Portogallo, Mirò sana il debito pubblico?
A poche ore dall’inizio, Christie’s cancella l’asta Miró: Seven Decades of His Art. La vendita eccezionale di 85 opere del maestro catalano, per il valore di 30 milioni di sterline (all’incirca 50 in euro), era stata prevista dallo Stato portoghese al fine di sanare il debito pubblico. I ricorsi da parte lisutana non erano stati sufficienti, solo la casa d’aste poteva fermarla, ma il caso rimane aperto.
Nel comunicato stampa Christie’s affermava: “La vendita della collezione di 85 lavori di Joan Miró è stata cancellata a causa di una controversia dinanzi alla Magistratura portoghese, in cui Christie’s non è coinvolta. Le incertezze legali originate da questa disputa non ci permettono di garantire condizioni di massima sicurezza per l’epilogo della vendita”. C’è una certa eccezionalità anche in tale evento: l’istituzione con sedi a Londra, Roma, Parigi e New York non se l’è sentita di rischiare la faccia e di invischiarsi in onerose vie legali.
Subito si erano mossi contro l’espatrio politici e artisti attraverso una petizione online. Il 31 gennaio il Partito Socialista aveva presentato un’istanza cautelare come ultimo tentativo di bloccare la vendita, e martedì mattina 4 febbraio, data dell’asta, un tribunale amministrativo di Lisbona aveva rifiutato di fermarla.
Tra il 4 e il 5 febbraio, all’interno di un’asta più grande con Picasso, Mondrian e Magritte, a Londra dovevano essere battuti pezzi come Femme et Oiseaux, 1968 (£4-7 milioni) e Peinture del 1953 (£2.5-3.5 milioni). Il primo è un omaggio alla calligrafia giapponese dopo il viaggio a Tokyo e Kyoto in occasione di una sua retrospettiva, un tema apprezzato dal mercato che prometteva decisamente bene. Peinture invece, con oltre 5 metri di larghezza, è più difficile da piazzare sul mercato. Nell’elenco figuravano 6 dei 27 dipinti su masonite realizzati nell’estate del 1936, in piena Guerra Civile Spagnola, e il già apparso in asta nel 1999 e invenduto La Fornarina, un omaggio a Raffaello stimato il triplo di allora, a £2-3 milioni.
L’asta non avrebbe certo risolto i problemi economici del Paese: questo evidenzia il disinteresse verso un patrimonio statale invidiabile; come recita il titolo, si tratta di 7 decenni dell’attività di Miró. Dopo la nazionalizzazione del Banco Português de Negócios (BPN) nel 2008, le opere confiscate, acquistate in precedenza dal Banco da una collezione privata giapponese tra il 2003 e il 2006 non sono mai state esposte al pubblico. Si potrebbe trovare una modalità per esporle e ricavare denaro da tale opzione, dato che il popolo portoghese, che per il momento l’ha avuta vinta, non le conosce materialmente.
Le stime erano comprese tra le 10mila e i 7 milioni di sterline, ma immettendole un po’ alla volta il costo di vendita avrebbe potuto aumentare. Le leggi economiche in questo caso valgono anche per l’arte. La miglior strategia rimane quella di presentarne un po’ alla volta puntando a cifre maggiori. Quando un mercato è saturo di un dato bene, il ricavato dalla vendita di un bene di simile genere (in questo caso dello stesso artista) non è certo alta. Qui, oltre alla fretta, c’è poca attenzione.
Il Governo del Portogallo ha replicato all’inaspettato rifiuto di Christie’s dicendo che questa collezione non costituisce una priorità in un momento così critico per le finanze dello Stato. Il Segretario di Stato per la Cultura Jorge Barreto Xavier ha dichiarato che “se vogliamo tenere queste opere, qualcuno deve pagarne il prezzo. Non è una priorità nella policy culturale al momento. Dovremo aspettare e vedere se l’asta potrà avvenire in una fase successiva”. Il Segretario non demorde, sapendo che non è certo facile trovare un compratore/finanziatore portoghese.
Perché dover pagare per qualcosa che già si possiede? La pressione da parte degli altri Paesi aderenti all’UE si fa sentire. La vicenda assomiglia alle valutazioni fantasma della stessa casa d’aste nell’ambito dell’ICA (Institue of Contemporary Art) di Detroit in crisi. La vendita non coprirebbe la falla finanziaria e il patrimonio è non solo di valore venale, ma soprattutto sociale e culturale.
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