Kerry tra due fuochi
Il Segretario di Stato americano, John Kerry, è nuovamente preso di mira da parte della dirigenza israeliana che lo accusa di giustificare le minacce di boicottaggio internazionale contro Israele per strappargli concessioni nei negoziati con i Palestinesi.
Kerry deve presentare nelle prossime settimane le sue proposte di Pace, proposte che suscitano grande preoccupazione nella destra israeliana, cosa che spiegherebbe, secondo gli esperti, il fuoco incrociato di critiche. “E’ un peccato costatare che l’Amministrazione americana non percepisca la realtà Medio Oriente ed eserciti pressioni dalla parte sbagliata del conflitto israelo-palestinese”, ha dichiarato Gilad Erdan, vicino al Capo del Governo Benjamin Netanyahu. “Mi sarebbe piaciuto che John Kerry spiegasse a Mahmud Abbas (il Presidente palestinese) cosa potrebbe accadere se continuasse a rifiutare di arrivare ad un accordo di Pace”, ha puntualizzato Erdan ad una emittente radio pubblica. Il suo collega dell’Edilizia, Uri Ariel,un colone, ha da parte sua accusato Kerry, attraverso la radio militare, di non essere “un mediatore onesto quando parla di minaccia di boicottaggio”. Nel corso della Conferenza sulla Sicurezza che si è tenuta Sabato 1° Febbraio a Monaco, il Segretario di Stato americano aveva evocato i rischi corsi se si fosse dovuti arrivare a boicottare Israele nel caso in cui gli sforzi per arrivare ad un accordo di Pace non avessero prodotto i risultati sperati. Il movimento internazionale per il boicottaggio della colonizzazione prende sempre più corpo, diventa sempre più importante e di impatto, come mostra la decisone della star americana Scarlett Johansson di rinunciare al suo ruolo di ambasciatrice della ONG Oxfam, giudicato “incompatibile” con il suo testimonial per la società israeliana SodaStream, la cui sede è in territorio palestinese occupato.
Domenica 2 Febbraio, il Ministro delle Relazioni Internazionali, Youval Steinitz, anche lui parte dell’entourage di Netanyahu, aveva già giudicato le dichiarazioni di Kerry “offensive, ingiuste ed intollerabili”. Sulla stessa lunghezza d’onda, ma meno aggressivo, Netanyahu stesso ha puntualizzato che “i tentativi di boicottare lo Stato d’Israele erano immorali ed ingiustificati”, e che non sarebbero riusciti “ad andare in porto”. Kerry ha già dovuto affrontare la collera dei Ministri più a destra della coalizione di Governo israeliana. A metà Gennaio, il Ministro della Difesa Moshe Yaalon aveva accusato il Segretario di Stato americano di essere “animato da una ossessione incomprensibile e da una sorta di messianismo” e affermato che non “poteva insegnargli niente sul conflitto con i Palestinesi”. Queste parole avevano scioccato e provocato molta tensione con gli Stati Uniti, tanto che Yaalon aveva dovuto presentare le sue scuse, senza però farlo ricredere sul punto della questione.
John Kerry ha rilanciato i negoziati israelo-palestinesi nel Luglio del 2013, dopo tre anni di interruzione, ma malgrado i suoi numerosi spostamenti nella Regione, incontra moltissime difficoltà nel trovare un punto di contatto tra le due posizioni. Il Dipartimento di Stato ha respinto le critiche israeliane. A Monaco, Kerry ha “solamente fatto riferimento al boicottaggio come ad una delle azioni che si potevano muovere tra tante, azione alla quale però si opponeva”, ha insistito la sua portavoce Jennifer Psaki. La linea dura adottata contro Kerry non fa però l’unanimità in seno al Governo israeliano. Il Ministro delle Finanze Yair Lapid, leader del Partito di centro Yesh Atid, ha fatto appello affinché “si abbassassero i toni nei confronti degli Stati Uniti”. “Mettendoci in guardia sul moltiplicarsi delle minacce di boicottaggio nei nostri confronti, John Kerry non ha fatto altro che evocare la realtà, visto che il suo Ministero si batte contro queste minacce”, ha sottolineato Lapid. Per il leader centrista, questo tipo di attacchi contro il Segretario di Stato possono “rendere più facile la messa in accusa di Israele qualora i negoziati fallissero”. Anche da parte palestinese la pressione su Israele cresce. Mahmud Abbas (Abu Mazen) ha proposto, in una intervista pubblicata lunedì 3 Febbraio sul New York Times, che una forza NATO guidata dagli Stati Uniti effettui dei pattugliamenti nel futuro Stato Palestinese. Questo dispositivo includerebbe anche delle truppe posizionate in Cisgiordania, in tutti i varchi frontalieri e a Gerusalemme Est. Il Presidente Abbas ha anche affermato che soldati e coloni israeliani sarebbero potuti rimanere in Cisgiordania per cinque anni dalla conclusione dell’accordo, e non tre come richiesto in precedenza.
Come finirà questa Storia non e prevedibile. Certo è che da quando ha preso le redini del Dipartimento di Stato, esattamente un anno fa, si rimane impressionati dal dinamismo e dalla determinazione mostrate da John Kerry sulle crisi più brucianti, che si tratti del conflitto israelo-palestinese, della guerra in Siria o del dossier sul nucleare iraniano. L’ex candidato alla Casa Bianca nel 2004, il senatore per 29 anni,l’eroe del Vietnam, dal quale è tornato molto scettico sull’interventismo militare, sognava di guidare la diplomazia americana. Figlio di diplomatici, Kerry ha sempre detto avere “la diplomazia nel sangue”. In effetti non si risparmia in nulla e vola di crisi in crisi sul suo Boeing dell’Air Force. Senza di lui, il dialogo diretto tra Israeliani e Palestinesi non sarebbe ripreso. Ma a guardare il bicchiere mezzo vuoto, tutti questi importanti dossier sono lontani dall’essere chiusi. La Storia completa non è stata scritta, e le cose possono prendere la piega sbagliata con un niente. Kissinger negoziò gli accordi tra Israele, Egitto e Siria, stabilì le relazioni diplomatiche con la Cina, si adoperò per il ritiro degli americani dal Vietnam. Baker diresse il Dipartimento di Stato durante la prima Guerra del Golfo, prima di organizzare la Conferenza di Madrid (1991). Warren Christopher contribuì agli Accordi di Oslo tra Israeliani e Palestinesi (1991)e all’Accordo di Dayton che mise fine alla guerra in Bosnia (1995). Per la sua energia positiva e il suo credo incondizionato nella diplomazia ci auguriamo che John Kerry riesca a guadagnarsi un posto nel Pantheon dei Segretari di Stato, perché questo significherebbe aver lasciato un’impronta importante positiva nella politica estera degli Stati Uniti, politica estera alla quale siamo tutti, più o meno, coinvolti.
©Futuro Europa®