Politica

Cronache dai Palazzi

L’equilibrio e la pace sembrano essere obiettivi ancora lontani. Da un lato si procede al passo della guerra commerciale a suon di dazi e dall’altro si progetta il riarmo.

L’Unione europea “si rammarica profondamente”, come ha affermato la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ma “reagisce” ai dazi del 25% imposti dalla presidenza Trump, in primo luogo su acciaio e alluminio e prodotti derivati made in Ue, con l’obiettivo di rilanciare l’industria pesante statunitense. Penalizzati anche vino e champagne per i quali l’amministrazione Trump ipotizza dazi fino al 200% mettendo a rischio un export di quasi 2 miliardi di euro solo per l’Italia.

L’Unione reintrodurrà infatti delle contromisure che erano state decise negli anni 2018 e 2020 e in seguito sospese in virtù di un’intesa, imponendo quindi un nuovo pacchetto di misure dal 13 aprile. La Commissione Ue ha nello specifico preannunciato delle contromisure doganali del valore di 26 miliardi sull’import dagli Stati Uniti come moto, soia, pollame, carne di manzo e jeans, ma anche utensili per la casa e elettrodomestici quali forni, stufe e congelatori, “tutti beni per i quali l’Ue ritiene di avere alternative interne”, spiegano a Bruxelles. La lista dei beni da tassare dovrà comunque essere approvata dai ministri dei Ventisette riuniti nel Consiglio per cui è necessaria una maggioranza qualificata, nessun governo avrà potere di veto e saranno sufficienti 15 Paesi che rappresentano il 65% della popolazione europea. Senza il raggiungimento di una maggioranza qualificata la decisione rimane nelle mani della Commissione.

“Mentre gli Usa stanno applicando tariffe per un valore di 28 miliardi di dollari, stiamo rispondendo con contromisure per un valore di 26 miliardi di euro”, ha dichiarato la presidente von der Leyen, evidenziando la giusta proporzionalità della reazione europea, per l’appunto sottolineando: “Ciò corrisponde alla portata economica delle tariffe Usa”. La presidente von der Leyen ha comunque ribadito che l’Unione europea è “aperta al negoziato”. Il commissario Ue al Commercio Maroš Šefčovič ha inoltre aggiunto che l’obiettivo è “ridurre al minimo l’impatto sulle aziende e sui consumatori europei”. Il presidente statunitense ha a sua volta assicurato “ritorsioni” contro l’Ue sottolineando che gli Usa “non si lasceranno più maltrattare” dai vari partner commerciali (in particolare europei), preannunciando un copioso piano di dazi che coinvolge anche le auto europee. I dazi commerciali messi in campo dagli Stati Uniti interessano un valore totale di 26 miliardi di euro di esportazioni Ue, in pratica circa il 5% delle esportazioni totali di beni dell’Unione verso gli Usa. Di fronte a questo scenario da guerra commerciale l’Unione europea rispristinerà “automaticamente” le proprie contromisure del 2018 e del 2020 sulle esportazioni statunitensi – una volta scaduta la loro sospensione il 31 marzo – per la prima volta integralmente.

I leader europei hanno inoltre detto sì al piano di riarmo da 800 miliardi di euro presentato dalla presidente Ursula von der Leyen. Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione non vincolante sul Libro bianco della difesa, con la consapevolezza che “l’Unione europea si trova ora a un punto di svolta nella sua storia e nella sua costruzione”. L’Italia si è però contraddistinta per le sue divisioni interne sia nella coalizione di governo sia all’interno della maggiore forza dell’opposizione, il Partito democratico.

