Semina il vento (Film, 2020)
Danilo Caputo è un regista italiano che non conoscevo, ormai quarantenne non si può dire giovane, per quanto il concetto sia sempre molto labile, autore di due film, il primo sperimentale e auto prodotto (La mezza stagione, 2014), che non ho visto ma che è stato decretato miglior film italiano al Rome Indipedent Film Festival. Il secondo (Semina il vento), invece, l’ho visto su Rai 5 – il canale del cinema senza pubblicità – e sono rimasto allibito. Presentato (addirittura) al Festival del Cinema di Berlino nella sezione Panorama, chissà con quale entusiasmo sarà stato accolto dai tedeschi.
Questa la trama, in rapida sintesi. Nica è una studentessa universitaria di agronomia, dopo tre anni fa ritorno in Puglia, nel suo paese alla periferia di Taranto. Gli ulivi della piantagione di famiglia, un tempo ricchezza e sostentamento, sono stati invasi da un parassita; il padre chiede finanziamenti regionali per abbatterli, ma non riesce a ottenerli; la madre è in depressione perché non trova la sua strada e non ce la fa ad aprire un negozio. Il padre a un certo punto viene a patti con un gruppo mafioso per nascondere nel terreno con le piante malate i rifiuti tossici e i liquami che provengono dalle acciaierie. Nica ricorda la nonna che amava il suo uliveto, non ha dimenticato i valori trasmessi, per questo cerca di trovare una soluzione alla malattia delle piante, contro la sua stessa famiglia, prima che sia troppo tardi.
Il critico (ma anche lo spettatore comune), pur armato di buona volontà, non può fare a meno di notare che Semina il vento presenta una recitazione a livello di filodrammatica di paese, il suono in presa diretta è realizzato così male da non consentire la percezione dei dialoghi, il soggetto è scarno, la sceneggiatura è prevedibile, il montaggio definirlo compassato non rende l’idea, le sequenze sono ripetitive e di una lunghezza disarmante. Novantuno interminabili minuti per una storia che si potrebbe raccontare (bene) con un cortometraggio. Pregi da sottolineare: la fotografia della campagna pugliese, i piani sequenza e le panoramiche che il regista dimostra di saper realizzare, le riprese mai banali, alcuni notturni tarantini tra mare e industria.
Il prodotto (pur in presenza di finanziamenti pubblici e di una produzione italo-francese) profuma di dilettantismo, per questo non possiamo dare un giudizio positivo su un’opera irrisolta, piena di pretese non mantenute. Conosco registi indipendenti che a budget zero girano pellicole più compiute, nei casi peggiori di identico livello, senza sprecare denaro pubblico. Semina il vento è un film sconcertante, per autolesionisti, che si guarda fino alla fine solo per dovere. Sconsigliato.
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Regia: Danilo Caputo. Soggetto e Sceneggiatura: Danilo Caputo, Milena Magnani. Montaggio: Sylvie Gadmer. Musiche: Valerio C. Faggioni. Lingua Originale: Italiano. Case di Produzione: Graal Films, JBA Production, Okta Film. Distribuzione (Italia): I Wonder Pictures. Paese di Produzione: Italia, Francia – 2020. Durata: 91’. Genere: Drammatico. Interpreti:Yile Vianello (Nica), Feliciana Sibilano, Caterina Valente, Espedito Chionna.
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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]