Cronache dai Palazzi

Ursula von der Leyen è di nuovo la presidente della Commissione europea, rieletta dalla plenaria di Strasburgo con 401 voti favorevoli (41 in più rispetto al quorum necessario di 360 voti), 284 contrari, 15 astenuti. Complimenti da parte di tutte le Istituzioni e quindi anche dal Quirinale: “Con l’appoggio dei Paesi membri e sotto la sua guida – ha scritto il presidente Mattarella – l’Unione sarà in grado di superare le complesse sfide del presente, che richiedono più che mai un’Europa coesa e unita”.

I gruppi di estrema destra – i Patrioti e l’Europa delle Nazioni sovrane – hanno deciso di votare contro come la Sinistra. Ha votato contro von der Leyen anche la delegazione di Fratelli d’Italia ed è la prima volta che il partito al quale appartiene il premier italiano non sostiene il presidente della Commissione Ue. Favorevoli i Verdi che hanno deciso di sostenere Ursula von der Leyen pur non considerando “verde” il suo programma e nello specifico “per evitare che la destra arrivi al potere”. Il favore dei Verdi, in particolare, avrebbe determinato il no di FdI rendendo impossibile il voto dei meloniani. La premier Meloni ha comunque ribadito il “buon rapporto” con Ursula von der Leyen sottolineando che il problema non è la persona ma le politiche enunciate. Nel corso del suo discorso programmatico la presidente von der Leyen ha riaffermato le proprie aspettative auspicando un piano “per un’Europa sostenibile, prospera e competitiva” attraverso il rafforzamento della “rotta sul Green deal con pragmatismo, neutralità tecnologica e innovazione”.

Confermato il sostegno all’Ucraina e rinnovato il progetto di una “vera Unione della difesa” per cui potrà essere designato un commissario specifico. Essenziale inoltre la “protezione dei confini Ue” rafforzando le strutture Europol e Frontex. Ursula von der Leyen ha per l’appunto affermato che verranno presi in considerazione “nuovi modi per contrastare la migrazione irregolare nel rispetto del diritto internazionale e garantendo soluzioni sostenibili ed eque per i migranti”. Nel contempo è stato chiarito che occorre “intensificare il lavoro sui rimpatri” rivolgendo una particolare attenzione al Mediterraneo, strutturando una nuova agenda e designando un commissario dedicato. Un “reddito equo” anche per gli agricoltori. Altra questione nuova è la crisi abitativa che affligge il Continente e anche in questo campo potrebbe essere nominato un commissario. Un vicepresidente avrà invece il compito di coordinare la Sburocratizzazione, che aiuterà le Pmi a crescere.

Il “rafforzamento della nostra democrazia” rappresenta la base sulla quale sviluppare ogni azione. Una democrazia molto spesso “sotto attacco dall’interno e dall’esterno”. In questo contesto la visita del primo ministro ungherese Orbán a Mosca avrebbe rappresentato una “missione di appeasement”. Ed infine a proposito di armi, in sinergia con lo scacchiere internazionale, l’Unione si impegna per porre fine allo “spargimento di sangue a Gaza”.

Alla base della rielezione di Ursula von der Leyen si avverte il tentativo di evitare che le destre arrivassero al potere imprimendo il loro impatto sul processo decisionale all’interno dell’Unione europea. “Lavorare a favore dell’Europa, dell’Ucraina, dello Stato di diritto” e soprattutto “lavorare insieme” deve essere l’approccio.

Il discorso di von der Leyen di fronte alla plenaria di Strasburgo e le linee programmatiche spiegate in trenta pagine si rivolgevano a tutte le parti politiche coinvolte, dalle delegazioni più di destra del Ppe a quelle più di sinistra come i Verdi, coinvolgendo Socialdemocratici e Liberali, senza escludere i Conservatori.

Ursula von der Leyen ha prefigurato la “visione di un’Europa più forte che offre prosperità, che protegge le persone e che difende la democrazia, che garantisca equità sociale e sostiene le persone, che attua quanto concordato in modo equo. E che si attiene agli obiettivi del Green deal europeo”. Un discorso che non ha entusiasmato la platea tranne in alcuni momenti, quando ha citato David Sassoli e quando ha affermato che “le nostre società non sono mai state così polarizzate dalla fine della Guerra Fredda. Noi difendiamo sempre la libertà. Ma la libertà non vuol dire avere il diritto di prendere tutto. Non è chi urla di più e chi è meno rispettoso ad avere diritto al potere. È lo Stato di diritto che rispettiamo, che ci unisce”, ha sottolineato la presidente rieletta. Citando David Sassoli, Ursula von der Leyen ha inoltre aggiunto: “Noi europei siamo la migliore speranza in un mondo pericoloso. E la speranza dell’Europa resta nelle vostre mani, le forze democratiche”, parole chiare. Obiettivo raggiunto.

La premier Giorgia Meloni, intervistata dal Corriere della Sera, spiega a sua volta il perché della propria posizione ribadendo che non vi sono ragioni personali. “Penso di aver fatto una scelta di coerenza non sulle mie posizioni, ma rispetto alle elezioni europee. Mi fa sorridere come alcuni osservatori non tengano minimamente in considerazione che cosa i cittadini hanno chiesto con il loro voto dell’8 e 9 giugno. Noi personalizziamo sempre, ma il tema non è von der Leyen sì o no, il tema è quali siano le priorità di cui l’Europa deve occuparsi”, ammonisce Meloni. “Ho agito da leader europeo non da capo di partito”, puntualizza Meloni.

