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Camera di Consiglio
IL DIRITTO AL MANTENIMENTO DEL FIGLIO MAGGIORENNE CHE DIMOSTRA IMPEGNO NELLO STUDIO E NEL LAVORO – Con una recentissima sentenza, la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi dell’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne.
Il caso in esame traeva origine da un ricorso proposto dal padre per chiedere la revoca dell’assegno di mantenimento, corrisposto direttamente al figlio, per la sopravvenuta indipendenza economica raggiunta dal medesimo, essendo, sosteneva il padre, da tempo dedito ad attività lavorativa e totalmente disinteressato allo stato di salute del genitore.
Il Tribunale, tuttavia, rigettava la domanda di revoca dell’assegno, non avendo il padre provato il fatto estintivo della propria obbligazione (ossia la condizione di autosufficienza economica del figlio); di talché il padre promuoveva reclamo avanti alla corte d’Appello competente, che lo accoglieva solo parzialmente.
In particolare, la Corte precisava che del tutto legittimamente il Tribunale aveva evidenziato come fosse trascorso un lasso di tempo brevissimo (nemmeno 20 giorni) tra la proposizione del ricorso e la laurea del figlio, ancora impegnato in un percorso di formazione specializzante; inoltre, il figlio si era impegnato positivamente nella ricerca di altro lavoro (part-time con contratto precario nel caso di specie), non corrispondente alla professionalità acquisita e alle proprie aspirazioni e al suo titolo di studio. Dal canto proprio, il padre allegava, senza dimostrare alcunché, l’aggravamento dei propri problemi di salute.
Il genitore, dunque, proponeva ricorso straordinario per Cassazione deducendo l’omessa o e/o errata valutazione dei fatti e delle prove documentate di mutamento delle condizioni di vita e reddituali del percettore dell’emolumento che avrebbero dovuto la revoca dell’assegno di mantenimento.
La Corte riteneva il ricorso inammissibile, richiamando costante giurisprudenza sul punto. Invero, oramai è pacifico che: “la cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti dev’essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all’età, allo effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa nonché, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta, da parte dell’avente diritto, dal momento del raggiungimento della maggiore età”.
Il Tribunale prima e la Corte di merito poi del tutto legittimamente avevano escluso qualsivoglia forma di “parassitismo” del figlio: quest’ultimo si era appena laureato, stava svolgendo corsi specializzanti per accedere alla professione corrispondente alla propria aspirazione e professionalità e, nel contempo, lavorava part-time, ma con un contratto precario.
Il figlio, dunque, aveva rappresentato impegno e volontà di “affrancarsi” da mantenimento paterno, dimostrando così la mancanza di colpa per il mancato ottenimento di un lavoro idoneo ad assicurargli un’autosufficienza economica.
La dimostrazione dell’impegno profuso dal figlio e la mancanza di prova alcuna di diminuzione dei redditi paterni, dunque, legittimavano pienamente la percezione dell’assegno di mantenimento.
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