Cronache dai Palazzi
Non si intravede alcun rimpasto all’orizzonte. Ogni ministro rimane al proprio posto. In particolare, Piantedosi “è un ottimo ministro dell’Interno”, risponde la premier Giorgia Meloni ai giornalisti nel corso della tradizionale conferenza stampa di fine anno, che quest’anno è stata di inizio anno. I pilastri del governo, al di là delle incombenze quotidiane e materiali, rimangono Premierato “da approvare entro fine mandato, con una legge elettorale, tarata su questo”; Autonomia e separazione delle carriere.
Primo voto in Aula a proposito della separazione delle carriere; l’esecutivo procede il proprio iter nonostante la bocciatura della riforma costituzionale da parte del Consiglio superiore della magistratura che ha lanciato un allarme con un parere che rileva “nodi problematici che sarà necessario sciogliere”. Da qui la necessità di un “cambio di paradigma” dagli effetti “difficilmente pronosticabili”, a proposito di un testo che “veicola un’idea di deficit di imparzialità” dei giudici. “Come si può dichiarare incostituzionale una riforma costituzionale che non tocca i primi dieci articoli della Carta?” ha affermato il viceministro Francesco Paolo Sisto.
Il governo continua, infatti, il proprio percorso e, pur rispettando il parere del Csm, rimarca la necessità di “rispettare il volere degli elettori”, ha sottolineato il ministro della Giustizia Carlo Nordio, con l’intenzione di mantenere un clima disteso all’interno della maggioranza, in particolare dopo i malumori di Forza Italia per quanto riguarda l’emendamento di Enrico Costa che modifica il testo della riforma, tagliando via il sorteggio per i soli componenti laici del Csm. “Abbiamo voluto ricomporre la dialettica interna, il provvedimento deve essere blindato, eventuali correzioni porterebbero allo slittamento di questa che è la madre di tutte le riforme”, ha affermato il ministro Nordio. Da Forza Italia assicurano: “Abbiamo voluto dare un segnale. Si procederà con legge ordinaria”.
Forza Italia dice inoltre no al terzo mandato dei governatori delle Regioni. Considerando il caso della Campania, in particolare, Palazzo Chigi promuove la questione di legittimità dinanzi alla Corte costituzionale. “Partendo dal caso della Campania c’è un tema di metodo”, ha puntualizzato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso della conferenza stampa annuale con i giornalisti. “Gli uffici di Palazzo Chigi hanno fatto una ricognizione per gli approfondimenti per capire, in base all’articolo 122 della Costituzione, se la questione sia una questione che compete allo Stato nazionale o se le Regioni siano in grado o sia nella facoltà delle Regioni di autodeterminarsi. La nostra conclusione è che la questione riguarda un principio fondamentale e quindi la materia di competenza è dello Stato nazionale”, ha spiegato la premier.
Nello specifico l’articolo della Carta costituzione italiana al quale fa riferimento la presidente del Consiglio (articolo 122, parte II sull’ordinamento della Repubblica, Titolo V che riguarda Regioni, Province e Comuni) dispone che il sistema d’elezione del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale e dei consiglieri regionali – come anche i casi di ineleggibilità e di incompatibilità delle suddette figure – sia disciplinato da una legge della Regione ma “nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con la legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi”.
Secondo la Campania è il Consiglio regionale che deve decidere e il governo insiste sulla necessità di far riferimento ad una serie di norme e orientamenti nazionali. Sussiste, dunque, un conflitto intersoggettivo tra Stato e Regione. In definitiva, in tale situazione il governo, ritenendo che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale. Ed è ciò che accadrà in questo caso.
Tornando al Paese reale le opposizioni hanno puntualizzato che nel corso delle “due ore di conferenza stampa” siano state ‘dimenticate’, praticamente, “le condizioni di vita degli italiani”, come ha affermato la segretaria dem Elly Schlein. Ed ancora “non una parola sulle infinite liste di attesa nella sanità pubblica” – ricordando le parole del presidente Mattarella nel suo tradizionale discorso di fine anno – “sulle bollette sostenibili per le famiglie e le imprese, sulle pensioni che volevano portare a mille euro e invece aumentano di 1,80 euro, sul salario minimo negato a 4 milioni di lavoratrici e lavoratori poveri, sulle accise che aveva promesso di abolire e sulla paralisi dei trasporti pubblici che fanno partire l’Italia con un’ora di ritardo tutti i giorni”, ha ammonito Schlein. Altro tasto dolente la questione Starlink. “La verità è che Meloni, si è fatta portavoce di Trump e Musk, senza mai raccontare quale sia lo stato delle trattative in corso sulla vicenda Starlink”, ha ammonito il capogruppo dem a Palazzo Madama Francesco Boccia. Per Enrico Borghi di Italia viva “Meloni esalta Musk e il suo modello tecnofinanziario privatistico monopolista, rischiando in questo modo di provocare una rottura interna all’Europa”.
Meloni, a sua volta, risponde che “la lente” attraverso la quale il governo italiano prende in considerazione eventuali scenari è esclusivamente “l’interesse nazionale”. Giorgia Meloni ha inoltre minimizzato le apparenti pretese imperialiste della prossima presidenza Trump e, molto probabilmente, si appresta a volare di nuovo verso gli Usa per essere presente a Washington il 20 gennaio.
Premierato, Autonomia e Giustizia sono le riforme in cantiere e in divenire da portare avanti nell’anno 2025 appena iniziato in maniera impegnativa con la vicenda Sala, un’operazione gestita nel migliore dei modi da Palazzo Chigi e per la quale la premier italiana si è spesa in prima persona con grande senso di responsabilità e senso della Nazione. Una vicenda che ha per pochi ma duri giorni messo d’accordo maggioranza e opposizione per portare a casa la giovane connazionale nel più breve tempo possibile, come poi è accaduto grazie alle capacità e all’impegno delle istituzioni italiane e dei suoi validi funzionari. Un magistrale “gioco di squadra”, un “capolavoro diplomatico” portato a termine in virtù di una sapiente gestione delle relazioni e delle informazioni.
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