Nato il 6 ottobre (Docufilm, 2024)

Nato il 6 ottobre si compone di una storia che funge da filo conduttore per cent’anni di radio, narrati seguendo l’esistenza di Giacomo Curtoni (e la vita della sua famiglia), nato proprio mentre l’EIAR dava il via alla prima trasmissione. Scritto e diretto da Pupi Avati, prodotto da Duea Film, narra la storia del nostro Paese dal 6 ottobre 1924 a oggi, con la radio che entra in tutte le case, dal primo annuncio ufficiale di Ines Viviani Donarelli, seguito dal concerto inaugurale del Quartetto Opera n.7 di Haydn.

Il film è dedicato a Garinei e Giovannini, che hanno ispirato il racconto, e nasce da un’idea di Roberto Sergio. Trasmesso in Prima Tv l’8 ottobre scorso, in prima serata, è un vero e proprio docufilm che comincia con un prologo e una sommessa voce narrante: La storia della radio è un po’ la storia della mia vita. Bastano le prime immagini per riconoscere il tocco avatiano, la colonna sonora, il tono della voce fuori campo, l’incedere nostalgico delle sequenze, la fotografia anticata.

Giacomo nasce senza padre, che non lo riconosce, la madre Paola lo alleva da sola ma la sua situazione è una croce da portare in tempi caratterizzati da una morale rigida. Giacomo è la voce narrante del film, un bambino ammaliato dai suoni e dalle storie che sente uscire da quel nuovo apparecchio, una scatola magica prima ascoltata dai vicini, poi comprata e tenuta nel bel mezzo della sala a raccontare la vita. La radio gli permette di seguire la finale dei Mondiali di calcio tra Italia e Cecoslovacchia con i suoi eroi che vincono la prima Coppa del Mondo, un ricordo indelebile che porterà con sé tutta la vita e gli farà scrivere una lettera alla Radio, missiva riscoperta dopo cent’anni e letta in diretta, accanto a lui che compie gli stessi anni dell’apparecchio inventato da Marconi.

Lo stile di Pupi Avati avvolge tutto il film, soprattutto la parte narrativa, ambientata nelle case popolari romane, con una fotografia color porpora che si stempera e si spegne passando al bianco e nero, quindi tornando colorata, tra fantastiche dissolvenze poetiche. Cesare Bastelli da sempre collabora con Avati e ancora una volta lascia il suo segno da artista, così come Ivan Zuccon è bravo a montare un film in ottanta minuti, accelerando sulla parte finale, come richiesto.

Molto intensa la storia d’amore tra Paola e Mario Vivarelli, annunciatore delle previsioni del tempo che vanno in onda a mezzanotte, che la ragazza ascolta ogni sera per via di quel romantico augurio di vivere una notte di polvere di stelle. L’amore tra i due finisce male perché la madre di Mario non può permettere il matrimonio del figlio con una ragazza madre, cosa che scatena la rabbia e la delusione di Paola, sfogata sul povero Giacomo. Quando Paola rivede il padre del bambino davvero mal ridotto in una bottega di Milano, pensa di aver vinto lei ancora volta, perché è sempre bella, nonostante il tempo passato.

Altra storia importante del film riguarda la sorella di Paola, comunista e ribelle al fascismo insieme a un gruppo di amici, che finisce con i partigiani e muore poco prima della liberazione. Molto divertente, invece, il racconto di Giacomo bambino irrequieto che si addormenta soltanto con i discorsi di Mussolini trasmessi alla radio; non da meno la storia della signora Clio, precipitata dal terzo piano per essersi affacciata troppo al balcone per sentire alla radio la benedizione del Papa.

La bravura di Avati sta nel mixare storia di fantasia con immagini di repertorio dell’Istituto Luce, molte quasi inedite, dal primo annuncio radiofonico al matrimonio di Edda Mussolini e Galeazzo Ciano, passando per le leggi fascistissime, il confino e il carcere per gli intellettuali, l’alleanza con Hitler, le leggi razziali, la guerra mondiale e la liberazione. Ci sono i programmi più in voga al tempo in cui la radio era il solo mezzo per comunicare gli eventi importanti, come la rivista I quattro moschettieri che si andava muniti di sedie dagli amici per ascoltarla, lasciandosi catturare da canzoni, voci e dialoghi, per un programma che ha generato libri e raccolte di figurine.

