Cronache dai Palazzi
Un viaggio per rinsaldare le relazioni bilaterali alla luce dei vistosi cambiamenti in corso nel mondo contemporaneo. Una visita di Stato che si succede al precedente viaggio in Cina della premier Giorgia Meloni dello scorso luglio. Rilanciare la reciproca fiducia politica, rafforzare la cooperazione e gli scambi culturali e, in un’ottica geopolitica globale, promuovere la stabilità e la prosperità all’interno del sistema mondiale.
La visita di Stato del presidente Sergio Mattarella in Cina, dal 6 al 12 novembre, avviene nel ventesimo anniversario dell’istituzione del Partenariato strategico onnicomprensivo tra i due Paesi. Un Partenariato che in quest’occasione viene rilanciato, mantenendo fermi i valori e i principi a cui il nostro Paese è ancorato.
A proposito di relazioni commerciali, nello specifico, si avverte un forte squilibrio, una consistente sproporzione nella bilancia commerciale a vantaggio della Cina dato che le esportazioni cinesi ammontano a 50 miliardi di euro e quelle italiane a 19. Particolare attenzione anche per quanto riguarda gli investimenti cinesi in Italia, cresciuti in maniera repentina negli ultimi anni come anche gli investimenti italiani in Cina, nell’ambito del Partneriato strategico globale e dell’Accordo Triennale di attuazione sottoscritto nel mese di luglio 2024 in occasione della visita in Cina della premier Meloni.
A un anno dall’abbandono dell’Italia dell’accordo della Via della Seta – firmato nel 2019 dall’allora premier Giuseppe Conte – e dopo la visita a fine luglio del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, Italia e Cina tornano quindi a confrontarsi all’insegna di “un patto di collaborazione crescente da sviluppare insieme”, ha affermato il Capo dello Stato. Diversi i temi in agenda, dalle relazioni commerciali tra i due Paesi alla guerra tra Russia e Ucraina e l’aspro conflitto in Medio Oriente; nello specifico la questione dei dazi, in quanto Pechino ha deciso di ricorrere al Wto per la stretta decisa dall’Europa sull’automotive; ed ancora il dialogo tra il Sud e il Nord del mondo. “Una cooperazione amichevole tra la Cina e l’Italia è nel comune interesse delle parti e contribuirà a promuovere il sano sviluppo delle relazioni tra la Cina e l’Unione europea, oltre che la prosperità e la stabilità globali”, ha affermato la portavoce del ministro degli Esteri di Pechino, Mao Ning, a proposito della visita del presidente Mattarella in Cina e rimarcando che i due Paesi “sono entrambi antiche civiltà ed economie importanti nel mondo”.
Alla luce dei “grandi cambiamenti, intensi e veloci” e delle “grandi sfide per l’Umanità”, nell’epoca contemporanea risulta essenziale riconoscere che la “concordia” è un elemento fondamentale per “un esame comune e convergente dei problemi”, anche se purtroppo “non è questo il clima nella Comunità internazionale”, ha ammonito il Capo dello Stato aprendo l’incontro con il presidente della Repubblica cinese Xi Jiping nella Grande Sala del Popolo. “La Cina è un protagonista fondamentale della vita internazionale ed è un interlocutore importante per l’Italia”, ha sottolineato il presidente Mattarella, aggiungendo: “Abbiamo grande considerazione e fiducia nella grande collaborazione con la Cina”.
La Cina e l’Italia sono “due grandi e antiche civiltà”, ha affermato a sua volta Xi Jiping ribadendo che “nel mondo ci sono cambiamenti mai visti in un secolo” e “l’Italia e la Cina dovrebbero lavorare insieme promuovendo il dialogo per risolvere le divergenze” con l’obiettivo di “superare i conflitti” e arrivare “a una coesistenza armoniosa”. Per il presidente cinese la visita di Stato in Cina del presidente Mattarella “è un’occasione per infondere energia più dinamica nei rapporti bilaterali, per un nuovo punto di partenza”.
Per il presidente Mattarella “porsi gli uni di fronte agli altri è un metodo fecondo”, è “un atteggiamento, che spinge a evadere tentazioni di anacronistici ritorni a un mondo di blocchi contrapposti”. Cina e Italia sono “culle di civiltà millenarie, centri culturali cosmopoliti” che nel corso dei secoli hanno favorito “continue espressioni di ingegno e di creatività, sulla base di un naturale mutuo rispetto”. Si tratta di una “lunga storia di rapporti”, a partire da Marco Polo, del quale quest’anno ricorre il settecentesimo anniversario della morte. “Una storia di curiosità, di stima, di volontà di apprendere dall’altro per crescere e migliorare nel comune interesse. Storia di radici antiche, ma protese con fiducia a un futuro da costruire con il contributo dei nostri popoli”, ha fermamente affermato il Capo dello Stato rimarcando che “per millenni Cina e Italia hanno svolto anche un ruolo significativo nel definire l’idea stessa di civiltà, intesa come realtà complessiva in seno alla quale sviluppo materiale da una parte, e progresso morale e intellettuale dall’altra, avanzano di pari passo”.
