Cronache dai Palazzi
Otto articoli per abolire l’abuso d’ufficio, tutelare “il terzo estraneo” nelle intercettazioni e disporre l’obbligo di interrogatorio preventivo per il ricorso alle misure cautelari, che sarà deciso da un collegio di tre giudici. La Camera ha approvato in via definitiva il disegno del ministro della Giustizia Carlo Nordio con 199 sì e 102 no. Oltre alla maggioranza si sono rivelati favorevoli +Europa, Azione e Italia viva. “L’abolizione dell’abuso d’ufficio non ha niente a che fare – afferma il Guardasigilli – con la lotta alla corruzione. Abbiamo abolito la ‘paura della firma’. Produrrà un effetto benefico sull’efficienza”. Reato d’ufficio molto contestato dagli amministratori locali, a prescindere dall’appartenenza politica, che nel corso degli anni hanno spesso lamentato il fatto di non giungere a sentenza. Sparirà quindi dal Codice penale l’art. 323 che prevede fino a due anni di carcere.
La disciplina delle intercettazioni rappresenta l’aspetto garantista della legge: risulta ampliato il divieto di pubblicazione, nella fase attuale consentita solo nel caso in cui siano adoperate nel dibattimento, e viene disposto il divieto di rilascio di copie. Pubblicazione consentita infatti solo nel caso in cui il contenuto sia riprodotto dal giudice nelle motivazioni o usato nel processo.
Viene ridimensionato inoltre l’ambito di applicazione del reato di traffico di influenze, ma risultano incrementate le sanzioni. Per quanto riguarda gli avvisi di garanzia il fatto oggetto di indagine potrà essere descritto ma in maniera sommaria per garantire la massima riservatezza. Prima dell’arresto servirà inoltre procedere all’interrogatorio e l’indagato dovrà essere avvisato “almeno cinque giorni prima”, esclusi i seguenti casi: pericolo di fuga; inquinamento delle prove; rischio di reiterazione dei reati più gravi. Un organo collegiale, infine, disporrà la custodia cautelare in carcere solo dopo un interrogatorio; ai pm vengono concessi invece meno possibilità di ricorrere in appello in caso di reati meno gravi.
“Da oggi l’Italia è un Paese più ingiusto, i cittadini non potranno più avere giustizia davanti ad abusi in concorsi e appalti”, ammonisce il leader pentastellato Giuseppe Conte. Anche l’Associazione nazionale magistrati assume un atteggiamento molto critico: “Introdotte norme che peggiorano il grado di efficienza del sistema giustizia”, afferma il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia. Ordine dei giornalisti e Federazione della Stampa lamentano invece il “rischio cappa di silenzio sull’informazione”.
Per il ministro della Giustizia Carlo Nordio “il nostro arsenale penale contro i comportamenti illeciti dei pubblici ufficiali infedeli è il più potente nella Ue. E molti atti illegittimi possono essere sanzionati con annullamento e risarcimento. Rimedi più efficaci, rapidi e deterrenti del reato eliminato”. Il Guardasigilli sottolinea inoltre che non si genera un’amnistia per i 4 mila condannati che vedranno annullata la loro pena. “Fu così anche per l’aborto. Quando si elimina un reato cessano le conseguenze della pena. Non è un’amnistia, ma un principio del diritto”, ammonisce Nordio.
Non sono d’accordo i magistrati per i quali invece si tratta di un’amnistia: “Tutti coloro che sono stati condannati per abuso d’ufficio si rivolgeranno al giudice per chiedere l’eliminazione della condanna. È una piccola amnistia per i pubblici ufficiali: avremo 3-4 mila persone, o forse di più, che chiederanno la revoca della condanna. Abrogare questo reato è un atto illiberale”, ha ammonito il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia.
Per il ministro della Giustizia l’abolizione del reato d’ufficio non depotenzierà la lotta alla criminalità organizzata. L’abuso d’ufficio non è un ‘reato spia’. “Il concetto di reato spia è un concetto poliziesco, ma nella dinamica giuridica è una vuota astrazione speculativa”, spiega il Guardasigilli aggiungendo: “Un reato o c’è o non c’è. Quanto alla lotta alla mafia, si fa in ben altro modo, non con le intercettazioni a strascico”.
Il ‘peculato per distrazione’ introdotto nel ddl carceri, inoltre, non sarebbe stato inserito per riempire un vuoto normativo essendo venuto meno l’abuso d’ufficio ma “per evitare che questo reato residuale fosse esposto, come lo era, alle oscillanti interpretazioni della giurisprudenza”. Il ministro Nordio afferma infine di essersi ispirato ai più illustri esponenti dei principi liberali come Locke, Montesquieu, Voltaire, invece che a personaggi recenti, sottolineando inoltre i propri scritti a riguardo da oltre trent’anni. “Le criticità della giustizia italiana e l’arretramento della politica rispetto all’invasività delle Procure, quelle sì, le predico dai tempi di Mani pulite”, ammonisce Nordio.
