USA, Europa, Italia

In Italia raramente il dibattito di politica estera prende il sopravvento su quello di politica interna. Tuttavia, in questo scorcio di inizio d’anno la congiunzione tra l’affare Sala e l’imminente insediamento di Trump, il cambio ai vertici delle strutture amministrative dell’apparato di sicurezza nazionale ha creato una situazione complessa i cui sbocchi sono imprevedibili forse anche nell’immaginazione della Premier che sembra aver preso direttamente in mano le redini di questi vari dossier.

Innanzitutto, perché è difficile pensare che la chiave per la liberazione di Sala si trovi a Washington ancor di più dopo il 20 gennaio. Non solo perché il regime teocratico di Teheran è inviso fin dalle origini agli Americani, ma anche perché nella sua scorsa preAmministrazione si oppose agli accordi negoziati sotto la presidenza Obama (con Cina, Russia, Regno Unito, Francia, Germania e Iran) che avrebbero creato le condizioni per l’inserimento di un Iran pacifico nel contesto internazionale.

Intendiamoci, stabilire buoni rapporti con la nuova Amministrazione americana è un dovere che in Europa incombe a tutti e il Governo italiano è in ottima posizione presentandosi come il più solido e capace di interloquire col futuro inquilino della Casa Bianca. Trump, tuttavia, non nasconde la sua inaffidabilità verso l’Europa (e non solo) dato che a destra e a manca lascia perplessi per le sue idee di rottura del convivere internazionale stabilito dopo la Seconda Guerra Mondiale. L’idea che i territori si possano comprare (se non conquistare come sarebbe nel caso della Groenlandia o di Panama) o che il secondo Paese più esteso al mondo (cioè, il Canada) possa diventare il cinquantunesimo stato della confederazione americana, fanno parte di una logica gretta che nel gioco dell’equilibrio delle potenze che ha caratterizzato i rapporti tra gli Stati dal XVII secolo, è stata foriera di guerre imposte dalla logica dell’equilibrio delle potenze.

I tempi sono quindi quantomeno incerti, dobbiamo essere pronti ad affrontare una amministrazione della Casa Bianca che approfondirà ancor più la frattura con i vecchi schemi; per due motivi. Il primo è che Trump difficilmente potrà immaginarsi ricandidabile e quindi si sentirà svincolato dall’elettorato che dovrà decidere tra quattro anni il successore; il secondo motivo è che l’amministrazione che si sta per installare a Washington gode di un consenso nel Partito repubblicano e nei maggiori centri del potere economico e dei media americani molto maggiore rispetto al primo mandato di Donald Trump.

L’augurio è che a Bruxelles, a Roma e a Varsavia – visto che siamo entrati nel semestre di presidenza polacca dell’Unione Europea – si mantenga una visione lucida e non si ceda alle lusinghe con cui Trump cercherà di dividere l’Europa.

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