Nella sua Lectio Magistralis all’Università Beida di Pechino Sergio Mattarella ha sottolineato, inoltre, come “cinesi e italiani hanno aperto nuovi cammini in ambito economico e commerciale. A partire dall’epoca che noi definiamo Basso Medioevo, e che corrisponde ai regni delle dinastie Song, Yuan e dei primi imperatori Ming, l’Antica Via della Seta ha offerto uno dei primi esempi di mondializzazione. Lungo quel tracciato pionieristico, coraggiosi mercanti viaggiavano attraverso continenti altrimenti lontanissimi. Si scambiavano beni, idee e saperi e, nello scambio, consapevolmente o inconsapevolmente, cambiavano sé stessi e l’altro”.
La cultura, nello specifico, “vive del mutuo arricchimento, non soltanto del riflesso delle radici di ciascuno. Offre gli strumenti per comprendere la natura delle diversità e per godere dei benefici del dialogo”. In definitiva “civiltà e cultura sono pilastri di quella relazione speciale che chiamiamo ‘amicizia’” ha affermato il presidente Mattarella, e di conseguenza sono pilastri della concordia e della pace.
Sono diversi gli “ambiti di collaborazione” nei quali dispiegare ed esprimere concretamente il sapere condiviso, come è stato ampiamente discusso nel corso della terza riunione plenaria del Forum Culturale: iniziative per incentivare nello specifico “legami duraturi in ambito culturale: dagli scambi tra università allo studio delle lingue rispettive, dalla cooperazione tra istituzioni museali, tra teatri ed enti lirici e sinfonici fino alla promozione di un turismo sostenibile sempre più consapevole, valorizzando anche il comune impegno per la tutela dei siti Unesco”. Il fine ultimo è “dispiegare pienamente il potenziale dei rispettivi patrimoni artistici e delle industrie culturali e creative” ciò che “contribuisce anche a rendere più solida la crescita economica”, ha spiegato il presidente Mattarella intervenendo al Forum Culturale Italia-Cina a Pechino.
In particolare “gli italiani, membri fondatori dell’Unione Europea, sono sostenitori dell’importanza dei fenomeni aggregativi tra Paesi che condividono interessi o sensibilità. Ma non contrapposte ad altri”, ha sottolineato Mattarella. “Anzi, occorre sempre preservare un’interlocuzione costruttiva con gli altri, per quanto lontani o diversi, senza alzare ingiustificati steccati. È il senso del multilateralismo, fondato su regole certe, condivise e per tutti vincolanti”.
Il richiamo ai valori dell’Europa torna costantemente nelle parole del Capo dello Stato, come un faro che può contribuire ad illuminare le Civiltà di tutti i tempi, favorendo le condizioni per un mondo più equo e più giusto in cui poter concretizzare il bilanciamento delle relazioni in diversi ambiti: relazioni commerciali, relazioni culturali, relazioni politiche.
In un contesto di relazioni internazionali, nel corso del Consiglio europeo informale di Budapest i 27 Paesi Ue riuniti hanno discusso dell’autonomia strategica e geopolitica dell’Unione europea e delle eventuali ripercussioni dell’elezione di Donald Trump, di eventuali nuovi equilibri e nuove prospettive politiche protezionistiche. I 27 hanno inoltre discusso del Rapporto sulla competitività e il futuro dell’Ue di Mario Draghi.
“Cari colleghi europei, non bisogna avere paura di Trump. Sarebbe un errore imperdonabile. Non dobbiamo alzare barriere preventive” ha affermato Giorgia Meloni nel vertice di Budapest puntualizzando: “Semmai dobbiamo tutti dialogare e costruire relazioni funzionali con la nuova amministrazione di Washington”.
