Albini africani, una realtà poco nota

Gli africani albini affrontano sfide particolari, spesso legate a discriminazioni sociali, difficoltà sanitarie, e rischi di violenza. In molte culture africane, l’albinismo è associato a superstizioni e credenze che vedono le persone con questa condizione come portatori di sfortuna o, al contrario, di poteri magici. Questo rende gli albini vulnerabili a violenze, soprattutto in paesi come Tanzania e Malawi, dove alcuni credono che parti del loro corpo possano portare ricchezza e fortuna. Oltre alla discriminazione sociale e culturale, gli albini soffrono anche di problemi di salute specifici, come la predisposizione al cancro della pelle a causa della mancanza di melanina e una visione ridotta. In Africa, la prevalenza dell’albinismo è particolarmente elevata rispetto ad altre parti del mondo. Si stima che circa 1 persona su 5.000 in Africa Sub-Sahariana sia affetta da albinismo, con alcune zone dove il tasso arriva fino a 1 su 1.400 (in Tanzania, ad esempio). Secondo organizzazioni come l’ONU e l’Associazione per i Diritti degli Albini (Under the Same Sun), tra il 2006 e il 2020 sono stati segnalati oltre 600 attacchi violenti contro persone albini in 28 paesi africani. Tuttavia, molti di questi casi non vengono denunciati, quindi il numero reale potrebbe essere molto più alto. La mancanza di accesso a cure adeguate espone gli albini africani a un rischio elevato di cancro della pelle. Secondo la Skin Cancer Foundation, circa il 90% delle persone con albinismo in Africa muore di cancro della pelle prima dei 40 anni.

Sull’argomento abbiamo intervistato la dott.ssa Nicoletta Ferrari e Stefano Manservisi per Solidarietà e Cooperazione Senza Frontiere, associazione volta ad opere di promozione umana attiva dal 1984 in Tanzania.

Potrebbe spiegare brevemente che cos’è l’albinismo e come influisce sulla salute delle persone affette?

Nicoletta Ferrari: L’albinismo è mancanza della melanina, è una disfunzione genetica, molto diffusa in Tanzania. Dalla nostra esperienza con i bambini, possiamo dire che influisce principalmente sulla pelle, e sugli occhi. La pelle non solo è molto sensibile al sole e si secca subito, ma è davvero molto delicata e sottile, questo comporta soprattutto nella cute della testa, ferite abrasioni e croste, che vanno tenute curate con creme adatte. Per quanto riguarda gli occhi, devono essere riparati dal sole con occhiali scuri.  La maggior parte delle persone albine soffre di nistagmo, movimento incontrollato dell’occhio.

Stefano Manservisi: Ridotta o mancata produzione di melanina disfunzione genetica (ereditaria?) le persone affette oltre alle problematiche legate alla pigmentazione (colore) della pelle devono affrontare una maggiore “debolezza” della pelle con maggior rischio di contrarre infezioni anche da piccole lesioni cutanee e problemi di vista dovute alle problematiche retiniche.

Quali sono le principali difficoltà sociali che gli africani albini incontrano nella vita quotidiana?

NF: I bambini sono i più a rischio, perché c’è un vero mercato degli organi, il rischio purtroppo non è solo dell’albino ma della propria famiglia e a volte della stessa comunità. Per questo gli albini fino a poco tempo fa rimanevano nascosti. Venivano soprannominati fantasmi (zuru zuru), perché era rarissimo vederne in giro. Le superstizioni, gli stregoni alimentavano la credenza che gli albini vivi portavano sfortuna e che parti di corpo di bambini in talismani magici poteva servire per diventare potenti e ricchi. Soprattutto nelle miniere di oro.

SM: Rischi alla incolumità personale affette (vita in casi estremi) a causa delle superstizioni ancora diffuse soprattutto nelle aree rurali, isolamento sociale, per i bambini difficoltà di integrazione sociale, problematiche legate alla maggiore possibilità di contrarre malattie o infezioni correlate difficoltà di apprendimento legate alle difficoltà visive.

Quali sono i principali pericoli per gli albini in Africa? Come influiscono le credenze superstiziose su queste minacce?

NF: Sicuramente la mutilazione di arti, questo è ancora un grande pericolo, in dieci anni le cose sono cambiate moltissimo e si sono fatti tanti passi avanti, tanto che ora soprattutto nelle città è facile incontrare albini. Cosa che solo dieci anni fa era impensabile. Ma purtroppo soprattutto nei villaggi la credenza e le superstizioni sono difficili da cancellare.

SM: Nonostante il miglioramento in generale e principalmente nelle aree urbane e dove la popolazione ha maggiore e più facile accesso all’istruzione, le persone affette da albinismo continuano a correre rischi relativi all’isolamento sociale e alle persecuzioni legate alle superstizioni.

Ci sono organizzazioni o associazioni in Africa che lavorano per proteggere e sostenere gli albini? Può descriverne alcune?

