Camera di Consiglio
L’OBBLIGO DI CUSTODIA DELL’AUTOFFICINA – Il caso in esame trae origine da una controversia tra un cliente e l’officina presso la quale quest’ultimo aveva portato a riparare la propria automobile. Secondo costui, sarebbe stato asportato il motore della vettura, costringendolo ad acquistare una nuova automobile, lasciando in officina la vecchia.
L’officina diffidava il cliente, intimandogli di riprendersi l’automobile e pretendendo, nel contempo, i canoni di deposito e custodia dal 2009 al 2012, anno di effettivo ritiro della macchina. In difetto di pagamento, l’officina agiva in giudizio, ma in primo grado il Giudice riteneva che tra le parti non si fosse concluso un contratto a titolo oneroso di deposito, bensì di prestazione d’opera per la riparazione della vettura. In secondo grado veniva confermata tale decisione, sul presupposto che non vi fosse alcuna prova di un contratto di deposito oneroso tra le parti.
La lite, dunque, approdava avanti la Suprema Corte. Il ricorrente sosteneva, in particolare, che nel caso di affidamento di un veicolo ad una officina per la sua riparazione, si perfezionerebbe un contratto misto, avente il contenuto di una prestazione d’opera, ma anche del deposito, con la conseguenza che non si potrebbe negare che fosse sorto un obbligo di custodia della vettura e che la relativa prestazione andasse, in quanto adempiuta, remunerata. Pertanto, riteneva che i Giudici di merito avessero errato nel ritenere l’obbligazione di custodia avrebbe dovuto ritenersi gratuita.
Il ricorso veniva ritenuto del tutto infondato: le corti di merito avevano, infatti, correttamente qualificato il contratto non come di deposito tipico, bensì di prestazione d’opera, sulla base del fatto (non contestabile) che la vettura era stata affidata all’officina per le riparazioni e non per essere semplicemente custodita. Allo stesso modo, i Giudici avevano correttamente ritenuto che in un contratto simile la prestazione di deposito doveva ritenersi accessoria a quella principale di riparazione
Rappresentava la Suprema Corte, dunque, che l’interesse delle parti doveva ritenersi la riparazione della vettura dietro corrispettivo, prestazione rispetto alla quale quella di custodia deve ritenersi meramente accessoria. Pertanto, l’officina ed il meccanico hanno l’obbligo di custodire l’automobile e ne rispondono in caso di furto o perimento del veicolo medesimo e ciò in conseguenza dell’obbligazione di custodia, strumentale a quella principale di prestazione d’opera. La Cassazione, dunque, rigettava il ricorso.
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