Cronache dai Palazzi

Riforma della giustizia, difesa in Ucraina, fisco, Premierato, fino ad arrivare ai prossimi assetti in Europa, tanti temi diversi in agenda tra i Palazzi. La riforma della Giustizia è, tra tutti, il tema sulla cresta dell’onda degli ultimi giorni.

“Di che cosa dovrei vendicarmi con i magistrati?” Dice Meloni a proposito della riforma della Giustizia, aggiungendo: “Non capisco perché si possa considerare punitiva nei confronti dei pubblici ministeri la separazione delle carriere. Considero bizzarro che possa essere una vendetta”. In definitiva “non considero i magistrati nemici”, dice la presidente del Consiglio.

Un disegno di legge costituzionale di riforma dell’ordinamento giudiziario varato e applaudito in Consiglio dei ministri, dedicato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che è stato invece accolto in maniera critica sia da parte delle opposizioni sia da parte dell’Associazione nazionale magistrati (Anm). L’Anm sembra intravedere per l’appunto una sorta di punizione, smentita dalla premier Meloni che definisce comunque la riforma una “svolta epocale” e rivendica il “coraggio” dell’attuale esecutivo per aver portato in Parlamento una riforma che secondo il sottosegretario FdI Andrea Delmastro “rende la magistratura indipendente anche dalle degenerazioni correntizie”.

In sostanza la riforma prevede la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri istituendo due Csm e un’Alta Corte che non sia presieduta dal Capo dello Stato chiamata a giudicare gli errori dei magistrati sia in prima istanza che in Appello. Ma soprattutto molto discusso è il sorteggio dei magistrati, che secondo i paladini della riforma sarebbe finalizzato ad evitare le cosiddette “degenerazioni correntizie”. Un sorteggio cosiddetto “secco” e non come era stato auspicato in un primo momento temperato da un voto successivo all’estrazione. Le modalità e le procedure specifiche saranno definite attraverso una norma ordinaria ad hoc.

L’Associazione nazionale magistrati sta per l’appunto valutando la discesa in piazza definendo la riforma “una sconfitta per la giustizia” in quanto i magistrati individuano “l’intenzione di attuare un controllo sulla magistratura da parte della politica”. Molto bruscamente viene detto che “la Costituzione viene sfregiata per un patto con FI per il governo”. I dem individuano un “duro colpo all’autonomia della magistratura”.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio definisce le critiche “il sale della democrazia” ma invita ad “accettare la volontà popolare”. Ora il testo arriverà in Parlamento. “Non è blindato”, sottolinea il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ribadendo: “Auspichiamo un confronto ampio, ma non dilatatorio”. Mantovano sottolinea inoltre che dalla Bicamerale in poi anche le forze di opposizione hanno condiviso i temi di una riforma “che vuole ridare piena fiducia agli italiani nella magistratura”.

In questa fase “si apre un nuovo corso per valorizzare giudici bravi e indipendenti, ridimensionando le correnti”, ribadisce la presidente della Commissione Giustizia in Senato, Giulia Bongiorno, e Salvini aggiunge: “Via la politica dai tribunali e le correnti dal Csm, sanzioni disciplinari ai magistrati che sbagliano. A proposito della eventuale separazione delle carriere “corona il sogno di Silvio Berlusconi”, afferma Antonio Tajani. Maurizio Lupi di Noi Moderati ribadisce che “si limita la piaga del correntismo”. Iv lo considera uno “spot elettorale” mentre Azione apre una prospettiva: “Valuteremo il testo”. In sostanza i sostenitori dell’estrazione per i membri dei due Csm ritengono sia finalizzata a recidere il legame con le correnti.

Lo scontro con i magistrati si focalizza su alcune questioni fondamentali. Prima di tutto la separazione delle carriere, nel centro del mirino; ed ancora: il nuovo modo di eleggere i due Csm; i testi psicoattitudinali per i magistrati; l’abolizione dell’abuso di ufficio e il taglio delle intercettazioni. Non tutti gli obiettivi del ministro Nordio sono arrivati in porto come l’intervento per eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale da parte dei pm; nero su bianco invece lo stop all’abuso di ufficio (non condiviso dai magistrati) e al traffico di influenze illecite. Implicito anche il ‘giusto processo’.

Alla luce dell’incontro con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e a causa delle criticità emerse, esecutivo e tecnici sono stati invitati a rivedere alcuni passaggi poco chiari del disegno di legge costituzionale di riforma del sistema Giustizia tra cui lo squilibrio nella scelta tra i membri laici e quelli togati dei due nuovi Csm, uno per i pm e uno per i magistrati. In un primo momento si prevedeva che i primi fossero nominati dal Parlamento e i secondi fossero estratti a sorte. Una disparità che lasciava spazio a possibili interferenze politiche negli organi di autogoverno di pm e giudici. Nella nuova versione del ddl è previsto il sorteggio per entrambi i Csm: i laici da un elenco di giuristi qualificati selezionati dalle Camere in seduta comune, quindi scelti dai partiti. Per i togati le regole preventive del sorteggio non sono ancora note e sarà la legge ordinaria a stabilirle.

