UE, la spesa per la Difesa
Secondo i dati del 2022 rilevati dalla banca dati dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), le spese mondiali in ambito militare ammontano a circa $ 2.000 miliardi di cui quasi la metà sono appannaggio degli Stati Uniti con un’incidenza del 3,45% sul pil. Seguono la Cina con circa 300 mln di dollari all’1,6% sul pil e la Russia staccatissima a 86 mln USD e il 4,06% del pil. Il primo paese europeo, a seguire India e Arabia Saudita rispettivamente al 4° e 5° posto, è il Regno Unito, che occupa il 6° gradino con 68 mln e 2,23%; poi vengono Germania con 55 mln e il 1,39% e la Francia che con 53 mln incide per l’1,94% sul proprio pil. In un decennio, la Germania ha aumentato la sua spesa militare reale del 42%, l’Italia del 30%, la Spagna del 50%. In tutti e tre i paesi questa espansione è stata interamente dovuta a maggiori acquisti di armi ed equipaggiamenti militari.
Con la Dichiarazione di Versailles, adottata poche settimane dopo l’invasione russa del 24 febbraio 2022, gli Stati membri dell’Unione europea si sono impegnati tra le altre cose ad assumere «maggiori responsabilità per la propria sicurezza», a partire dal rafforzamento delle capacità difensive. L’importazione di armi dell’UE (in base ai dati del SIPRI, l’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma) è triplicata tra il 2018 e il 2022. La metà di tutte le importazioni proviene dagli Stati Uniti. L o scorso 6 marzo la Commissione europea ha presentato la prima strategia industriale europea in materia di difesa. Gli obiettivi principali riguardano l’acquisto congiunto di armamenti e il supporto all’industria militare europea: entro il 2030 almeno il 40 per cento del materiale di difesa dovrà essere acquistato in modo collaborativo, e almeno il 35 per cento del valore degli scambi dovrà riguardare il commercio tra i 27 Stati membri. All’interno del bilancio pluriennale dell’Ue per il periodo 2021-2027, le spese in sicurezza e difesa rappresentano l’1,2 per cento del totale, pari a circa 13 miliardi di euro su 1.076 miliardi di euro complessivi. Messi insieme, i bilanci annuali per la difesa hanno raggiunto i 240 miliardi di euro nel 2022 (erano 214 miliardi nel 2021) e si prevede che questa cifra continuerà a crescere nei prossimi anni. In media i Paesi Ue spendono per la difesa circa l’1,5 per cento del proprio Prodotto interno lordo (Pil). L’Italia è pienamente in linea con la media europea, con una spesa intorno all’1,5 per cento del Pil, che resta comunque ancora al di sotto della soglia del 2 per cento richiesta dalla Nato. La Grecia registra la percentuale più alta con il 3,9 per cento, mentre l’Irlanda la più bassa con lo 0,2 per cento.
La precedente presidenza Trump aveva iniziato il distacco dall’impegno statunitense nella NATO sottolineando che non voleva più spendere nel sistema di difesa comune, stante il decisamente minore impegno percentuale dei paesi europei a livello di spesa. Un’idea che The Donald, candidato, e al momento probabile vincitore delle prossime elezioni presidenziali USA, ha ribadito con toni forti nel suo programma. L’impegno finanziario degli stati europei per sostenere l’Ucraina nel conflitto con la Russia è stato, e continua ad essere, particolarmente gravoso, spesso poco giustificabile agli occhi dei cittadini europei, che pesano la difficoltà nel finanziare sistemi civili come scuola, sanità, ricerca, con l’estrema facilità nell’aumentare le spese militari. I risultati delle recenti elezioni europee con il forte aumento delle destre, raccogliendo voti di protesta contro le politiche europee dal green deal a quelle per la difesa, testimoniano la difficoltà di continuare a sostenere livelli di spesa elevati in questo campo. Ma ciò non toglie che i governi europei si siano impegnati, e vogliano perseguire, un aumento delle spese per la difesa fino al 2% del pil.