NF: In Africa le diocesi e le arcidiocesi sono state le prime a prendere in considerazione seriamente il problema, l’arcidiocesi di Tabora con l’arcivescovo Paoul Ruzoka è stato il nostro primo incontro con questa realtà terribile.  Da quando abbiamo aperto la missione ci confrontiamo anche con un’altra organizzazione ONG STANDING VOICE che si trova al nord Mwanza dalla quale riceviamo supporti come i cappelli, le creme le visite alla pelle dei nostri bambini. Questa organizzazione è un punto di riferimento per gli albini in Tanzania, dove vengono aiutati soprattutto per la salute della pelle.

SM: Conosco solo la realtà all’interno della quale operiamo anche noi come associazione, in Tanzania,  a seguito dello stimolo impresso dalla diocesi cattolica di Tabora (regione dove l’albinismo appare diffuso , nonostante la mancanza di studi specifici) si è costituita a partire dal 2010 una “rete” di associazioni ed enti sia locali (diocesi, parrocchie) che internazionali che si sono attivate su un progetto integrato di sostegno e reintegrazione sociale per i bambini e le persone affette da albinismo nella regione di Tabora.

Come influisce la mancanza di accesso a trattamenti medici specifici (come creme solari e controlli regolari per la pelle) sulla qualità della vita degli albini in Africa?

NF: Influisce moltissimo, se ci rendiamo conto che vivano in un luogo dove il loro principale killer è il sole. È per questo che organizzazioni come Standing voice per la popolazione albina è un aiuto non solo a livello medico, ma anche di accoglienza nelle varie problematiche che possono contrarre gli albini.

SM: Certamente influisce sulla qualità della vita delle persone affette ma credo che sia solo una parte delle effettive problematiche che devono affrontare le persone affette da albinismo e che riguardano prevalentemente aspetti educativi, sociali e psicologici oltre che medici.

In che modo le istituzioni locali e internazionali potrebbero intervenire per migliorare la situazione?

NF: Dando prima di tutto protezione agli albini, e poi l’informazione, si è fatto molto in questi dieci anni, portando a conoscenza il problema, lavorare sulla integrazione, sulla educazione e istruzione. Proprio come abbiamo fatto noi, dalla materna alle elementari e un inserimento nella comunità locale, ha fatto si che i i nostri bambini albini possano partecipare in modo attivo a tutte le attività della comunità e della parrocchia (feste, organizzazioni di celebrazioni etc) senza essere discriminati.

SM: Sarebbe importante avviare studi e ricerche specifiche sul problema dell’albinismo coordinati per i diversi stati su base statistica (non è chiara al momento l’entità numerica dei soggetti coinvolti); medico – epidemiologica per meglio comprendere le problematiche anche correlate ed indotte o indirette e infine psicologia e sociale.

Ha qualche esperienza personale o storia che vorrebbe condividere sulle difficoltà affrontate dagli albini?

NF: Gli albini hanno difficoltà nel socializzare e inserirsi nel tessuto sociale, perché diffidenti, gli albini vivono con la paura di non essere accettati.  Ecco perché credo che solo la scuola e l’istruzione possa cambiare questa situazione e favorire l’integrazione.

SM: Le notizie degli episodi violenti ai danni dei bambini albini e delle loro famiglie in Tanzania ha certamente influito in modo decisivo sulla decisione di contribuire ai progetti in corso per il sostegno e la integrazione sociale dei bambini albini a Tabora in Tanzania.

Quanto è diffuso il problema delle aggressioni contro persone albini in paesi come la Tanzania?

NF: Le aggressioni negli ultimi anni sono diminuite, si sta lavorando in questo senso, anche se a maggio di quest’anno un altro bambino è stato vittima di un attacco al nord della Tanzania, ma i media locali hanno dato la notizia.  All’inizio nella nostra missione è stato difficile, andavamo a scuola con la guardia armata, ci sono voluti anni prima di una vera integrazione con la comunità che ci ha accolti.

SM: Nonostante una maggiore consapevolezza da parte della popolazione in merito al problema ed una maggiore sensibilità in merito dimostrata recentemente anche dal governo del paese, purtroppo episodi violenti e cruenti continuano periodicamente ad essere riportati.

Quali passi concreti sono stati fatti, se ce ne sono, per migliorare la protezione e il supporto per le persone con albinismo?

NF: Lo stato ha aperto dei centri dove ha rinchiuso tanti bambini e ragazzi, per poterli proteggere, quella però non è stata una soluzione per salvarli ma direi invece un modo per isolarli.   (documentario ARTE REPORT l’infanzia rubata agli albini). Devo dire che si è presa consapevolezza del problema, lo stato ha dato la possibilità di aprire piccoli centri educativi per l’inserimento e l’inclusione degli albini. Appoggiando realtà come le nostre si dà la possibilità agli albini di studiare e integrarsi nella società.