A proposito di temi, il programma di Ursula von der Leyen conferma la transizione verde e “la rotta sul Green deal con pragmatismo, neutralità e innovazione” e auspica un nuovo “Deal industriale green per industrie competitive e posti di lavoro di qualità”. Annunciato inoltre “un nuovo fondo per la competitività europea per finanziare in particolare i progetti di interesse comune europeo”.

Sulla competitività Giorgia Meloni ricorda la necessità di analizzare il contesto: A proposito di posizioni divergenti la premier afferma: “Ho incontrato qualche giorno fa alcuni rappresentanti della Round Table europea, che riunisce le grandi industrie europee, e c’erano enormi convergenze tra le loro preoccupazioni e la mia strategia, in materia di competitività, sul tema di una transizione verde e compatibile con sostenibilità economica e sociale, e sull’energia”.

Per quanto riguarda il Mercato Unico, riesumando una proposta di Enrico Letta, la presidente von der Leyen ipotizza invece una “Unione europea del risparmio e degli investimenti”, che comprenda i mercati bancari e dei capitali. “Questo contribuirà a far leva sull’enorme patrimonio di risparmio privato in Europa per investire in innovazione e nella transizione pulita e digitale”, ha spiegato von der Leyen considerando che ogni anno vengono trasferiti sui mercati esteri circa 300 miliardi di risparmi Ue.

Ed infine la gestione dei flussi migratori per cui la presidente della Commissione ha sottolineato che “le sfide della migrazione richiedono una risposta europea con un approccio equo e deciso basato sui nostri valori”. Nelle linee programmatiche si legge in particolare che la Commissione lavorerà “su nuovi modi per contrastare la migrazione irregolare nel rispetto del diritto internazionale e garantendo soluzioni sostenibili ed eque per i migranti stessi”. Tra gli obiettivi “intensificare il lavoro sui rimpatri”.

In definitiva, puntualizzando la sua azione Giorgia Meloni afferma: “Mi sono comportata come si dovrebbe comportare un leader europeo perché mi sono chiesta se la traiettoria fosse giusta. E siccome non posso dire di considerarla giusta soprattutto su alcune delle materie sulle quali i cittadini hanno chiesto un cambio di passo, come la transizione verde, ho fatto come sempre quello che pareva più giusto senza condizionamenti e senza timore. Se decidi di dire sì solo per fare quello che fanno gli altri non fai il lavoro che compete a un leader”.

Meloni non accetta il “racconto di europeisti contro antieuropeisti”, in quanto “non regge alla prova della storia e della politica”. Si tratta di schemi improduttivi mentre occorre essere consapevoli che “ci troviamo in un contesto internazionale, economico e geopolitico difficilissimo. Molte certezze che avevamo stanno venendo meno”. La premier Meloni ribadisce quindi l’importanza di avere “il coraggio di sostenere le proprie posizioni, fermo restando che devono essere posizioni ragionevoli, piuttosto che se si sceglie di tacere per quieto vivere, salvo poi lamentarsi in privato”. Quindi la strategia Meloni è “essere consapevoli del proprio ruolo” in quanto “l’Italia è un Paese fondatore dell’Unione, uno dei più grandi e influenti Paesi europei”. In quest’ottica “il nostro compito è contribuire a tracciare una rotta, non assistere in silenzio a cosa accade. Questa è stata la scelta di altri, ma non la condivido”, ammonisce Meloni sottolineando che “all’Europa è mancata spesso, soprattutto, la politica, che è visione e decisione”.

In sostanza per Meloni l’Europa “deve fare meno e deve farlo meglio, deve regolare meno e occuparsi di sostenere la competitività. E quando definisce delle strategie, deve accompagnarle con gli strumenti necessari”, che sono in primo luogo le risorse necessarie ad esempio per una difesa comune e per la transizione digitale, o anche una transizione verde che non si traduca in “desertificazione industriale”.

Sul fronte nazionale il governo mette in cantiere la Manovra di bilancio per il 2025 che dovrà essere approvata entro il 20 settembre rispettando le regole dell’Ue. “Faremo tutto il possibile per il sostegno al reddito, ai salari e alle fasce più basse sulla base dei conti e sfruttando tutti gli spazi di flessibilità, come abbiamo già dimostrato di saper fare”, ha sottolineato la presidente del Consiglio. Intervenendo al question time della Camera il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha a sua volta ribadito che a parte le risorse da recuperare per confermare il taglio del cuneo fiscale (circa 11 miliardi) non ci saranno altri aumenti della spesa in quanto l’andamento delle uscite sarà il parametro sulla base del quale la Commissione europea giudicherà il Piano strutturale di bilancio che Palazzo Chigi dovrà per l’appunto presentare entro il 20 settembre, e che il Parlamento italiano dovrà votare. In questo contesto il sistema pensionistico, ad esempio, non dovrebbe subire grandi scossoni ma “eventuali interventi sul sistema previdenziale”, come i pensionamenti anticipati, “potranno essere definiti solo all’interno della sostenibilità complessiva della finanza pubblica”. Mentre affinché l’Italia aumenti la spesa militare verso il 2% del Pil tale spesa dovrà rientrare tra i fattori rilevanti che prevedono deroghe al Patto di stabilità, escludendo la possibilità di poter attingere alle risorse per il cuneo. Tra i settori da tenere sotto controllo dal punto di vista delle risorse finanziarie vi è il Servizio sanitario nazionale. La Corte dei conti, sentita alla Camera, ha messo in evidenza che “il livello di spesa sanitaria in Italia è più contenuto degli altri Paesi Ue” mentre “la spesa sanitaria privata sta crescendo in modo consistente”. In conclusione “c’è dunque bisogno di mantenere un livello di spesa pubblica elevato” per arrestare il “declino”.

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