Camera di Consiglio
LESIONE AL DIRITTO ALLA BIGENITORIALITA’ PER LA LONTANANZA DEI FIGLI – Il caso in esame trae origine da un procedimento di scioglimento del matrimonio tra due genitori, in seno al quale la madre chiedeva di essere autorizzata a trasferirsi con i tre figli minori, a circa 850 km dalla ex casa familiare, per motivi di lavoro, assumendo quest’ultima di aver ricevuto un’offerta molto importante per la prosecuzione della propria carriera. Il Tribunale con apposita ordinanza accoglieva la richiesta materna, senza modificare il regime di affido condiviso e senza alcuna istruttoria.
Il padre proponeva reclamo chiedendo la sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ordinanza; tuttavia, la Corte d’Appello respingeva le sue doglianze. Quest’ultimo, dunque, si vedeva costretto a ricorrere per Cassazione, sulla base di vari motivi di censura e, in particolare, per la violazione del diritto dei figli a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
La Cassazione accoglieva il ricorso. Sosteneva, infatti, che il trasferimento dei tre figli in località distante parecchi chilometri da quella di residenza del padre altro non può essere che un ostacolo alla frequentazione del genitore coi figli, nonostante al padre, nel caso di specie, fosse stata riconosciuta la facoltà di vederli e tenerli con sé ogniqualvolta lo desiderasse.
Evidente era che la Corte di merito non aveva valutato come la notevole distanza tra le due città non consentiva in alcun modo frequentazioni giornaliere, ma solo visite di più giorni, data la notevole durata del viaggio. Peraltro, nemmeno i viaggi sarebbero stati semplici da organizzare, né tantomeno assidui, poiché i figli frequentavano la scuola, corsi sportivi, palestra, e non avrebbero certo assentarsi troppo tempo dalla città di residenza, perlomeno durante il lungo periodo scolastico, senza individuare idonee compensazioni.
Le decisioni nel merito, dunque, avrebbero configurato una piena violazione del diritto alla bigenitorialità del padre, inteso quale “presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantire a quest’ultimo una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione ed istruzione della prole il cui rispetto deve essere sempre assicurato nell’interesse superiore del minore”.
La causa, dunque, veniva rinviata alla Corte d’Appello.
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