SM: Da parte governativa una certamente maggiore consapevolezza e l’inserimento all’interno del governo di persone affette da albinismo, progetti per l’inserimento delle persone affette da albinismo in speciali percorsi protetti per l’accesso al lavoro presso la pubblica amministrazione. Diffusione di progetti come il nostro che non si occupano solamente di procurare creme per la pelle (pur necessario) e occhiali da sole (che vengono percepiti dai soggetti affetti come ulteriormente emarginanti e quindi solitamente rifiutati pur essendo necessari) ma volti alla effettiva integrazione sociale ed educativa inserendo i bambini albini in percorsi educativi e scolastici comuni dove anche i bambini non affetti da albinismo possano venire educati alla inclusività ad alla accettazione delle persone “diverse” ed evitare di cadere vittime di ignoranza e superstizioni.

Cosa possono fare le comunità internazionali e i cittadini di altri paesi per sostenere la causa degli africani albini?

NF: Interessarsi al problema di questa minoranza, e aiutare le organizzazioni locali che si occupano di questo problema a svolgere il loro lavoro, proprio come hanno fatto Le suore della Provvidenza per l’infanzia abbandonata, Agata Smeralda e Solidarietà e Cooperazione.

SM: Sostenere ed incentivare economicamente ed amministrativamente progetti integrati volti alla educazione, integrazione sociale e supporto alle persone affette e alle loro famiglie, sostegno ed incentivazione di progetti di ricerca sul problema dell’albinismo al fine di meglio comprendere e definire cause, diffusione ed entità del problema per meglio indirizzare i progetti diretti al sostegno delle persone affette e di sensibilizzazione / educazione della popolazione non affetta.

Ci sono progressi nella sensibilizzazione e nell’educazione delle comunità locali sui diritti e le difficoltà degli albini?

NF: Posso parlare della realtà che viviamo noi a Ceyo B, la comunità ha avuto il coraggio di accettare questo progetto, e qui devo dire che gli albini hanno portato sviluppo. La nostra comunità ha visto con i loro occhi tutto il lavoro che siamo riusciti a fare insieme, ed ora si trovano ad avere anche per i loro figli scuole di eccellenza. La cosa bella di questo progetto che è partito da loro, nessuno si è permesso di andare a salvare i bambini albini, ma è stata la comunità con l’arcidiocesi a portare alla luce questo orrore, e si è cominciato a lavorare insieme. Le scuole sono gestite da un consiglio scolastico fatto da persone della comunità. Questo è importantissimo perché sapranno portarlo avanti.

SM: A parte quello dove siamo direttamente coinvolti noi con le altre associazioni e enti della “rete” di Tabora non ne ho notizia. Per ora ho solo notizia di piccoli progetti volti alla raccolta di farmaci specifici, occhiali da sole e berretti (!) che vengono poi invia sul posto per la distribuzione a cura di associazioni o enti già presenti ma per altri progetti o scopi.

Come viene trattato questo tema nei media africani e internazionali?

NF: Grazie a Dio se ne parla, ora quando ci sono aggressioni a bambini albini, i media non lo nascondono più e danno la notizia.

SM: Marginalmente e superficialmente e prevalentemente in occasione di eventi violenti.

Quali sono le principali sfide nel far rispettare leggi che proteggano gli albini, laddove esistono?

NF: Educare- educare- educare, l’istruzione è una arma potente.

SM: Educazione ed istruzione, in particolare verso criteri di comprensione, condivisione ed inclusività, e di denuncia ed opposizione alle superstizioni ed allo sfruttamento commerciale e criminale che ne deriva.

Quali misure preventive potrebbero essere adottate per garantire sicurezza e benessere agli albini in Africa?

NF: Principalmente a livello sanitario, avrebbero bisogno di essere seguiti in un percorso sanitario di visite di dermatologia e oculistica. Poter migliorare l’accesso alle cure, e uno studio per quanto riguarda le mattie di tumore. È molto difficile che un albino riesca a trovare lavoro anche perché gli albini fino a pochi anni fa non andavano a scuola, per paura di essere uccisi. Per quanto riguarda i nostri ragazzi l’arcidiocesi sta lavorando con le autorità governative per aiutarli una volta usciti dalle scuole secondarie o università a una collocazione di lavoro statele. Questo sarebbe davvero un grande messaggio di integrazione e che l’albino è considerato uno del popolo, cadrebbe il pregiudizio e sarebbe davvero un passo avanti.

SM: Formazione ed informazione del personale scolastico e degli educatori sul problema dell’albinismo, attivazione di percorsi di accesso protetti all’istruzione ed al lavoro per una maggiore integrazione sociale delle persone affette da albinismo. Maggiore controllo e lotta alla criminalità ed ai commerci illegali collegati alle superstizioni e credenze sull’albinismo.

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