Come testimoniato dalla ricerca effettuata da Greenpeace, che a novembre 2023 ha pubblicato il rapporto Arming Europe. Military expenditures and their economic impact in Germany, Italy, and Spain, negli ultimi dieci anni, le spese militari dei Paesi UE della NATO sono aumentate di quasi il 50%, passando da 145 miliardi di euro nel 2014 a una previsione di bilancio quasi del 50%, passando da 145 miliardi di euro nel 2014 a una previsione di bilancio di 215 miliardi di euro nel 2023. Con la guerra in Ucraina, le spese in armamenti per il 2023 si chiuderanno con un aumento di quasi il 10% in termini reali rispetto all’anno precedente. I Paesi UE della NATO nel loro complesso spendono oggi 1,8% del PIL per le loro forze armate, vicino all’obiettivo del 2% richiesto dagli Stati Uniti e adottato dalla NATO. Il costante e significativo aumento delle spese militari nei paesi NATO dell’Unione Europea ha elevato il livello della spesa per la difesa fino a quattordici volte più del loro PIL complessivo negli ultimi dieci anni.
Tra il 2013 e il 2023, il PIL reale è aumentato del 12% (poco più dell’1% all’anno in media), l’occupazione totale del 9% mentre le spese militari sono aumentate del 46% e le entrate di armi sono aumentate del 168%. Nell’aggregato dei Paesi UE della NATO, la spesa pubblica totale è aumentata in un decennio del 20% in termini reali (circa il 2% all’anno in media). Tuttavia, la spesa militare è cresciuta due volte più velocemente a fronte di aumenti più contenuti nell’istruzione (+12%), protezione ambientale (+10%), sanità (+34%). Nei Paesi UE della NATO la spesa pubblica è aumentata complessivamente del 35% in un decennio, ma l’acquisto di armi è aumentato del 168%. Dal rapporto risulta che in Germania, una spesa di 1.000 milioni di euro per l’acquisto di armamenti mette in moto un aumento della produzione nazionale di 1.230 milioni di euro. In Italia l’aumento risultante è di soli 741 milioni di euro poiché una parte maggiore della spesa è destinata alle importazioni. In Spagna, l’aumento della produzione interna ammonta a 1.284 milioni di euro. L’effetto sull’occupazione è pari a 6.000 posti di lavoro (a tempo pieno) in più in Germania, a 3.000 posti di lavoro in più in Italia e 6.500 in Spagna. Tuttavia, l’impatto economico e occupazionale sarebbero maggiori se i 1.000 milioni di euro venissero spesi per l’istruzione, la salute e l’ambiente. L’impatto maggiore dell’aumento delle spese militari si riscontra nell’area della salvaguardia ambientale, con un aumento della produzione di 1.752 milioni di euro in Germania, 1.900 milioni di euro in Italia e 1.827 milioni di euro in Spagna. 1.827 milioni di euro in Spagna.
Per aumentare la spesa militare senza incidere in maniera troppo forte sui bilanci degli stati membri ed elevare il livello di efficienza nella risposta, si dovrebbe tendere verso sforzi comuni e standardizzazione degli armamenti. Secondo l’AED (Agenzia Intergovernativa del Consiglio dell’UE per politica estera e sicurezza comune), la frammentazione delle politiche di difesa e l’assenza di una pianificazione congiunta rendono la spesa europea in sicurezza dei Paesi Ue meno efficiente rispetto a quella di altri Paesi. Nel 2017 è stata istituita la Cooperazione strutturata permanente (Pesco) nell’ambito della Politica di sicurezza e difesa comune: in pratica gli Stati membri che vi aderiscono possono pianificare, sviluppare e investire in progetti di difesa condivisi nell’ottica di un’integrazione delle forze armate. La Pesco è attualmente composta da 26 Stati membri su 27 (solo Malta non ne fa parte). Altri progetti comuni sono il Fondo europeo per la difesa (FED) per finanziare la ricerca e lo sviluppo di tecnologie e attrezzature all’avanguardia e interoperabili, integrando gli investimenti degli Stati membri. Per il periodo 2021-2027 il FED ha stanziato 7,9 miliardi di euro da ripartire tra 17 aree d’azione, tra cui la cybersicurezza, le tecnologie spaziali e la robotica. E’ stato adottato il regolamento Asap (Act in Support of Ammunition Production) a luglio 2023 con una procedura accelerata, questo provvedimento ha finanziato la produzione di missili e munizioni con 500 milioni di euro provenienti dal bilancio comunitario.
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