Quasi novant’anni dalla Guerra d’Etiopia
La data ufficiale di inizio della Guerra d’Etiopia, senza che vi fosse stata una formale dichiarazione di guerra, si colloca tra il 3 e il 5 ottobre 1935. Il che vuol dire che, quasi novanta anni fa, il Regno di Italia era impegnato in quella che possiamo considerare l’ultima guerra coloniale di conquista. Le guerre successive fra potenze colonizzatrici e nazioni soggette al colonialismo furono guerre per cercare di mantenere il controllo su questi ultimi.
L’invasione dell’Etiopia da parte dell’Italia era motivata da una combinazione di fattori politici, economici e ideologici. L’Italia, sotto il regime fascista di Benito Mussolini, aspirava a creare un grande impero coloniale per aumentare il prestigio internazionale della Nazione. Mussolini vedeva l’espansione territoriale come un mezzo per rivitalizzare l’orgoglio nazionale e restaurare la grandezza dell’antico Impero Romano cui si ispirava.
Conquistare l’Etiopia, uno dei pochi stati indipendenti rimasti in Africa, avrebbe aumentato il prestigio dell’Italia come potenza coloniale. La conquista avrebbe dimostrato, tra l’altro, la capacità dell’Italia di competere con le altre grandi potenze europee che avevano già vasti imperi coloniali. Inoltre, la sconfitta italiana nella battaglia di Adua nel 1896, durante la Prima Guerra Italo-Etiopica, aveva lasciato una ferita aperta nell’orgoglio nazionale che il regime sarebbe stato ben soddisfatto di poter vendicare. La vittoria su un nemico che aveva inflitto una delle più grandi sconfitte militari a una potenza europea in Africa avrebbe risanato questo orgoglio ferito.
L’Etiopia era considerata ricca di risorse naturali e terre fertili che avrebbero potuto essere sfruttate per migliorare l’economia italiana. La conquista avrebbe anche fornito nuove terre per la colonizzazione da parte degli italiani. In quel momento, sul fronte della politica interna, l’Italia fascista stava affrontando problemi economici e sociali. La guerra avrebbe potuto distrarre l’opinione pubblica dai problemi interni e unire il Paese dietro una causa comune.
L’invasione dell’Etiopia era considerata, in tal senso, come la prova di forza che avrebbe consolidato il suo potere sia a livello nazionale che internazionale in una prospettiva anche di espansionismo e militarismo. Conquistare nuovi territori era visto come un diritto naturale delle nazioni forti e una necessità per la loro sopravvivenza e prosperità.
L’invasione dell’Etiopia ebbe conseguenze significative, tra cui la condanna internazionale e l’imposizione di sanzioni da parte della Società delle Nazioni. Tuttavia, le sanzioni si rivelarono inefficaci e l’Italia riuscì a conquistarla, annettendola all’Impero Italiano e proclamando la creazione dell’Africa Orientale Italiana.
“Non è senza emozione e senza fierezza che, dopo sette mesi di aspre ostilità, pronuncio questa grande parola. Ma è strettamente necessario che io aggiunga che si tratta della nostra pace, della pace romana, che si esprime in questa semplice, irrevocabile, definitiva proposizione: l’Etiopia è italiana”. Con queste parole, il Duce annunciò il 5 maggio 1936 la vittoria.
Fu una vittoria che costò, secondo stime attendibili, circa quattromila morti tra gli italiani di cui la metà per malattie, ma fu anche una guerra che non venne certo combattuta nel rispetto delle regole e della convenzione di Ginevra del 1925.
Vennero infatti usati gas tossici, quali l’iprite, vietati dalla Convezione. L’ordine fu dato da Mussolini e l’esecuzione venne supervisionata da alti ufficiali italiani, tra cui il Maresciallo Pietro Badoglio e il Generale Rodolfo Graziani. Gli aerei italiani sganciarono bombe gas sulle truppe etiopi, sulle posizioni fortificate e sui villaggi colpendo ampie aree e demoralizzando le forze nemiche. Il loro impiego venne giustificato dalle autorità italiane come una necessità tattica per superare la resistenza etiope, che si dimostrava più forte del previsto e il loro uso fu sistematico e parte integrante della strategia italiana.
Una macchia che non viene spesso ricordata.
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