Il fatto che il testo della riforma non sia blindato apre la strada ad eventuali modifiche durante il percorso parlamentare e ciò per ogni aspetto della riforma tra cui l’aspetto dei due nuovi Consigli della magistratura, entrambi presieduti dal Capo dello Stato. A ciascuno dei due Csm spetterà decidere a proposito di tali argomenti: assunzioni dei magistrati, assegnazioni, trasferimenti, valutazioni di professionalità e vari conferimenti delle funzioni. Non è ancora stato definito nel dettaglio il funzionamento dei due organismi né eventuali differenze tra di essi, per ora i compiti sono paralleli e di stessa natura.

Una riforma della Giustizia che in sostanza è una riforma della magistratura. Ai due Csm, entrambi presieduti dal Capo dello Stato, viene sottratta l’attività disciplinare che verrà invece gestita da un organismo di nuova costituzione, l’Alta Corte, non presieduta dal Capo dello Stato, composta da 15 giudici e che resterà in carica 4 anni.

Nel nuovo disegno di legge costituzionale viene in pratica eliminata la cosiddetta giustizia domestica, non esisterà p la sezione disciplinare che, per l’appunto, rientrerà tra le competenze dell’Alta Corte, denominata di fatto Alta Corte disciplinare. Cambieranno anche gli illeciti disciplinari e le sanzioni da erogare ai magistrati, un tema che sarà oggetto di una legge di attuazione. Un punto alquanto controverso, quest’ultimo, al pari del sorteggio. L’Anm, a riguardo, mette in luce lo “svuotamento delle sue essenziali prerogative disciplinari affidate a una giurisdizione speciale di nuovo conio”.

L’Alta Corte “di nuovo conio” rappresenta una novità da non sottovalutare. A tale nuovo organismo non presieduto dal Capo dello Stato spetterebbero tutte le funzioni disciplinari fino ad ora di competenza dell’organo di autogoverno della magistratura. Una composizione di fatto più articolata degli organismi, invece che più snella, e sganciata dalla vetta delle Istituzioni.

Dei 15 giudici della nuova Alta Corte tre dovrebbero essere nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di servizio. Tre estratti a sorte da un elenco compilato dal Parlamento in seduta comune entro sei mesi dal suo insediamento. Sei giudici e tre pm estratti a sorte tra i professionisti che hanno almeno vent’anni di esercizio e che abbiano svolto funzioni di legittimità in Cassazione. I giudici appartenenti all’Alta Corte resterebbero in carica 4 anni senza la possibilità di un secondo mandato, mandato di fatto incompatibile con quello di membro del Parlamento italiano o europeo, di ministro o di componente del Consiglio regionale. Si potrà fare ricorso contro le sentenze dell’Alta Corte ma esclusivamente davanti alla medesima, la quale giudicherebbe senza la partecipazione di coloro che hanno emesso il verdetto.

La separazione delle carriere tra giudici e PM è il tema che rimbomba maggiormente all’interno del dibattito pubblico e politico, in primo luogo perché si parla di divisione dei ruoli, anzi di una vera e propria separazione. Non sarà più possibile passare da una carriera all’altra, un passaggio tra le due funzioni rimasto dopo la riforma Cartabia.

La separazione tra funzione giudicante e funzione inquirente e la strutturazione di due Csm – i cui membri saranno tra l’altro sorteggiati senza aver definito delle eventuali regole per quanto riguarda il sorteggio – accende il dibattito anche tra toghe e avvocati penalisti. I primi, attraverso l’Associazione nazionale magistrati lo definiscono “un colpo all’autogoverno dei magistrati” che, nello specifico, si potrebbe trasformare in un “deficit di garanzie” per i cittadini. L’Anm, a sua volta, promette “ogni forma di protesta” e preannuncia uno sciopero.

La riforma non approfondisce inoltre il tema delle modalità di accesso alla professione, rinviato alla legge ordinaria sulla base della quale si dovrà chiarire quanti e quali concorsi mettere in campo, se mantenere un unico concorso oppure se strutturarne due: uno per i giudici e uno per i pm. Cardine della riforma Nordio è: o si è giudici o si è pubblici ministeri. Netta separazione delle carriere. “Ne parlo da 25 anni”, ha ribadito Nordio.

Per evitare l’accusa di sottoporre la funzione requirente all’esecutivo, nella premessa del ddl – appellandosi all’articolo 104 della Carta Costituzionale – Palazzo Chigi mette nero su bianco che la magistratura è un ordine autonomo e indipendente da qualsiasi altro potere. Ed ancora, è composta da magistrati requirenti e magistrati giudicanti. Nordio ha comunque sottolineato maggiori tutele per i cittadini: “L’interrogatorio di garanzia verrà fatto prima dell’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare, non dopo”.

A questo punto, è chiaro che per rendere concreta una sana riforma della Giustizia nel nostro Paese occorre una sorta di pacificazione all’interno della società civile ed istituzionale per quanto riguarda le reciproche posizioni, in maniera più ampia per ciò che concerne temi, idee e innovazioni da realizzare. In tutto ciò il ministro Carlo Nordio si prefigge di assumere ben 1.900 magistrati entro il 2026. Per quanto riguarda le manovre parlamentari, a proposito della suddetta riforma, l’esame partirà molto probabilmente da Montecitorio in quanto Palazzo Madama è sotto pressione a causa della riforma del Premierato.

©Futuro Europa® Riproduzione autorizzata citando la fonte. Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione

Condividi
precedente

Il punto di rugiada (Film, 2024)

successivo

Prima i neri dei nativi?

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *