Camera di Consiglio

LA VALENZA DEGLI ACCORDI PRIVATI TRA I CONIUGI – Il caso in esame trae origine a seguito di un reclamo da parte dell’ex marito con il quale chiedeva la modifica delle condizioni di divorzio, alla luce della sopravvenuta convivenza stabile dell’ex coniuge con un altro uomo. Il reclamo veniva, tuttavia, respinto dalla Corte d’Appello.

Nel caso di specie vi era una peculiarità: in sede di divorzio, gli ex coniugi avevano sottoscritto degli accordi tramite scrittura privata, a latere delle condizioni riportate avanti al Giudice, contenenti un accordo con cui l’ex marito impegnava a versare l’ulteriore somma di 2.500,00 Euro mensili ad integrazione di quella corrisposta a titolo di assegno divorzile. (c.d. “pattuizioni accessorie atipiche” aventi natura contrattuale tra le parti).

In particolare, in primo grado il Tribunale riteneva di dover ridurre l’assegno divorzile, ma precisava di non potere prendere in considerazione l’accordo negoziale con cui le parti avevano integrato l’assegno di divorzio, poiché non era stato richiamato nella sentenza medesima. Anche i giudici di secondo grado ritenevano corretto l’operato del giudice di prime cure. Avverso la predetta pronuncia, l’uomo proponeva ricorso per Cassazione, sulla base di vari motivi di censura, lamentando, in particolare, la mancata pronunzia circa le pattuizioni a latere, aventi ad oggetto provvedimenti di natura economica tra le parti.

I motivi venivano ritenuti fondati dalla Suprema Corte. Invero, nel caso in cui tale accordo tra le parti non potesse essere oggetto di revisione, l’uomo sarebbe obbligato a tempo indefinito, mentre è pacifico, a seguito di granitica giurisprudenza sul punto, che “in sede di revisione dell’assegno divorzile, il giudice dovrà compiere la necessaria, complessiva, approfondita e comparativa valutazione tra le situazioni rilevanti di entrambi i coniugi, riferita a molteplici fattori, al fine dell’accertamento «di un sopravvenuto mutamento delle condizioni economiche degli ex coniugi, idoneo a modificare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno, secondo una valutazione comparativa delle loro condizioni”.

Circa poi la valenza degli accordi a latere, non trasfusi nella sentenza di divorzio, la Corte ribadiva come l’autonomia negoziale privata dei coniugi fosse stata sempre più valorizzata, ben potendo i coniugi concordare le condizioni per la regolamentazione della crisi del nucleo familiare. E tali accordi posso essere oggetto di revisione, a meno che non consistono in veri e propri contratti (come, ad esempio, un trasferimento di immobili), soggetti alle specifiche impugnative negoziali.

Discorso diverso deve essere fatto per pattuizioni strettamente connesse all’accordo di divorzio congiunto, come nel caso di specie: il patto aggiuntivo all’accordo congiunto era espressamente qualificato come patto “ad integrazione del contributo al mantenimento” e, pertanto, integrativo di altri accordi contenuti nel divorzio, passibili di essere sempre revisionati in caso di comprovate sopravvenienze.

Alla luce di ciò, la Corte accoglieva il ricorso, evidenziando che tale tipologia di accordo, qualora valido ed efficace, come nel caso in esame, deve essere preso in considerazione dal giudice in sede di revisione delle condizioni economiche del divorzio.

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