Camera di Consiglio

CADUTA IN CONDOMINIO E IMPRUDENZA – Il caso in esame trae origine dalla richiesta di risarcimento danni da parte di una condomina conduttrice di un appartamento che affermava di essere caduta mentre scendeva i gradini siti nell’androne, sprovvisti di corrimano e resi scivolosi dalla presenza di acqua ed umidità a causa delle avverse condizioni metereologiche. Seguiva la frattura del polso e la stessa si costituiva in giudizio per ottenerne la condanna al risarcimento del danno subito.

Si costituivano il Condominio che estendeva il contraddittorio alla Compagnia assicurativa per responsabilità civile verso i terzi. Entrambi contestavano la predetta richiesta. Il Tribunale in primo grado rigettava la domanda, deducendo che “dalle allegazioni di parte attrice non risultava idoneamente tratteggiato il nesso di causa che collegava la caduta alla cosa e inoltre, […] inquilina del condominio da anni, ben avrebbe potuto e dovuto essere a conoscenza delle caratteristiche dell’immobile e in articolare dell’assenza del corrimano”. La donna proponeva appello, tuttavia il gravame veniva rigettato poiché non venivano ritenute provate, la caduta, la scivolosità dei gradini e l’inevitabilità dell’evento. Di talchè, la condomina proponeva ricorso per Cassazione sulla base di vari motivi di censura e, in particolare, sull’errata applicazione dell’art. 2051 c.c., poiché, a suo dire, la Corte d’Appello aveva omesso ogni valutazione in ordine alla mancanza di prova della sussistenza del fortuito, richiesta dal predetto articolo per liberare il custode dalla responsabilità oggettiva prevista da tale norma, oltre a non avere dimostrata l’idoneità del comportamento tenuto dalla vittima ad interrompere il nesso eziologico tra cosa e danno, ometteva, altresì, di valutare se tale comportamento potesse integrare un concorso colposo.

La Suprema Corte rigettava il ricorso e condannava la donna a corrispondere le spese di lite alle controparti, richiamando granitica e consolidata giurisprudenza. Ricordava la Cassazione che “in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227, comma 1, cod. civ., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione”.

Ciò significa che quanto risulta possibile l’evento dannoso, quest’ultimo è suscettibile di essere previsto e superato attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle “cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze”.

Nel caso di specie, atteso che il comportamento condomina (come, peraltro, rappresentato dalla medesima), aveva contribuito alla causazione dell’evento, “quanto meno in termini di non adeguata predisposizione di cautele nell’incedere sugli scalini”, atteso che la danneggiata abitava nel palazzo da oltre un triennio e quindi ne conosceva adeguatamente la struttura, o avrebbe dovuto conoscerla, inclusa l’assenza del corrimano e la probabile scivolosità degli scalini in caso di pioggia. Pertanto, si doveva escludere il besso di causalità per il suo comportamento imprudente.

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