Eroi di un giorno: Totò Schillaci
Oggi avrebbe compiuto sessant’anni e, invece, ci ha lasciati da poco. Salvatore Schillaci, meglio noto come Totò, è il calciatore che, in un’estate del 1990, riuscì a conquistare i cuori degli italiani e a lasciare un’impronta indelebile nella storia del calcio.
Schillaci era nato a Palermo il 1º dicembre 1964 e scomparso solo il 18 settembre di quest’anno, è stato l’emblema di quel sogno infranto ai rigori contro l’Argentina nelle semifinali dei Mondiali di Italia ’90, ma anche il simbolo di una speranza collettiva e di un entusiasmo che unì un’intera nazione.
Non fosse stato per Italia ’90, oggi probabilmente Schillaci sarebbe un nome noto solo agli appassionati del calcio italiano e della sua amata squadra, il Messina, con cui iniziò la carriera. Ma quel Mondiale giocato in casa, davanti a un pubblico che fremeva di orgoglio e attesa, trasformò Totò in un’icona nazionale.
Arrivato quasi come un outsider, riuscì insieme a Roberto Baggio a scavalcare nelle gerarchie, che vedevano attaccanti titolari Vialli e Carnevale, Schillaci si rivelò il protagonista assoluto, realizzando sei reti e diventando il capocannoniere e il miglior giocatore della competizione. Con il suo gol esplosivo e la sua gioia contagiosa, divenne il volto dell’Italia calcistica di quell’anno. Il suo grido con gli occhi iniettati di qualcosa che forse capiva soltanto lui, fece sperare che si potesse ripetere in finale l’urlo di Tardelli a Madrid nel 1982.
Italia ’90 rimane un torneo leggendario nella memoria collettiva e Totò Schillaci fu senza dubbio la sua stella. Grazie alle sue performance eccezionali, raggiunse il secondo posto nella classifica del Pallone d’Oro 1990, superato solo dal tedesco Lothar Matthäus, che vinse il trofeo anche grazie alla vittoria della Germania in quella stessa competizione. Schillaci entrò così nel gotha del calcio internazionale, anche se il resto della sua carriera non riuscì a raggiungere le vette di quel magico torneo e, forse, anche di prestazioni precedenti.
Dopo il Mondiale, Schillaci giocò per la Juventus e l’Inter, ma senza riuscire a replicare lo stesso impatto. Lasciò il calcio europeo nel 1994, proseguendo la carriera in Giappone, primo italiano in assoluto e accolto come un novello imperatore, ed ancora oggi è ricordato con affetto dai tifosi del Jubilo Iwata. Totò chiuse la carriera da professionista lontano dai riflettori internazionali, e tornò in Italia come un ex eroe di una notte d’estate, un “eroe di un giorno”, simbolo di un’Italia che sperava, lottava e sognava.
Oggi, nel giorno del suo sessantesimo compleanno, celebriamo Totò Schillaci non solo per i gol e le vittorie, ma per ciò che rappresentò: la bellezza e la fragilità anche fuori dal campo, di un sogno realizzato, una stella che brillò forte e inaspettata.
Non ha raggiunto centinaia di presenze in campionato ’eroe di un giorno, ha scelto il giorno buono per brillare: non solo per le sue reti, ma per aver saputo trasformare un momento in un sogno collettivo, insegnandoci che, anche se fugace, la grandezza può trovarci quando meno ce lo aspettiamo.
Non è detentore di record di gol o presenza in campionato o nelle coppe europee. Ha vinto relativamente poco in Italia e i suoi gol in serie A sono lontani dal bottino realizzato con il Messina e in Giappone, ma è e rimane un’icona, tra le meteore e gli eroi di un giorno.
Ma ha scelto il giorno buono per brillare: non solo per le sue reti, ma per aver saputo trasformare un momento in un sogno collettivo, insegnandoci che, anche se fugace, la grandezza può trovarci quando meno ce lo aspettiamo. E per quei giorni viene ricordato.
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