Esteri

La lezione della Storia

A fine estate 1938, poco dopo avere annesso l’Austria, Hitler manifestò le sue bellicose pretese anche su alcune regioni della Cecoslovacchia. Allora era saggiamente governata da Edvard Beneš che disponeva di un esercito forte, paragonabile a quello da poco ricostituito dal regime nazista.

Uno spirito pacificatore, nutrito dal senso di colpa per le dure sanzioni imposte alla Germania dopo la Prima Guerra Mondiale, aleggiava sull’Europa, soprattutto in Gran Bretagna che, forte delle sue Colonie e della sua condizione insulare, preferiva evitare il confronto militare sul continente. Mussolini giocava oramai il falso ruolo del mediatore, consapevole che il destino dell’Italia fosse oramai a fianco del nazismo.

La disputa territoriale fu così trattata nella Conferenza di Monaco da Francia, Italia, Gran Bretagna e Germania escludendo proprio la Cecoslovacchia. Beneš allora (come oggi Zelensky) rimase fuori dalla porta. Le conseguenze di questo tragico isolamento non tardarono dato che, di fronte all’inerzia del resto dell’Europa, Hitler dopo avere immediatamente annesso le regioni di confine, nella primavera del ’39 occupò tutta la Cecoslovacchia impossessandosi anche del suo apparato militare. Disse Churchill che la scelta era stata tra il disonore e la guerra, e che avendo scelto il primo, la guerra non sarebbe arrivata: scoppiò undici mesi dopo avendo Mosca drammaticamente scelto l’alleanza con Berlino e stabilito la spartizione della Polonia.

Chi sceglie oggi di abbandonare l’Ucraina alle grinfie russe dimentica quella storia. Ora come allora significherebbe solamente rendere l’aggressore più potente e arrogante con gli Stati Uniti che si preparano a depredare le ricchezze minerarie ucraine.

Nel parallelo tra Beneš e Zelensky si alimentano le paure di altri vicini di Mosca che, ospitando minoranze russe, potrebbero essere presto aggrediti.

Per questo il Presidente Mattarella non sbaglia nel fare alcuni paragoni.

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