Tassi, BCE pavida e Fed coraggiosa?

La BCE e la Fed dovrebbero proseguire il ciclo di riduzione progressiva dei tassi d’interesse, compatibilmente con i più recenti dati dell’inflazione, che confortano l’attesa di una fase espansiva della politica monetaria.

L’inflazione – Ad agosto, l’andamento dell’inflazione dell’Eurozona è stato positivo per almeno tre motivi. Il primo motivo è che la discesa dei prezzi è stata generalizzata, avendo toccato praticamente tutte le principali economie europee: Germania, Francia, Spagna, Portogallo eccetera. Il secondo motivo è che, in Italia, le cose sono andate anche meglio, visto che ad agosto, l’inflazione su base annua è scesa all’1,1%, quindi ben al di sotto della media europea (2,2%) e dei principali partners, che si sono mossi attorno ad un 1,9%. Il terzo motivo è che, anche l’inflazione core, quella calcolata al netto dell’alimentare fresco e delle fonti energetiche, è scesa ad agosto nell’Eurozona al 2,8% su base annua, il dato migliore da luglio 2021.

Il taglio dei tassi da parte della BCE – Grazie anche all’indebolimento della pressione inflazionistica, la BCE ha abbassato, a settembre, i tassi sui depositi di 25 basis point, portandoli al 3,50%. Troppa prudenza? Probabilmente no, per almeno due motivi. Primo motivo: la fiammata inflazionistica in Europa è derivata in gran parte da shock esterni che hanno fatto impennare i prezzi delle fonti energetiche, delle materie prime e dei semilavorati. Nell’attuale scenario di incertezza geopolitica che sta coinvolgendo sempre di più il Medioriente, la condotta della BCE deve essere prudente e graduale in modo da poter gestire eventuali nuove tensioni sui prezzi, senza dover interrompere o, addirittura, invertire il trend decrescente dei tassi. Cosa che sarebbe deleteria per famiglie ed imprese. Secondo motivo: neanche il confronto con la Fed che, a settembre, a sorpresa, ha abbassato i tassi di 50 basis point, deve far pensare ad una BCE troppo pavida. Negli USA, le preoccupazioni per una ripresa dell’inflazione non sono legate, come in Europa, a possibili shock energetici esterni, ma al timore che le dinamiche salariali, spinte dall’inflazione, possano innescare un circolo vizioso decisamente pericoloso. Ma nell’attuale scenario USA, che vede dinamiche salariali sotto controllo, abbinate ad un certo rallentamento nella creazione di nuovi posti di lavoro, una politica sui tassi più aggressiva della Fed rispetto ad una più prudente della BCE appare pienamente giustificata.

Cosa succederà ai tassi? – Fermo restando l’attuale scenario di grande incertezza, per quanto riguarda la Fed, è lecito attendersi, per il 2024, un ulteriore taglio dei tassi di almeno 50 basis point; per quanto riguarda il 2025, ulteriori tagli per almeno 100 basis point appaiono assolutamente possibili. Guardando invece alla BCE, nel 2024, ci sarà un unico taglio sempre di 25 basis point, probabilmente a dicembre più che a ottobre; per quanto riguarda il 2025, shock esogeni permettendo, sono ipotizzabili ulteriori tagli per almeno 100 basis point.

[NdR – Fonte Teleborsa.it che si ringrazia per la collaborazione – Andrea Ferretti è docente al Master in Scienze economiche e bancarie europee LUISS Guido Carli]

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