Camera di Consiglio

IL MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE INERTE NEGLI STUDI – Il caso in esame trae origine da un ricorso proposto da un padre il quale chiedeva la revoca del versamento dell’assegno di mantenimento nei confronti dei figli. La figlia, infatti, aveva contratto matrimonio e aveva creato, dunque, un proprio nucleo familiare, mentre il figlio continuava ad essere studente fuori corso da ben sette anni. L’ex moglie ed i figli si costituivano in giudizio: mentre la prima aderiva alla richiesta, il figlio assumeva di non aver potuto portare a compimento gli studi universitari proprio per l’inadempimento del padre al suo obbligo di contribuire, nella misura del settanta per cento, al pagamento delle tasse universitarie.

Il Tribunale accoglieva la domanda, revocando ogni onere economico del padre nei confronti di entrambi i figli. Di talchè il figlio proponeva reclamo, tuttavia la Corte di merito riteneva che la mancata conclusione del percorso universitario, unitamente all’età del figlio, che non si era in alcun modo determinato a raggiungere una propria autonomia e indipendenza economica, costituivano elementi idonei a far venire meno in capo allo stesso il diritto al mantenimento.

Del caso di specie veniva investita la Corte di Cassazione che cassava con rinvio alla Corte d’Appello competente in separata composizione, che rigettava nuovamente il ricorso. La Corte, infatti, ribadiva come il padre avesse omesso di versare parte delle tasse universitarie soltanto per il biennio 2018-2019, per un totale di Euro 1.034,60, oggetto di ingiunzione da parte del Giudice di Pace. Dal canto proprio, il figlio non aveva giustificato (se non adducendo il parziale adempimento del padre), il mancato raggiungimento in termini ragionevoli dell’obiettivo rappresentato dal completamento degli studi universitari.

Madre e figlio ricorrevano nuovamente per Cassazione, che riteneva il ricorso infondato. La Suprema Corte ribadiva come in sede di Appello correttamente i giudici avevo ritenuto sufficientemente comprovate le altre ragioni allegate da madre e figlio, inerenti alla frustrazione derivante dall’abbandono paterno e allo stress per le azioni giudiziarie intentate per costringere il padre all’adempimento dei propri doveri, per giustificare l’inerzia nel completamento degli studi.

La Suprema Corte ribadiva il principio oramai granitico secondo il quale: “i principi […] secondo cui, con il raggiungimento invero di un’età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, è ampiamente concluso, la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali, od oggettive quali le difficoltà di reperimento o di conservazione di un’occupazione), costituisce un indicatore forte d’inerzia colpevole. Ne consegue che gli ostacoli personali al raggiungimento dell’autosufficienza economico reddituale, in una fase di vita da qualificarsi pienamente adulta sotto il profilo anagrafico, devono venire puntualmente allegati e provati, se collocati all’interno di un percorso di vita caratterizzato da mancanza d’iniziativa e d’impegno verso un obiettivo prescelto”.

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