Campioni del Mondo con il tifo contro

Il 19 giugno 1938, pochi mesi prima della promulgazione delle Leggi razziali da parte del regime fascista e mentre già si presagivano i cannoni della Seconda guerra mondiale, l’Italia si laureava campione del mondo di calcio per la seconda volta, battendo 4 a 2 l’Ungheria nella finale giocata allo Stade Olympique Yves-du-Manoir di Colombes, nei pressi di Parigi.

Gli azzurri vinsero quel mondiale battendo non solo gli avversari, ma anche una buona parte di pubblico che era manifestamente contro di loro. Furono mondiali pesantemente influenzati dagli accadimenti politici di quegli anni che vedevano l’affermarsi delle forze dell’Asse con conseguenze anche sullo sport.

La allora fortissima Austria del commissario tecnico Hugo Meisl e di Matthias Sindelar (probabilmente il più grande giocatore austriaco di tutti i tempi), che era giunta quarta nel Mondiale del 1934 in Italia e medaglia d’argento a Berlino nel 1936, fu costretta a rinunciare. L’unificazione con la Germania nazista, l’Anschluss, glielo impedì e la nazionale tedesca tentò la convocazione i migliori giocatori austriaci. La Spagna, in piena guerra civile, addirittura non poté prendere parte alle qualificazioni.

Secondo il racconto che ne fece l’indimenticabile Gianni Brera, la nazionale guidata da Vittorio Pozzo, “colse la vittoria contro la Norvegia al primo turno con grande sofferenza solo ai supplementari e fu una figuraccia. Dagli spalti di Marsiglia, non meno di diecimila antifascisti fischiavano spietatamente gli azzurri, colpevoli di vincere – male – per un regime antidemocratico”.

Un giornalista francese, Roland Mesmeur, scrisse che gli italiani dovettero affrontare difficoltà da parte di altri italiani che avevano dovuto abbandonare la patria per motivi politici e che trovarono nello sport un canale privilegiato per esprimere le proprie frustrazioni e i risentimenti.

Difficile concordare con il cronista su presunte frustrazioni e risentimenti che provenivano da chi, probabilmente, si trovava in Francia in esilio, ancorché volontario, a causa delle proprie idee, ma è pur vero che lo spirito sportivo, che avrebbe dovuto prevalere, era messo a dura prova.

Vittorio Pozzo, è accertato, non era fascista. Non possedeva neppure la tessera del partito ed esistono documenti che ne comprovano l’attività a favore dei partigiani. Ma gli anni erano che, purtroppo, ben sappiamo e l’immagine degli azzurri mentre salutano romanamente il pubblico non fu certo gradita a chi era schierato contro il regime.

Pozzo non si fece però intimidire dall’atteggiamento ostile ed usò quello che, secondo lui, era il sistema per galvanizzare la squadra contro l’atmosfera negativa creata e ordinò ai giocatori un secondo saluto romano. La reazione del pubblico francese fu quella di zittire i contestatori e chiedere che venisse giocata la partita. Secondo Pozzo fu una vittoria psicologica contro la contestazione.

Come detto, la partita venne vinta ai supplementari grazie non solo ad una grande prestazione del portiere Olivieri, ma anche con non poche polemiche. L’arbitro tedesco Beranek annullò il gol del vantaggio norvegese a pochi minuti dal termine e senza dare spiegazioni, sostenendo di aver fischiato prima che Brustad avesse scoccato il tiro.

Anche la semifinale giocata contro il Brasile ha un retroscena da scandalo: pare infatti che i due gol azzurri erano viziati da altrettanti falli: Piola spinge e sposta Domingos permettendo a Colaussi di segnare di testa ed il rigore per un presunto atterramento di Piola è contestato dai brasiliani. L’arbitro non cambia idea: 2-1 per l’Italia. Per questo motivo i brasiliani non vollero cedere i biglietti aerei per raggiungere lo stadio della finale agli italiani, che furono costretti dunque a raggiungere Parigi in treno. In ogni caso la Coppa Rimet restò in Italia.

Degli episodi sul campo si è vociferato fossero il frutto di corruzione in quanto il Regime non si sarebbe potuto permettere di uscire sconfitto dalla competizione vinta quattro anni prima in casa. Della spedizione non facevano parte gli oriundi che avevano giocato la precedente competizione: Orsi e Guaita; il menzionato Colaussi, per indicare la portata dei provvedimenti del regime, nato in Friuli era nato come Colàusig.

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