Su un altro fronte, dopo il vertice Nato il governo italiano conferma “senza se e senza ma” il proprio supporto militare a Kiev, “pur volendo tutti noi raggiungere la pace”, ha sottolineato il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
La Nato promette nello specifico un impegno durevole per l’Ucraina. Il segretario Jens Stoltenberg lo ha definito il “più vasto piano di difesa dalla Guerra fredda”: un progetto elaborato da diversi mesi anche in caso di un cambio di leadership a Washington; in sostanza sembra essere un impegno che la stampa ha definito “a prova di Trump”. Altro punto l’adesione dell’Ucraina alla Nato, sulla cui questione alcuni Paesi hanno ancora delle riserve, in primo luogo per il rischio che comporterebbe avere un partner in guerra contro la Russia. L’Ucraina dovrebbe inoltre procedere, prima di tutto, alla realizzazione di riforme sistemiche come quella contro la corruzione. Per ora il presidente Zelensky deve accettare l’accordo sulla “irreversibilità” del processo. In sostanza, la relazione finale del Summit spiega a chiare lettere che Kiev riceverà l’invito formale all’adesione quando tutte le condizioni risulteranno rispettate e gli alleati saranno concordi. “Per invitare un nuovo alleato dobbiamo avere consenso. Tutti gli alleati sono d’accordo che l’Ucraina debba diventarlo, ma è presto per dire quando succederà”, ha dichiarato Jens Stoltenberg. Per il ministro degli Esteri Antonio Tajani si tratta di un “percorso segnato” ma che potrà concretizzarsi “dopo la guerra”. In definitiva i Paesi membri della Nato si sono impegnati a prestare a Kiev 50 miliardi di dollari sulla cui cifra è stato definito un accordo in seno al G7.
A margine del Vertice Nato i ministri della Difesa di Francia, Germania, Italia e Polonia hanno infine firmato una lettera di intenti sul cosiddetto Elsa (European Long-Range Strike Approach), per migliorare, sviluppare, produrre e fornire munizioni nel campo degli attacchi a lungo raggio, estremamente necessarie per difendere il continente europeo. Tajani sottolinea a sua volta che “l’Italia è parte integrante della Nato, nessuno ha mai detto che dobbiamo uscirne: è un punto fondamentale della nostra politica estera, come la presenza nell’Unione europea, come le relazioni transatlantiche, indipendentemente da chi è stato o sarà il presidente degli Stati Uniti”. Nel contempo, nonostante i dissapori con gli alleati leghisti e l’astio delle opposizioni, il ministro degli Esteri afferma che l’aumento della spesa militare al 2% del Pil rappresenta un “impegno” e un “obiettivo”: “Ora siamo all’1,6%, ma l’Italia è il secondo Paese che offre donne e uomini in uniforme nelle missioni di pace dell’Alleanza atlantica”.
La premier Giorgia Meloni ha a sua volta ribadito il risultato cercato e portato a casa dall’Italia: “Abbiamo lavorato per l’istituzione di un’Inviato per il fronte Sud della Nato, perché non ci si può concentrare solo sul fronte Est, e noi non possiamo essere lasciati da soli sul fianco Sud, noi come Italia abbiamo premuto nell’aprire una nuova stagione nel fianco Sud, e siamo stati ascoltati, presenteremo un nostro candidato”, ha sottolineato Meloni. Alla luce dei cambiamenti in corso, la presidente del Consiglio ha inoltre sottolineato il fatto che il concetto di sicurezza nazionale sta affrontando una profonda trasformazione: “Sta cambiando tutto, la sicurezza non è solo quella classica, pensiamo al nodo delle materie prime, e alla competizione tra diversi Stati, al nodo dei cavi sottomarini, al tema dell’Intelligenza artificiale e del suo uso, della cyber security”. In pratica “sfide sempre più complesse e diverse per le quali dobbiamo essere preparati”.
In settimana la premier Meloni incontrerà infine la presidente Ursula von der Leyen: “Con Ursula parlerò come presidente del Consiglio, come Italia, per quello che le deve essere riconosciuto in base al suo peso, poi come Ecr ci saranno anche degli incontri e vedremo di conciliare i due piani. In sede Ue voglio ottenere il massimo per l’Italia”, sottolinea Meloni. Si avvicina la data del 18 luglio, giorno in cui il Parlamento europeo decreterà il rinnovo o meno della presidenza ‘Ursula’; l’Italia nello specifico mira ad una vicepresidenza e ad un commissario economico di peso.
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