. Un impegno non da poco.

Ciò detto, il dato sulla percentuale di spesa costituisce sicuramente un punto di attenzione, ma non un allarme rosso. Infatti, bisogna considerare che il dato è penalizzato da almeno due fattori: 1) alcune spese, ancorché effettuate, non sono ancora state contabilizzate; 2) il primo triennio del piano è stato caratterizzato dalle riforme, dalla progettazione, dagli iter autorizzativi relativi alle gare di appalto, il prossimo triennio sarà invece caratterizzato dalla messa a terra delle opere, con conseguente forte incremento della percentuale di spesa effettuata.

In conclusione, al momento nessun allarme rosso sul nostro PNRR ma solo la necessità di un monitoraggio serio e continuativo.

[NdR – Fonte Teleborsa.it che si ringrazia per la collaborazione – Andrea Ferretti è docente al Master in Scienze economiche e bancarie europee LUISS Guido Carli]

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