La premier Meloni ritiene che il “problema” non sia Trump e nemmeno “alcune delle cose che ha annunciato” bensì “il vero nodo è la nostra risposta alle sfide che abbiamo di fronte, cerchiamo di concentrarci sul nostro futuro”, sottolinea Meloni. In sostanza prima di preoccuparsi di eventuali dazi sarebbe auspicabile concentrarsi sull’autonomia strategica e geopolitica dell’Unione europea per non rischiare di rimanere isolati. Tra le dispute commerciali irrisolte, congelate dall’amministrazione Biden, quella sull’acciaio europeo e quella sulla web tax intavolate proprio da Trump. Meloni mira nello specifico ad alleggerire il nostro Paese dai dazi orizzontali annunciati da Trump che potrebbero costarci oltre 7 miliardi. Da mesi risulta molto chiara la posizione del nuovo presidente degli Stati Uniti al suo secondo mandato, in sostanza “utilizzare i dazi per ridurre il deficit commerciale degli Usa con l’estero, di fatto alzando i dazi del 10% o 20%. Con la Cina si è parlato anche di dazi del 60% su tutti i loro prodotti”, spiega a sua volta il vicepremier Antonio Tajani.
“Dovremo evitare uno scontro sui dazi parlando e negoziando”, continua il ministro degli Esteri Tajani, rimarcando che “l’interscambio Ue-Usa nel 2023 ha sfiorato gli 850 miliardi di euro, con un saldo commerciale a favore dell’Europa di156 miliardi di euro”. L’Italia, nello specifico, nel 2023 ha registrato un saldo positivo di 40 miliardi di euro. Tajani sottolinea che “gli Usa sono il nostro secondo mercato dopo la Germania. L’export è la vita stessa dell’Italia”. Per di più “Trump ha sempre dimostrato di guardare con occhio attento all’Italia, già in passato ha fatto scelte diverse per noi rispetto ad altri Paesi”, puntualizza il ministro degli Esteri.
In un contesto di relazioni internazionali occorre rendere l’Europa più forte: “Ci vuole più Europa e un’Europa migliore”, spiega Antonio Tajani e la nuova presidenza Trump “potrebbe accelerare una serie di dinamiche politiche”. Un’Europa più forte significa che “deve poter svolgere un ruolo politico, più incisivo nel Mediterraneo, in Medio Oriente e in Africa”. Tutto ciò dovrà avvenire necessariamente in armonia con gli Usa “che non dovranno trascurare scacchieri fondamentali per la stabilità dell’Occidente”. Altro nodo al pettine una Difesa comune per l’Europa, in sostanza creare un “polo europeo dell’Alleanza atlantica che dia dignità politica al nostro continente” e, soprattutto, “permetta alla Nato e agli Usa di avere più forza, senza che l’Europa debba ricorrere esclusivamente all’ombrello americano”.
A ridosso della telefonata tra Meloni e Trump, in una nota Palazzo Chigi esprime chiaramente “la volontà di lavorare in stretto coordinamento su tutti i principali dossier internazionali, a partire dalla guerra in Ucraina e dalla crisi in Medio Oriente, con l’obiettivo comune di promuovere stabilità e sicurezza, anche nel quadro dei rapporti con l’Unione europea”.
L’intenzione è “proseguire il percorso di rafforzamento delle già eccellenti relazioni bilaterali, fondate su valori e principi condivisi”. Il nostro Paese rimane un interlocutore storico e privilegiato degli Stati Uniti. Roma, inoltre, può rivelarsi un “ponte” tra la Casa Bianca e Bruxelles per poter lavorare insieme individuando delle soluzioni per i rapporti commerciali e, in un’ottica geopolitica internazionale, per poter trovare una chiave per la pace ponendo fine ai terribili conflitti in corso, coinvolgendo oltre che i partner europei e americani anche Russia e Cina. In sostanza difendendo il diritto di ogni popolo ad esistere e ad avere uno Stato al quale appartenere.
Tra le parole chiave vi è “apertura”. Come ha puntualizzato il presidente Mattarella nel corso della sua Lectio Magistralis all’Università Beida di Pechino, “nessuno in Europa, men che meno l’Italia, immagina una stagione di protezionismo”: una visione in ambito commerciale che si riflette nei vari campi dell’esistenza dell’intera Umanità, in ambito politico, strategico e culturale. Il “dialogo” rappresenta “un valore” e risulta necessario per risolvere “questioni complesse che riguardano tutti noi”’, tra cui “la tutela e la promozione della dignità di ogni persona”. Non è mai ridondante ribadire i “principi che rappresentano un presidio di civiltà, indipendentemente dai contesti politici, economici o culturali” e, nel contempo, promuovere “comportamenti coerenti con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”. Un impegno che coinvolge l’intera Comunità internazionale, chiamata a vigilare sul “diritto alla pace” e sulla costruzione di un “ordine internazionale giusto” – nei vari settori della vita delle persone (economia, politica, cultura, società) – che costituisca una “aspirazione comune”.
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