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All’Intelligenza Artificiale già due Premi Nobel
Che l’Intelligenza Artificiale stesse conquistando il mondo era chiaro. Ma adesso ha fatto il salto di qualità: ha vinto due Premi Nobel. Ce ne siamo resi conto? Abbiamo capito che cosa stiamo per affrontare?
Nel 2024, il Nobel per la Fisica è andato a Geoffrey Hinton e John Hopfield, padri delle reti neurali. Per chi si fosse distratto negli ultimi vent’anni, sono le fondamenta su cui si regge tutto il baraccone dell’IA moderna, da ChatGPT alle auto a guida autonoma. Poi è arrivato il Nobel per la Chimica, andato a Demis Hassabis, John M. Jumper e David Baker per AlphaFold, l’IA che prevede la struttura delle proteine e promette di rivoluzionare la medicina. Dai farmaci progettati su misura in pochi giorni anziché in anni, ai robot chirurgici guidati da algoritmi capaci di eseguire operazioni millimetriche con una precisione inarrivabile per la mano umana, fino all’analisi predittiva delle malattie, che permette di individuare con largo anticipo patologie prima ancora che si manifestino. E non è solo una questione di ospedali e laboratori: l’IA sta già ridefinendo la sanità pubblica, elaborando strategie per contenere epidemie, ottimizzando risorse e migliorando la gestione delle emergenze mediche in tempo reale.
In pratica, l’Accademia che celebra la scienza più prestigiosa – e soprattutto quella più utile – ha messo il sigillo ufficiale su una realtà ormai evidente: il futuro è nelle mani delle macchine. Non parliamo più solo di ricerche astratte o di calcoli computazionali senza volto. Parliamo di cure personalizzate per le malattie, di diagnosi più rapide e precise, di farmaci progettati in laboratorio da algoritmi più veloci e affidabili di qualsiasi equipe di scienziati. Parliamo di tecnologie che già decidono chi può ottenere un prestito, chi viene assunto, chi ha diritto a un trattamento sanitario prioritario. Parliamo di macchine che, senza che ce ne accorgiamo, stanno prendendo decisioni che fino a ieri erano prerogativa esclusiva degli esseri umani.
E noi umani? Per ora, ci esaltiamo davanti ai progressi dell’IA come bambini al luna park. Facciamo finta di essere i padroni del vapore, ma il sospetto è che siamo più vicini a diventare comparse nel nostro stesso film. Si premiano le menti che hanno reso possibile tutto questo, giusto. Ma nessuno sembra farsi la domanda scomoda: se continuiamo così, tra qualche anno chi ritirerà il Nobel? Un software?
La scienza premia il futuro, ma chi pensa alle conseguenze? Finalmente il sogno dell’umanità si avvera: non dovremo più preoccuparci di saper fare qualcosa, perché ci penserà l’IA. Volete scrivere un libro? ChatGPT ve lo butta giù in dieci secondi. Cucinarlo, non scriverlo? Nessun problema: il frigorifero smart vi suggerisce la ricetta, il robot da cucina la esegue e il forno intelligente decide anche la cottura perfetta. A noi resta il compito di guardare il piatto pronto e annuire con soddisfazione, mentre commentiamo con un “che fatica!”.
Il bello è che diventeremo esperti in ogni campo senza muovere un dito. Un clic ed eccoci critici cinematografici senza aver visto il film, avvocati improvvisati o influencer di successo con i post scritti dall’algoritmo. Saremo tutti bravissimi, poliedrici, onniscienti. E rigorosamente inutili. Ci dicono che l’IA ci libererà dal lavoro ripetitivo, che ci aiuterà a risolvere problemi complessi, che ci darà più tempo per la creatività e la riflessione. Ma la verità è che ci stiamo addestrando a non fare più nulla. Stiamo abituandoci a chiedere a una macchina di scrivere per noi, di pensare per noi, di decidere per noi. E se un tempo si diceva che la tecnologia avrebbe sostituito gli operai nelle fabbriche, oggi sta sostituendo i professionisti nei loro studi. Il medico che consulta un algoritmo, il giudice che si affida a un sistema predittivo, il giornalista che corregge il pezzo scritto dall’IA. Tra poco, il lavoro più richiesto potrebbe essere quello di premere un pulsante.
Siamo passati dal temere che le macchine ci rubassero il lavoro al glorificarle per aver reso l’uomo un accessorio opzionale. Per ora, l’IA ci aiuta a fare meglio quello che già facciamo. Ma quando farà anche quello che non sappiamo fare? Se non iniziamo a capire come governarla, finirà per governare noi.
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