Cronache dai Palazzi

Premierato e Autonomia differenziata approvati a poche ore di distanza. “Un passo in avanti per un’Italia più forte e più giusta. Avanti così”, ha affermato la premier Giorgia Meloni.

L’approvazione della legge sull’Autonomia differenziata con 172 voti favorevoli, 99 voti contrari e un astenuto è un provvedimento voluto dalla Lega e firmato dal ministro leghista Roberto Calderoli, il cosiddetto ddl Calderoli che servirà come base “per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”. In sostanza le Regioni che lo richiederanno potranno esercitare determinate competenze fino ad oggi riservate allo Stato dalla Carta costituzionale. In funzione del suddetto ddl ogni Regione riceverà le risorse “umane, strumentali e finanziarie” per poter esercitare le proprie nuove funzioni.

Il ddl Calederoli è passato poco dopo le 7 di mattina in seguito ad una seduta fiume andata avanti tutta la notte tra martedì e mercoledì, tra le proteste delle opposizioni che hanno sventolato il tricolore in Aula insieme alla Costituzione. Le Regioni potranno avere maggiori poteri su 23 materie dalla sanità alla sicurezza. Per Matteo Salvini è stata una “giornata storica”, in sostanza “il coronamento di anni di battaglia politica” ha aggiunto Calderoli.

Assolutamente diversa la visione della segretaria dem Elly Schlein che teme ‘un’Italia spaccata in due’: “Ci hanno tenuto tutta la notte in Parlamento pur di approvare l’Autonomia differenziata e brandire lo scalpo del Sud prima dei ballottaggi. E così Fratelli d’Italia si piega all’antico sogno secessionista della Lega”. Bonaccini rincara la dose e afferma a sua volta di essere “stupito del silenzio assordante dei governatori del Sud della destra, ma anche di quello dei sindaci e dei parlamentari”.

In ballo anche l’argomento referendum che tutte le opposizioni intendono portare avanti. “Il Pd, insieme alle altre opposizioni, ai movimenti e alla società civile, è pronto a raccogliere da subito le firme per un referendum contro lo ‘spacca Italia’, un provvedimento che sicuramente verrà bocciato”, ha ammonito il capogruppo dei senatori dem Francesco Boccia. Sulla stessa lunghezza d’onda Matteo Renzi: “Chiederò alle oltre duecentomila persone che hanno messo il mio nome sulla scheda elettorale di firmare il referendum abrogativo contro l’Autonomia differenziata. Un progetto che è una follia istituzionale”.

In sostanza le opposizioni sono tutte d’accordo per quanto riguarda il referendum e, dopo aver passato una notte turbolenta in Parlamento per arrivare al varo dell’Autonomia differenziata, sembrano essere coalizzate per iniziare ad ergere le barricate contro ciò che viene letto come un duro tentativo di secessione del Paese; particolari timori per settori fondamentali come scuola e sanità.

“Spaccano l’Italia col favore delle tenebre. Ma noi continueremo a contrastarli in tutti i modi: in Parlamento e nelle piazze”, ha affermato il leader pentastellato Giuseppe Conte. Il segretario di +Europa, Riccardo Magi, rivendica per di più la firma digitale per i referendum, firma che egli stesso fece rendere legale attraverso un emendamento: “Il governo deve finalmente rendere accessibile la piattaforma per la raccolta delle firme digitali, la legge lo prevede da oltre due anni”. Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni di Alleanza verdi-sinistra rilanciano invece l’unità in difesa della Costituzione rimarcando l’effetto “spacca Italia”. Si prevede anche l’intervento dei governatori regionali, in particolare al Sud. I Forzisti Roberto Occhiuto della Calabria e Vito Bardi della Basilicata si sono dichiarati perplessi, obiettando la troppa fretta nel varare la riforma e mettendo in risalto il rischio concreto di punire il Sud debilitando nel contempo la maggioranza di destra e regalando alle opposizioni una ghiotta occasione per coalizzarsi sulla lotta referendaria.

Sulla base della Costituzione l’Autonomia non andrebbe sottoposta a referendum confermativo in quanto non modifica la Carta vigente ma ne rappresenta semplicemente un’attuazione (riforma del Titolo V). Pd, Alleanza verdi-sinistra e Italia viva, e in seguito anche il Movimento 5 Stelle, hanno però fin da subito annunciato la raccolta firme per l’appunto necessaria a indire una consultazione popolare per sottoporre al vaglio dei cittadini un provvedimento che hanno ribattezzato lo “spacca Italia”.

Ripercorrendo l’iter il disegno di legge 615, a prima firma del ministro Roberto Calderoli, è stato varato dal governo il 2 febbraio 2023. Il primo via libera il 23 gennaio scorso da parte di Palazzo Madama con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 30 astenuti. L’approvazione definitiva da parte di Montecitorio tra martedì 18 e mercoledì 19 giugno dopo una maratona notturna voluta dalla Lega, mentre le opposizioni hanno votato contro il ddl annunciando battaglie fuori dall’Aula.

Nel mirino i cosiddetti Lep (livelli essenziali di prestazione). Come preannunciato dal ministro Calderoli nella legge non sono definite le risorse per finanziare i Lep, ciò che le opposizioni per l’appunto sottolineano a più riprese. Nello specifico Veneto e Lombardia sembrano intenzionate a chiedere la devoluzione delle nove materie per le quali non è necessario aspettare la definizione dei Lep.

