Cronache dai Palazzi
Una lectio magistralis sull’Unione europea – funzioni e significato dell’Ue – all’interno dell’università di Messina dove il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato insignito del Dottorato honoris causa in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni. Una lectio doctoralis nello specifico, nella quale il Capo dello Stato ha espresso in maniera magistrale limiti e potenzialità dell’Unione.
“La limitata coscienza politica che l’Unione ha di sé stessa condiziona il suo operare concreto e la rende troppo spesso non adeguatamente risoluta – e quindi tempestiva – dinanzi alle sfide che gli Stati e i popoli europei si trovano ad affrontare”, ha ammonito il presidente Mattarella. Nello scenario contemporaneo, avverte il Capo dello Stato, “quanto avviene a livello internazionale, dove prevalgono dinamiche fortemente conflittuali e perfino distruttive”, si avverte la necessità “della comunanza di valori e principi che rendono gli Stati europei naturalmente vicini e necessariamente solidali nell’affermare i valori di democrazia, dignità umana, libertà, equità sociale, pace”.
Ci troviamo in una fase di emergenza e occorre uscire dalla passività. L’analisi del presidente della Repubblica diagnostica tre “assenze” fondamentali: 1) uno spazio politico europeo effettivamente integrato; 2) soggetti politici realmente di livello europeo; 3) un’opinione pubblica che non sia una semplice sommatoria delle diverse sensibilità nazionali.
L’Unione, in sostanza, si costruisce e si è costruita in particolari momenti di crisi, fin dalle sue origini, dato che l’Unione è nata sulle ceneri dei due conflitti mondiali, in particolare a ridosso della Seconda guerra mondiale, con l’auspicio di “una pace solida e duratura”, che sarebbe stata per l’appunto la base fondante dell’Europa.
In tempi recenti, a proposito del superamento delle crisi, l’Unione si è fatta carico di altre “scelte coraggiose” come il Next generation Ue e le diverse misure per contenere la pandemia, “che hanno superato concezioni miopi dell’identità e dell’interesse nazionale”.
Il cambiamento climatico, la crisi energetica, la carenza di materie prime essenziali per lo sviluppo tecnologico, i movimenti migratori, la transizione digitale, la difesa, la cybersicurezza sono solo alcune delle questioni chiave da affrontare e per cui è auspicabile instaurare “l’interazione tra parlamenti, esecutivi e amministrazioni nazionali, europee e, se possibile, sovranazionali”. Non è la cosa più semplice arrivare alla concretizzazione di una tale configurazione ma corrisponde ad “uno stato di necessità”.
Agire nel concreto è la chiave, soprattutto quando si parla di Amministrazione. In questo contesto una delle iniziative “concrete” messe in campo dall’Unione è “la recente Comunicazione della Commissione sul rafforzamento dello spazio amministrativo europeo”, istituita il 25 ottobre 2023 con la visione che “per l’attuazione dell’agenda politica europea siano essenziali pubbliche amministrazioni di alta qualità, capaci e resilienti negli Stati membri”.
La suddetta Commissione ha per l’appunto messo a terra “un piano in favore delle amministrazioni nazionali” che si fonda su “tre pilastri” essenziali. In primo luogo “l’agenda per le competenze della pubblica amministrazione” che ha l’obiettivo di “promuovere la cooperazione tra le amministrazioni, a tutti i livelli” per poter implementare “lo sviluppo della forza lavoro”. In secondo luogo, occorre essere consapevoli delle nuove capacità tecnologiche e in questo contesto si inserisce “il decennio digitale europeo”, con l’obiettivo di “rafforzare la capacità delle amministrazioni in vista della loro trasformazione digitale”. In terzo luogo “la transizione verde”, e quindi la necessità di rendere le amministrazioni più forti e capaci anche in questo campo a proposito di crisi energetica, cambiamento climatico e ambiente in generale.
Alla luce degli ultimi fatti assume una particolare rilevanza il tema della criminalità. “La criminalità viene contrastata con maggiore efficacia, aumentando la nostra sicurezza, in conseguenza delle diverse forme di cooperazione rafforzata che siamo riusciti a realizzare tra le forze di polizia dei Paesi membri”. Tutto ciò non vuol dire “ignorare i limiti delle regole europee”, bensì occorre consapevolezza e impegno per “rimuovere” e “superare” tali limiti, “agendo con sempre maggiore efficacia per migliorare il funzionamento delle istituzioni dell’Unione”. In questo contesto, analizzando l’assetto attuale dell’amministrazione europea e i principi impressi nella Carta dei diritti fondamentali si va incontro ad una “progressiva convergenza tra ordinamento europeo e ordinamenti nazionali”.
Nello specifico “l’ordinamento europeo è andato incontro ad un progressivo accrescimento di tali interazioni, dimostrando di essere un sistema aperto, flessibile, capace di individuare nuove soluzioni e nuove forme organizzative e procedimentali”. A ridosso degli ultimi eventi, in tema di giustizia occorre inoltre considerare gli organi sovranazionali e l’importanza fondamentale di una giustizia internazionale alla quale appellarsi, che svolga le sue funzioni essenziali in maniera coerente ai Diritti umani universali.
In definitiva, l’Unione europea non è “un soggetto estraneo” ai singoli Stati membri, bensì “il prodotto della loro interazione e cooperazione, costruita nel tempo sulla base di scelte democraticamente assunte, volontariamente, dai parlamenti e dai governi nazionali; e dalle istituzioni europee”, diventate tali “costituite ed operanti per volontà e con il contributo fondamentale degli Stati nazionali”.
È necessaria la “consapevolezza” a proposito del fatto che “gli Stati europei singolarmente non sono in grado di fornire risposte adeguate alle sfide del presente” e solo uniti è possibile concretizzare pace e benessere nei vari campi della vita sociale, politica, economica: sfide ambientali e sfide tecnologiche; una difesa comune e sistemi di sicurezza sempre più efficienti. Nel campo finanziario ed economico, in particolare, una delle sfide più importanti è generare innovazione e non solo nuove regole o norme.
“Alla base della posizione di debolezza dell’Europa nel campo delle tecnologie digitali c’è una struttura industriale statica che produce un circolo vizioso di bassi investimenti e bassa innovazione”, osserva Mario Draghi nel suo rapporto su Il futuro della competitività europea. Da economista attento alle istituzioni Draghi individua a sua volta ulteriori limiti del mercato unico europeo: “La frammentazione del mercato unico impedisce alle imprese innovative che raggiungono la fase della crescita di fare il salto di scala nell’Ue, il che a sua volta riduce la domanda di investimenti”. In sostanza per “accelerare l’adozione di tecnologie avanzate” il mercato unico deve raggiungere un certo volume di imprese. Alla fin fine l’essenziale consiste nel giusto compromesso tra economia e democrazia, alla luce dei cambiamenti dell’esistente. L’innovazione tecnologica, nello specifico, non è e non dovrebbe essere un diktat ma, di certo, l’Europa non può essere spettatrice e, nel peggiore degli scenari, trasformarsi in oggetto di spartizione all’interno di eventuali competizioni geopolitiche. Nel contempo, per costruire un futuro di pace, libertà, benessere ed equità sociale sarà auspicabile che il nuovo capitalismo digitale sia conforme ai principi della democrazia liberale, essenza dell’Europa unita e di tutto il mondo occidentale.
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