Cronache dai Palazzi

Missione in Cina conclusa. Dopo cinque giorni intensi la premier Giorgia Meloni ha raggiunto anche gli atleti italiani a Parigi per ventiquattrore. Lasciando la Cina Meloni ha portato a casa una relativa ricucitura con Xi Jinping a proposito di varie questioni, prime tra tutte la Via della Seta, pur senza perplessità da parte del Paese del Dragone. Palazzo Chigi preme sul fatto che la presenza italiana è ora più marcata ma permane la necessità di tutelare su entrambi i fronti il rapporto economico e le rispettive specificità.

Meloni ha ribadito che il riequilibrio della bilancia commerciale in funzione di nuovi investimenti non è stato l’obiettivo unico della missione in Cina ma anche “aiutare a sostenere le aziende italiane che già da tempo hanno deciso di investire in Cina e che particolarmente a Shanghai hanno contribuito allo sviluppo di questa straordinaria realtà”. Si tratta di circa 1200 imprese che, come ha sottolineato il segretario del Partito comunista di Shanghai Chen Jining, realizzano circa “il 20% dell’interscambio”. I 24 milioni di abitanti della città sono potenziali destinatari commerciali e nella pratica rappresentano il “canale per importare i beni dall’Italia”. Visione confermata dalla premier Meloni anche attraverso i post sui social: “Abbiamo aperto una nuova fase dei nostri rapporti bilaterali”. Viene chiaramente esplicitato qual è il fine: “Obiettivo: aprire nuovi spazi alle nostre imprese e rimuovere gli ostacoli all’ingresso dei prodotti italiani nel mercato cinese”. Per realizzare tutto ciò risulta necessario l’impianto “di cornice” che Meloni ha firmato con il primo ministro Li Qiang. Il prossimo passo è la stesura del Piano triennale di azione che ministri italiani e cinesi dovranno condividere e mettere nero su bianco.

Su un altro fronte la realizzazione del Pnrr si trova in una fase cruciale. “Nessun vero ritardo, l’85% delle misure e il 92% delle gare sono state attivate”, ha chiarito il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, in audizione presso le commissioni riunite di Camera e Senato presentando la relazione sullo stato del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Fitto ha inoltre assicurato che si andrà “avanti con la spesa, salita a 52,2 miliardi”. Palazzo Chigi non esclude una revisione del Piano per il Sud ma “dopo aver messo a terra procedure e progetti gli interventi sono in corso”.

“L’obiettivo – ha spiegato Fitto – è garantire che il 40% delle risorse venga speso al Sud” ma a proposito di questo argomento “forse ci sarà l’esigenza di valutare un’altra revisione”, in primo luogo per rendere la burocrazia meno complessa. A proposito di eventuali cambiamenti da mettere a terra, alla luce di un contesto macroeconomico europeo e internazionale in continua evoluzione, il ministro Fitto ha puntualizzato: “Cambia il mondo e noi dobbiamo rimanere fermi e non modificare nulla?”

In questo contesto sarà necessario confrontarsi con la Commissione europea di Ursula von der Leyen e “l’elasticità” si rivelerà un fattore essenziale per raggiungere gli obiettivi prefissati, per dare risposte adeguate, e ovviamente per usare “bene e al meglio” le risorse del Piano. Per quanto riguarda la soglia del 40% delle risorse per il Mezzogiorno si tratta di un obiettivo “finale” del Pnrr e non “in corsa”; per di più il punto, anche per quanto riguarda i giovani e le donne, potrà essere fatto “nella fase più avanzata del piano”. La spesa del Piano continua a salire, tantoché nell’ultimo mese si è registrato un incremento di quasi 1 miliardo in quanto era 51,3 miliardi il 17 luglio e le misure attivate corrispondono ad un bacino di circa 165 miliardi su una disponibilità complessiva di 194 miliardi. Per quanto riguarda le gare di appalto, invece, dei 132 miliardi totali sono stati messi in opera interventi per circa 122 miliardi e, spiega Fitto, “la quasi totalità dei casi riguarda misure che hanno automatismi di spesa: l’esempio più importante è Transizione 5.0 che da sola cuba oltre 6 miliardi, e il cui decreto di attuazione è in via di pubblicazione”. Escludendo ogni forma di ritardo il ministro per gli Affari europei ha infine sottolineato che una proroga della scadenza fissata per giugno 2026 non è “all’ordine del giorno” ma è comunque “legittimo e corretto” che ci sia un dibattito a riguardo, in primo luogo con il ministero dell’Economia.

