Stop della Svizzera, ed ora?
La Svizzera ha messo un freno all’immigrazione di massa. E cosa ne sarà adesso dei trattati firmati con l’Unione europea? Al referendum hanno vinto i sì, con il 50,3 per cento e così facendo sta per saltare l’accordo di libera circolazione delle persone in vigore dal 2002 con l’Ue che si è detta rammaricata del fatto che “un’iniziativa per l’introduzione di limiti quantitativi all’immigrazione sia stata approvata”. Un verdetto incerto fino all’ultimo – il fronte anti immigrazione ha vinto per soli 19mila voti – ma che porterà necessariamente a ridiscutere i rapporti tra Berna e Bruxelles. Già da i prossimi giorni quando saranno avviati i primi incontri.
La vittoria è anche quella di Udc, Unione di centro, a dispetto del nome, partito svizzero di destra ed antieuropeista che ha promosso la campagna referendaria. In Ticino, cantone che deve fare i conti con i 60mila frontalieri italiani, è stato un plebiscito con la quota dei favorevoli pari al 68 per cento grazie anche alla forte propaganda della Lega dei Ticinesi. Il numero di immigrati attirato delle condizioni economiche della Svizzera ha superato le previsioni, arrivando a circa 77mila persone l’anno, il 70 per cento dei quali provenienti dell’Ue. Il testo referendario prevede un contingente massimo annuale per gli stranieri, cittadini dell’Unione europea, frontalieri e richiedenti asilo inclusi. Adesso il governo ha tempo tre anni per recepire l’esito del voto con nuove leggi. Che succederà se i richiedenti asilo supereranno il contingente annuale previsto? Le autorità svizzere li rimanderanno in patria, violando il diritto internazionale e la Convenzione di Ginevra? Domande a cui il governo centrale di Berna dovrà dare risposte.
“Temo che il sì in Svizzera possa scatenare un nuovo dibattito sulla libera circolazione delle persone in seno alla Ue”, ha detto il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, in un’intervista ripresa dal Financial Times. Quali trattati con l’Unione europea sono a rischio dopo il referendum? Si tratta degli accordi bilaterali in vigore tra la Confederazione e Bruxelles dal primo giugno del 2002. La norma sulla libera circolazione delle persone è contenuta in un pacchetto più grande che disciplina anche materie in tema di trasporti aerei e terrestri, l’agricoltura, il commercio, le forniture all’amministrazione pubblica e la ricerca scientifica. Bisogna capire se Berna potrà ridiscutere con l’Ue il solo punto riguardante la circolazione delle persone, oppure dovrà essere stravolto l’intero pacchetto. La Svizzera, negli anni scorsi, ha anche ratificato l’Accordo di associazione al Trattato di Schengen e al sistema Dublino in materia di asilo.
A rischiare sono i 60mila frontalieri che ogni giorno dall’Italia vanno a lavorare in Ticino. Nei prossimi anni è possibile che il numero sia ridotto, magari modulato di anno in anno in base alle esigenze del mercato. “I contingenti annuali dovranno essere stabiliti in funzione degli interessi globali dell’economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza degli svizzeri”. La vittoria del partito del sì avrà i suoi effetti sugli accordi già in essere, ma rischia di paralizzare anche quelli in fase di negoziazione. Se l’articolo 121 delle Costituzione federale, che metterà un freno all’immigrazione di massa, è esplicito nello stabilire che “non possono essere conclusi trattati internazionali che contraddicono il presente articolo”, è altrettanto ovvio che i trattati contrastanti con le nuove regole dovranno essere modificati. Per la prima volta, dopo tanti anni, limitando l’ingresso in terra elvetica ai cittadini europei. Se è vero che Berna ha sempre mostrato scetticismo e diffidenza verso l’Unione europea, ha però lo stesso sempre avuto rapporti privilegiati sul piano economico: l’Ue è il primo partner commerciale per la Svizzera.
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