Vesna va veloce (Film, 1996)

Erano i tempi in cui c’era ancora Carlo Mazzacurati, regista di scuola morettiana capace di esordire con Notte italiana e di portare su grande schermo Il prete bello di Goffredo Parise, ma anche di far recitare Antonio Albanese da grande attore, senza toni da farsa, misurato e corretto in un film dimenticato come Vesna va veloce (1996). Rivisto una notte, ché soffro di gastrite e di tanto in tanto mi sveglio, grazie a Cine 34 che forse pensa a me nella sua programmazione italiana notturna di buon gusto. Un po’ come se mi dicesse: “Guarda che il cinema italiano ha fatto anche cose buone nel recente passato!”. E che non lo so? Pure se repetita juvant. Certo, so anche che da un po’ di tempo la diritta via l’ha smarrita.

Mazzacurati ci lascia nel 2014 – troppo presto – prende un David di Donatello (postumo) alla carriera, dopo aver fatto La passione con Silvio Orlando e La sedia della felicità sempre con Albanese, per tacere de L’amore ritrovato, tratto da Una relazione di Cassola, e de La giusta distanza. Troviamo sempre Messeri nei film di Mazzacurati, una sorta di attore feticcio, in un piccolo ruolo si ricorda anche in Vesna va veloce, film girato con grande sapienza tecnica per raccontare le disavventure di una ragazza ceca che a Trieste abbandona un pullman turistico di connazionali e resta in Italia.

Vesna (Zajickova) si mette a fare la prostituita per campare e accumulare denaro da portare a casa che nasconde in una camera di albergo. Un giorno incontra Antonio (Albanese), un uomo buono e solitario, che vorrebbe proteggerla e farla vivere con lui, ma il fato – nei panni di un losco individuo che accoltella la ragazza e le ruba il passaporto – complica le cose. Il rapporto tra i due si lacera troppo presto, la ragazza non racconta niente del passato, Antonio sospetta che il suo amore non sia sincero e tutto comincia ad andare male. Chi ti vuol bene finisce per farti soffrire, dice Vesna prima della fuga. Un finale bellissimo lascia nel dubbio lo spettatore se la ragazza sia davvero scappata dalla morsa dei carabinieri, oppure sia stata investita dalle auto in autostrada, mentre il suo spirito vaga in cerca della libertà.

Un film di sentimenti, girato in una Rimini nebbiosa di fine stagione, quasi spettrale, che si spinge nel ferrarese e nelle valli di Comacchio, tra piani sequenza e panoramiche, carrellate suggestive, primi piani che scavano nell’anima dei personaggi. La fotografia di Alessandro Pesci alterna al chiarore delle marine, il cupo incedere dei notturni cittadini, quasi surreali sul viale delle prostitute. Il montaggio di Mirco Garrone è compassato, come la materia trattata pretende. La colonna sonora di Jan Garbarek è perfetta per sottolineare i momenti di tensione narrativa, la dolcezza dei sentimenti e lo squallore dei rapporti a pagamento.

Una pellicola drammatica di 92 minuti che scorre bene, sceneggiata a dovere dal regista con la collaborazione di Rulli, Petraglia, Contarello e Piersanti. Vediamo anche Stefano Accorsi in un piccolo ruolo da cameriere, oltre ad Antonio Catania che conduce una tavola calda, Silvio Orlando che fa l’assicuratore, e Ivano Marescotti, cliente ossessivo. Il film ruota attorno ai due protagonisti, la ragazza ceca (Teresa Zajickova) – attrice non professionista – è spontanea e naturale in un ruolo complesso, mentre Antonio Albanese (al secondo film dopo il debutto con Soldini) dimostra tutta la sua bravura quando è guidato da registi intelligenti e preparati. Albanese sarà ancora con Mazzacurati ne La lingua del santo e ne La sedia della felicità, ultimo film prima della scomparsa del regista.

Ecco i film italiani che vorremmo ancora vedere.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog La Cineteca di Caino”]

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