Per definire buono l’andamento del Piano, secondo l’Organizzazione di Ingegneria e di consulenza di Confindustria (Oice), risulta indispensabile sbloccare i 10 miliardi di rimborsi attesi dai Comuni, fermi nei ministeri. Tre di questi 10 miliardi servono per la digitalizzazione dei piccoli centri, in quanto alla luce dei cambiamenti tecnologici in atto, è fondamentale trasformare la struttura comunale entro il 2026 realizzando il cloud, una protezione più efficiente in termini di cybersicurezza e infrastrutture digitali più semplici in modo tale da mettere al sicuro gli archivi di dati, eliminando le cosiddette “scartoffie” e garantendo ai cittadini sevizi più efficienti.

In definitiva, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio prevede una crescita del Pil dell’1% sia nel 2024 sia nel 2025, in un quadro congiunturale dell’economia italiana leggermente migliorato con un aumento dell’occupazione (+25 mila unità a giugno 2024) e delle persone in cerca di un lavoro (+23 mila).

Terza questione emersa in questi caldi giorni della stagione estiva è la situazione nelle carceri nel nostro Paese, per la quale l’Ordine degli avvocati di Roma scrive una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Sovraffollamento e condizioni non dignitose affliggono i detenuti. “È una situazione che sta molto a cuore a noi avvocati” afferma Paolo Nesta, presidente dell’Ordine degli avvocati della Capitale, aggiungendo: “I detenuti vivono in condizioni atroci, mancano i servizi minimi, subiscono trattamenti contrari al senso di umanità”. Si tratta di persone che “hanno commesso degli errori, ma in uno Stato democratico la tutela dei diritti umani non può venire meno”, ammonisce Nesta. Gli avvocati di Roma si sono rivolti al Capo dello Stato “confidando che un suo autorevole intervento possa portare, non dico ad una soluzione definitiva, ma almeno all’individuazione di misure per tamponare l’emergenza”. Inoltre risulta “importante anche coinvolgere l’opinione pubblica”.

Come si legge nel documento rivolto al Presidente della Repubblica “le pene – come in maniera cristallina afferma l’articolo 27 della nostra Costituzione – non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. L’aumento del numero dei suicidi in carcere ci indica che “il tempo è ormai scaduto”. Gli avvocati giudicano inoltre “incomprensibile” l’ennesimo rinvio in Parlamento della proposta di liberazione anticipata speciale, per di più “in assenza di alcuna altra soluzione contro il sovraffollamento”. In sostanza, denunciano gli avvocati, “il carcere disumano e che toglie la speranza ai detenuti non finalizza la finalità di reinserimento sociale sancita dalla nostra Costituzione, al contrario aumenta la recidiva e fa diventare gli istituti penitenziari una fucina di criminalità, perché nessuna restrizione in condizioni disumane rende un uomo migliore”.

Nel contempo, Palazzo Madama ha approvata la fiducia posta dal governo sul Dl Carceri, con 104 voti favorevoli, 73 contrari e un’astensione. Il testo dovrà ora passare all’esame di Montecitorio dove da lunedì saranno votati gli emendamenti presentati in Commissione Giustizia. Mentre il centrodestra risulta soddisfatto l’opposizione definisce tali misure “inutili” in quanto non attutirebbero l’emergenza carceraria. Il nuovo Dl Carceri prevede in sostanza l’assunzione di mille agenti nei prossimi 2 anni; la possibilità per i detenuti di fare più telefonate e altre misure a loro favore; l’introduzione del reato di “peculato per distrazione” che, secondo il centrodestra, dovrebbe compensare almeno in parte l’abolizione dell’abuso di ufficio. Un odg di FI trasformato in emendamento prevede inoltre la possibilità per i tossicodipendenti di scontare la pena in comunità anziché in carcere. Il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, pur ammettendo che “ci sono 10mila detenuti di troppo”, afferma che grazie a tale decreto “si migliorano le condizioni di vita in carcere”. Per il capogruppo Dem in Commissione, Alfredo Bazoli, invece, il decreto è “tardivo, scarno e inutile” e insieme alle altre forze di opposizione sottolinea l’assenza del ministro Nordio. In definitiva il Dl Carceri dovrà essere approvato dalla Camera entro il 2 settembre.

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