L’acquisto della radio per la famiglia Cutrone è un evento indimenticabile, Avati lo racconta confondendo fantasia e realtà, ricordando il Nobel per la letteratura a Pirandello, Niccolò Carosio che fa la cronaca della finale della Coppa del Mondo del 1934, con la foto degli eroi capitanati da Vittorio Pozzo, infine il Radiocorriere con le rotative che stampano centinaia di migliaia di copie. Tra finzione e realtà Avati racconta il dramma degli ebrei che un intero Paese vive con indifferenza, così come facendo la storia della radio traccia una sintesi della storia italiana, con la delicatezza e il garbo che solo Avati sa infondere in immagini e parole. Vediamo la battaglia del grano, le sanzioni, il ferro alla patria per fare cannoni, l’oro al duce, i discorsi di guerra e la disfatta, Radio Londra che racconta come stanno davvero le cose, le bombe su Roma, un’Italia da ricostruire dopo la morte di Mussolini e Claretta. Avati mostra il filmato d’epoca con i volti deturpati dal sangue del dittatore fucilato e della sua amante, così come fa vedere i cadaveri appesi per i piedi a Milano.

Quando finisce la guerra il racconto procede più spedito ed è quasi tutto narrato su immagini che scorrono; sappiamo che Giacomo sposa Orietta e insieme vanno a celebrare le nozze a Velletri, vediamo Einaudi primo Presidente di una giovane Repubblica e la ricostruzione con il piano Marshall, le case popolari, le audizioni radiofoniche, il Festival di Sanremo. Le immagini scorrono rapide, soprattutto quando appare la televisione, una scelta d’autore perché si preferisce approfondire il periodo d’oro della radiofonia, quando il racconto della storia d’Italia passava solo per le onde corte. Avati celebra la scoperta di Guglielmo Marconi (chi meglio di lui, originario di Sasso Marconi?) con enfasi e trasporto, senza eccessi didascalici (solo il necessario) ma con tanto amore. Le immagini ci portano ai tempi moderni, dopo aver visto La corrida, Trieste che torna italiana, la Seicento e il sogno dell’automobile, Mike Bongiorno, Corrado, Arbore e Boncompagni, persino le Torri Gemelle. Giacomo centenario – interpretato da un grande Paolo Bonacelli – legge la sua lettera spedita tanti anni fa e spegne le candeline di un compleanno importante.

Bellissima e struggente la colonna sonora di Lucio Gregoretti sui titoli di coda che scorrono mentre una serie di foto ricordano i personaggi che hanno fatto grande la Radio. La foto di Guglielmo Marconi chiude un’opera cinematografica celebrativa e poetica che resterà nella storia della Rai.

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Regia: Pupi Avati. Soggetto: Pupi Avati, Tommaso Avati. Sceneggiatura: Pupi Avati, Tommaso Avati, Umberto Broccoli, Enrico Salvatori. Fotografia: Cesare Bastelli. Montaggio: Ivan Zuccon. Regia Seconda Unità: Mariantonia Avati. Organizzatore: Antonio Gallo. Direttore di Produzione: Gianfranco Musiu. Aiuto Regia: Riccardo Suriano, Gianluca Graupera. Suono: Pompeo Iaquone. Scenografia: Giuliano Pannuti. Costumi: Beatrice Giannini. VFX Supervisor: Fabio Tomassetti. VFX Producer: Daniele Tomassetti. Line Producer: Charlie Owens. Effetti Speciali: Sergio Stivaletti. Musiche: Lucio Gregoretti. Edizioni Musicali: Concertone, Edizioni Curci. Produzione: Rai Documentari, Rai Teche, Luce Cinecittà. Produttore: Antonio Avati per Duea. Interpreti: Francesco Pannofino, Dharma Mangia Woods, Ludovica Rubino, Riccardo Cristofari, Marianna Tornatore, Antonio Ghisleri, Emanuela Rossi, Elisabetta De Vito, Rita Capecchi, Edoardo Di Lerna, Paolo Bonacelli.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog La Cineteca di Caino”]

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