L’Autonomia differenziata suscita quindi un clima alquanto turbolento provocando reazioni anche oltre il Tevere dove si auspica che tale nuovo provvedimento “non crei ulteriori squilibri tra una parte e l’altra d’Italia”, come afferma il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin. Di rimando il presidente della Cei Matteo Zuppi: “Sull’Autonomia quel che dovevamo dire l’abbiamo detto ma non ci hanno preso sul serio”, in riferimento al documento ufficiale della Conferenza episcopale.

Alla fin fine l’Autonomia è passata con l’esultanza della Lega e Fratelli d’Italia che ha formulato una ulteriore sintesi: “Con il premierato i cittadini sceglieranno da chi essere governati, con l’Autonomia porteremo più efficienza nelle Regioni”, ha affermato Tommaso Foti.

A proposito di Lep (Livelli essenziali di prestazione), tra i nodi cruciali della riforma, lo Stato dovrà ponderare i livelli minimi dei servizi erogati in maniera uniforme sull’intero territorio nazionale garantendo nel contempo le risorse necessarie. I parametri sono simili a quelli stabiliti per i Livelli essenziali di assistenza (Lea) in vigore da diversi anni (dal 2001) nella sanità. Lo Stato ha 24 mesi per definire i Lep.

L’iter parlamentare della legge non si è in pratica concluso con l’approvazione del quadro generale che rappresenta di fatto il perimetro entro cui si muoveranno tutte le Regioni. Ogni Regione potrà comunque stabilire una propria trattativa con lo Stato centrale per quanto riguarda l’operatività. I singoli accordi eventualmente stipulati dalle diverse Regioni dovranno poi tornare in Parlamento per la ratifica definitiva. Nella pratica la riforma del Titolo V della Costituzione voluta dal Centrosinistra nel 2001, in particolare dell’articolo 116 terzo comma, consente al ddl Calderoli, e quindi alla famigerata Autonomia differenziata, di evolversi senza sostanziali modifiche costituzionali ma ciò non vuol dire che il percorso sia semplicissimo, o tantomeno scontato.

“Una separazione delle strade tra territori del Nord e territori del Meridione recherebbe gravi danni agli uni e agli altri”, è il monito del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, già da diversi mesi. In particolare “lo sviluppo della Repubblica ha bisogno del rilancio del Mezzogiorno” ha rimarcato il Presidente visitando uno stabilimento del Sud Italia in occasione della Festa del Lavoro circa due mesi or sono, in sostanza quando il tema dell’Autonomia differenziata iniziava ad inondare il dibattito pubblico e il Capo dello Stato lanciava, tempestivamente, l’allarme Autonomia.

Rimarcava Mattarella: “È appena il caso di sottolineare come una crescita equilibrata e di qualità del Sud d’Italia assicuri grande beneficio all’interno territorio nazionale”, nonostante il Meridione sia “una realtà complessa, non certo uniforme”. In definitiva “il Mezzogiorno d’Italia è parte dell’Europa. Ed è decisivo per il suo futuro, insieme ai vari Sud del Continente”. Mettendo in risalto le “potenzialità”, le “vocazioni” e le “eccellenze” del Sud Italia, i cui eventuali “problemi non sono riassumibili in un’analisi semplificata”, il presidente Mattarella sottolineava, ancora una volta, la necessità dell’Unità del Paese che, al di là delle diverse “prestazioni” regionali nelle varie materie, dovrebbe rappresentare il collante che sia in grado di favorire l’uniformità delle funzioni delle singole Regioni in un sistema plurale e universalistico come il nostro, dato che non esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B.

Sul fronte europeo la Commissione Ue ha compiuto il primo passo verso l’apertura della procedura per deficit eccessivo nei confronti di Italia, Francia, e altri cinque Paesi: Belgio, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia. Roma e Parigi non sono comunque considerate in “squilibrio macroeconomico eccessivo” ma solo in “squilibrio”, in quanto “le vulnerabilità sono complessivamente diminuite”. Si dovrà però attendere l’Ecofin del 16 luglio per apprendere la decisione di aprire un’eventuale procedura per deficit mentre la raccomandazione formale con l’entità di aggiustamento richiesto sarà pubblicata in novembre.

Illustrando il quadro tendenziale di finanza pubblica indicato nel Def (Documento di economia e finanza), in cui il deficit per il 2024 è fissato al 4,3%, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti rimarca “la volontà del governo di riportare la politica di bilancio verso una gestione normale, compatibile con le nuove regole di bilancio europee”. Per quanto riguarda le nuove regole e la riforma del Patto di stabilità Giorgetti comunque sottolinea: “Non è andata nella direzione che avevo auspicato”. A valle della procedura di infrazione, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio l’aggiustamento richiesto all’Italia potrebbe valere almeno “0,5% punti di Pil all’anno”, all’incirca 10 miliardi di euro. La correzione infine è già rimarcata nel Def, ma occorre recuperare circa 20 miliardi per finanziare la Legge di Bilancio. Risorse da individuare dato che non potranno essere contemplate misure in deficit ma, fin da ora, il ministro Giorgetti sottolinea che il taglio del cuneo è “un must e sarà confermato”.

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