Sotto il diluvio
Giulio Natali mette alla berlina la politica italiana, soprattutto quel sottobosco fatto di postulanti e mantenuti, di mezze figure che sopravvivono grazie al loro capo manipolo, narrando il trasformismo che sta alla base del gattopardesco che tutto cambi perché niente cambi. Oreste De Ritis è il sindaco eterno di Colle Filippo – un paese immaginario delle Marche – dove fa il bello e il cattivo tempo, dopo essere stato parlamentare di un non ben definito Partito di Centro. Il Centro è l’unica soluzione, afferma il politico, per non consentire fughe a sinistra e a destra, di fatto per mantenere il potere fingendo di modificare qualcosa ma lasciando per decenni tutto inalterato. Il problema è che De Ritis muore improvvisamente, alla vigilia delle elezioni, senza lasciare un successore, anche se in molti si contendono una complessa eredità politica.
Natali racconta una storia di vita quotidiana, al tempo stesso critica la provincia italiana, abituata da sempre a tirare a campare, a farsi guidare, ad affidarsi a uno dei tanti possibili capi bastone. La classe politica viene messa alla berlina, perché non si fa politica pensando al bene di chi si amministra ma solo per assicurarsi un tornaconto personale. La gestione del potere viene delegata a persone fidate che vengono compensate con favori, elargiti a piene mani a chi presta la sua opera per mantenere il consenso. Colle Filippo come metafora della provincia italiana, oserei dire dell’intera penisola, perché questo è il modo attuale di far politica nel Bel Paese. Vengono a mente tanti nomi, tutti provenienti da vecchi e nuovi partiti di centro, non li fa l’autore che scrive un racconto di pura fantasia, ma è il lettore smaliziato che subito pensa a figure del passato, personaggi più o meno importanti della politica italiana.
Giulio Natali è un narratore di razza, sa bene che scrivere un romanzo significa frugare nelle ferite della vita, tirare fuori i problemi, analizzarli e metterli in piena luce, in una parola raccontare il mondo in cui viviamo. Non ha senso scrivere d’altro, se non di quel che siamo diventati; Natali lo fa con uno stile rapido e asciutto che non si perde in inutili descrizioni e dissertazioni letterarie, ma che manda avanti l’azione con uso appropriato del dialogo, al punto che la storia è una base per una possibile sceneggiatura. Ottima la caratterizzazione dei personaggi, sia l’analisi psicologica del politico che segna la vita di un intero paese, come l’introspezione dei figuranti che gli orbitano intorno in attesa di favori e prebende.
I colpi di scena sono il sale del romanzo e non vanno raccontati, ma la storia di un popolo che non riesce a cambiare neppure Sotto il diluvio merita la vostra attenzione, perché è la nostra storia. Peccato che molti editori non comprendano che per facilitare la diffusione della lettura servirebbero prezzi popolari, praticati anche con l’aiuto di una politica governativa a base di incentivi.
Libri come Sotto il diluvio (Castelvecchi Editore – Euro 20 – pag. 200) raccontano la storia d’Italia meglio di tante narrazioni televisive e di pseudo romanzi da premio Strega, scritti da autori impegnati a indagare soltanto il proprio ombelico.
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