Futuro. Quale futuro?
Durante l’assemblea generale delle Nazioni Unite da poco conclusa, si è usata molto la parola futuro. Il titolo infatti era Summit of the Future e in sostanza verteva su il “Patto per il futuro”, descritto dal Segretario generale Antonio Guterres come un accordo storico che rappresenta un “passo avanti verso un multilateralismo più efficace, inclusivo e interconnesso”.
Che vuole dire? Francamente, ho fatto fatica a capire questa frase perché mi venivano in mente un sacco di cose. Intanto ho pensato all’Ucraina, al conflitto che va avanti da due anni; ho pensato a tutti quei giovani morti per una guerra tra pazzi sfasciati ognuno con un proprio dio dalla loro: ho pensato alle madri che non li vedranno sposarsi, avere una famiglia, lavorare e la parola futuro mi ha fatto rabbia.
Poi ho pensato al Medio Oriente dove da sempre ci si uccide per un pezzo di terra dove la violenza è la normalità e ho pensato a tutti quei giovani e meno giovani che hanno visto svanire il loro futuro. A chi è restato a piangerli a chi si fa guidare dall’odio e dalla sete di vendetta e la parola futuro mi ha fatto rabbia.
I Paesi membri delle Nazioni Unite si sono impegnati a disegnare “un futuro migliore” per l’umanità colpita dalle guerre, dalla povertà e dal riscaldamento globale. E che impegno hanno preso o stanno per prendere? Mi sembra ci si accordi solo sulla quantità di armi da mandare. Ma perché non c’è fine a questa pazzia? Non si sa nemmeno con certezza quante persone siano morte dall’inizio della guerra Ucraina-Russia e l’opinione comune è che una via d’uscita non c’è: uno dei due deve rinunciare per forza a qualcosa e nessuno è intenzionato a farlo. Allora, che impegno avete concretamente preso, cari Paesi appartenenti all’ONU?
Se non termineranno queste carneficine solo alcuni avranno un futuro, i venditori di armi e gli odiatori seriali. E Dio, chiamato in ballo da questo e quello sembra essersi preso una lunga vacanza.
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