Praga, poesia che scompare
Mi ripeto. Adelphi è un grande editore. Uno dei pochi che restano in questo cimitero degli elefanti che è l’editoria italiana. Merito di Roberto Calasso che l’ha impostata su solide basi culturali. Merito di una redazione che lavora seguendo le sue tracce anche dopo che se n’è andato, lasciandoci tutti un po’ più soli.
Tra le cose meritevoli che fa Adelphi c’è la ristampa (con traduzioni curate da Giorgio Pinotti) di tutta l’opera di Milan Kundera, che occupa un intero settore della mia biblioteca, adesso pure negli agili volumetti della Piccola Biblioteca (106 pagine, euro 12) con Praga, Poesia che scompare, due testi brevi del grande boemo (non cecoslovacco, a lui non sarebbe piaciuto!).
Il primo lavoro, per me del tutto inedito, uscito in Francia su Le Débat, dà il titolo al volumetto, una riflessione dedicata a Praga, vista come una sorta di Atlantide che si allontana nelle nebbie dell’Europa, una città remota, dotata di una lingua poco conosciuta e poco accessibile che rende la sua cultura isolata, distante, poco fruibile per gli stranieri. Kundera cita Kafka e Hašek, il primo discreto e vegetariano, l’altro eccentrico e beone, la letteratura del primo criptica ed ermetica, quella del secondo popolare ma non considerata vera letteratura. Sono due artisti figli di una stessa società eppure così diversi, così come è importante Karel Čapek con la sua storia dei robot costruiti dall’uomo che si mettono a combatterlo, una metafora fantastica del totalitarismo. Kundera si sforza di far capire che la cultura di Praga è occidentale e che la sua letteratura è antica come l’Occidente, solo l’invasione russa del 1968 ha spazzato via la generazione degli anni Sessanta e la cultura moderna che l’ha preceduta, distruggendo la vera cultura boema.
Il secondo testo, Ottantanove parole, l’avevo già letto ne L’arte del romanzo, dove era uscito in forma ridotta mentre in questo volume lo possiamo apprezzare integrale. Si tratta di una sorta di filippica colta contro le traduzioni libere, contro i traduttori che vogliono migliorare lo stile dello scrittore (e finiscono per rovinarlo). Kundera compone un personale dizionario composto da ottantanove parole chiave per capire meglio i suoi libri e per tradurre meglio certe espressioni ceche in francese e in altre lingue. Per fare un esempio, alla voce stupidità compie una breve dissertazione filosofica sulla differenza con il più violento e aggressivo idiozia. Altro concetto importante per Kundera: il non essere non è il nulla, sarebbe errata una simile traduzione, il nulla e il non essere sono due cose completamente diverse. Il non pensiero, al tempo stesso, non è assenza di pensiero, secondo il grande scrittore boemo.
Non fate a meno di questo libro, se amate Milan Kundera, ci sono le chiavi per capirlo meglio e per non tradire il suo pensiero filosofico.
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