In sostanza il testo con cui il Parlamento europeo “accoglie con favore” il piano ReArm Europe, esplica “fermamente l’idea che gli Stati membri dell’Ue debbano aumentare i finanziamenti per la difesa e la sicurezza a nuovi livelli” e mette l’accento sulla necessità che gli Stati membri incrementino la spesa per la difesa almeno al 3% del Pil. Il suddetto testo è passato con 419 voti a favore, 204 voti contrari e 46 astensioni. Tra le delegazioni italiane hanno votato a favore Fratelli d’Italia e Forza Italia mentre la Lega ha votato contro. Tra le forze di opposizione hanno votato contro M5S e Alleanza verdi sinistra. Diviso al proprio interno il Partito democratico; 13 deputati dem hanno votato contro il paragrafo che “accoglie con favore il piano in cinque punti ‘ReArm Europe’”. La vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picerno (Pd), ha a sua volta sottolineato che chi ha votato a favore del riarmo ha permesso ai dem italiani in Europa di “non isolarsi dal resto del gruppo dei Socialisti Ue”, non seguendo così la linea dell’astensione – un compromesso ipotizzato dalla segretaria Elly Schlein per evitare il ‘no’ assoluto – che avrebbe di fatto allontanato gli italiani dalle forze progressiste europee. Hanno votato a favore anche i Popolari (Ppe), i Liberali e i Verdi. A proposito di definizioni, tre deputati di Fratelli d’Italia hanno a loro a volta presentato un emendamento per poter modificare “ReArm Europe” in “Defend Europe”, emendamento che però non è stato accolto: 97 voti a favore, 517 voti contrari e 56 astenuti. In definitiva la proposta di Ursula von der Leyen sul riarmo ha ottenuto il 62,6 per cento dei voti da parte di Strasburgo. La politica estera sembra ricompattare l’Unione europea ma il nostro Paese, nello specifico, pur accettando nel complesso il “Libro bianco” sul riarmo è apparso diviso su un’altra risoluzione a proposito dell’Ucraina a proposito di un testo che sembra “scatenare odio verso gli Usa invece di aiutare l’Ucraina”. Il partito di Giorgia Meloni si è quindi astenuto sulla mozione per “il sostegno incrollabile e incondizionato” all’Ucraina, mentre FI ha votato sì.

Il “Libro bianco” darà corpo ad un insieme di proposte. Ursula von der Leyen ha preannunciato due possibili meccanismi che, per l’appunto, “potrebbero mobilitare fino a 800 miliardi di investimenti”, una spesa clamorosa che è più o meno l’equivalente della spesa militare annuale degli Stati Uniti. La prima ipotesi è l’istituzione di un fondo con una dote di 150 miliardi di euro, denominato “Safe” (“Security action for Europe”) per poter finanziare progetti utili per la difesa comune. L’obiettivo è incentivare l’interoperabilità tra gli Stati membri superando la frammentazione delle spese, eventuali duplicazioni e sprechi.

Altro obiettivo essenziale del “ReArm Europe” è di certo l’alleggerimento dei vincoli del patto di Stabilità, in particolare lo scorporo dal calcolo del deficit di una parte delle spese per la difesa, una proposta a lungo sostenuta da Italia e Francia e in seguito accolta dalla Commissione europea che ipotizza uno sconto dell’1,5% del prodotto interno lordo. L’Italia nello specifico potrebbe spendere 31 miliardi di euro in più per la difesa ma la reale cifra da investire dovrà essere calibrata ai conti pubblici interni. Secondo le intenzioni della Commissione Ue la deroga al patto di Stabilità dovrebbe favorire in primo luogo gli Stati membri maggiormente indebitati anche se garantire un equilibrio dei conti non sarà semplice. Il nostro Paese ha già superato il tetto del 3 per cento (deficit-pil al 3,4%) e il rapporto debito-pil pari al 134% supera di gran lunga la regola del 60%. Secondo i calcoli della Commissione europea la deroga al patto di Stabilità potrebbe comunque produrre circa 250 miliardi di investimenti all’anno.

Il punto di arrivo è costruire un forte pilastro militare europeo ma sempre all’interno dell’Alleanza Atlantica, acquistando armi fabbricate in Europa, soprattutto in Francia, nonostante la pesante dipendenza dagli Stati Uniti. In Italia, nello specifico, circa il 94% degli ordigni importati provengono dagli Usa e negli ultimi vent’anni l’esportazione americana di armi verso l’Europa è più che triplicata.

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