Europa

Dazi USA, le contromisure UE

L’introduzione di pesanti dazi doganali da parte degli Stati Uniti rappresenta una delle misure protezionistiche più discusse degli ultimi anni. Questi dazi, imposti su una vasta gamma di prodotti provenienti dall’Unione Europea (UE), hanno ripercussioni significative non solo sulle aziende europee, ma anche sull’economia globale. Con l’obiettivo dichiarato di proteggere l’industria statunitense e ridurre il deficit commerciale, queste politiche hanno innescato una serie di tensioni commerciali tra i due blocchi economici e comprendono un dazio del 25% sull’acciaio e un aumento dal 10% al 25% sul dazio per l’alluminio, estendendosi anche a determinati prodotti derivati come tubi d’acciaio, fili e fogli di stagno. Queste tariffe sono implementate in base alla Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, una legge che consente al Presidente degli Stati Uniti di imporre restrizioni commerciali per motivi di sicurezza nazionale.

L’imposizione di dazi da parte dell’amministrazione Trump su acciaio e alluminio provenienti dall’Unione Europea (UE) ha innescato una serie di reazioni e contromisure che potrebbero avere un impatto significativo sulle aziende europee. Uno dei settori più colpiti è quello automobilistico. BMW ha annunciato che i dazi imposti dagli Stati Uniti costeranno all’azienda almeno 1 miliardo di euro nel 2025, contribuendo a una diminuzione dell’8,4% dei ricavi annuali, ora attestati a 142,4 miliardi di euro. Nonostante la produzione di veicoli negli Stati Uniti e in Messico, BMW affronta sfide legate al mancato rispetto dei requisiti di contenuto locale e ai potenziali dazi di ritorsione che influenzano le esportazioni verso mercati chiave. Anche altri produttori, come Daimler Truck, stanno risentendo degli effetti negativi, introducendo misure di riduzione dei costi in risposta. L’UE ha reagito a questa decisione, ritenendola una misura protezionistica, con dazi su prodotti statunitensi, tra cui bourbon, motociclette e jeans, concentrandosi, in particolare, su beni che vengono prodotti in Stati elettori di Trump. Uno dei rischi più concreti e prevedibili per i consumatori americani, è di essere loro a pagare le iniziative di The Donald, trovandosi a fare i conti con un’inflazione importata di forte entità.

L’obiettivo di aumentare la produzione e l’occupazione interna si allinea all’agenda “America First” – la dottrina MAGA (Make America Great Again) proclamata dal tycoon – e il Presidente Trump ha dichiarato pubblicamente la propria convinzione che questi dazi incentiveranno le aziende a investire in stabilimenti di produzione con sede negli Stati Uniti, portando in definitiva alla creazione di posti di lavoro all’interno del paese. Ciò riflette l’opinione dell’amministrazione secondo cui i dazi possono essere uno strumento per incoraggiare il rientro delle attività manifatturiere e rafforzare la base industriale nazionale. Tuttavia, gli economisti hanno dibattuto sull’efficacia dei dazi nel raggiungere questo obiettivo e hanno sollevato preoccupazioni sulle potenziali conseguenze negative per altri settori e per i consumatori. Molti osservatori hanno sottolineato il rischio di una frammentazione del sistema commerciale internazionale, con il ritorno a logiche di competizione basate su dazi e barriere commerciali. I mercati finanziari hanno reagito male, gli indici di borsa hanno registrato consistenti cali, in particolare proprio nei confronti di Tesla, provocando le preoccupazioni degli investitori nei riguardi della discesa di Elon Musk nel campo della politica.

Le aziende europee, in particolare quelle operanti nei settori dell’acciaio e dell’alluminio, hanno subito un colpo significativo. I dazi rendono i prodotti europei meno competitivi sul mercato statunitense, portando a una riduzione delle esportazioni e a una contrazione dei ricavi per molte imprese. Ad esempio, le acciaierie tedesche e italiane, tra le più colpite, vedranno diminuire le loro vendite negli USA, con conseguenti ripercussioni sull’occupazione e sugli investimenti. Inoltre, le aziende europee che utilizzano acciaio e alluminio come materie prime si troveranno ad affrontare un aumento dei costi di produzione.

L’UE ha reagito ai dazi statunitensi con una combinazione di misure diplomatiche e ritorsione. Oltre all’imposizione di dazi su prodotti americani, l’UE potrebbe avviare procedimenti presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) per contestare la legittimità delle misure adottate da Trump; come già fatto dalla Cina proprio nei confronti dell’UE per i dazi europei sulle auto cinesi. L’UE ha annunciato contromisure per un valore di 26 miliardi di euro in risposta ai dazi statunitensi su acciaio e alluminio. Queste misure saranno implementate in due fasi: dal 1° aprile saranno ripristinate le precedenti misure del 2018 e 2020, che colpiscono prodotti americani come barche, motociclette e bourbon, per un valore di 8 miliardi di euro; successivamente, a metà aprile, saranno introdotte nuove tariffe su esportazioni statunitensi per un valore di 18 miliardi di euro. Queste azioni mirano a riequilibrare l’impatto economico dei dazi statunitensi sulle esportazioni dell’UE. Parallelamente, l’UE ha cercato di diversificare i propri mercati di esportazione, riducendo la dipendenza dagli Stati Uniti e rafforzando i legami commerciali con altri partner, come l’Asia e l’Africa.

Le categorie di prodotti statunitensi potenzialmente interessate da queste contromisure dell’UE sono ampie e comprendono sia beni industriali che agricoli. I prodotti industriali presenti nella lista proposta includono gli stessi prodotti in acciaio e alluminio, tessili, pelletteria, elettrodomestici, utensili domestici, plastica e prodotti in legno. I prodotti agricoli presi di mira potrebbero includere pollame, carne bovina, alcuni prodotti ittici, noci, uova, latticini, zucchero e verdure. Altre fonti menzionano anche bevande alcoliche (tra cui vino, birra, champagne, gin e sidro), prodotti del tabacco, cosmetici, abbigliamento, macchinari industriali e persino articoli come gomme da masticare e abbigliamento intimo da donna. L’ampia gamma di prodotti presi di mira suggerisce che l’UE voglia massimizzare la pressione economica e politica sugli Stati Uniti. Includendo sia il settore industriale che quello agricolo, l’UE intende colpire un’ampia base di imprese statunitensi e potenzialmente ottenere il sostegno di vari gruppi di interesse all’interno degli Stati Uniti per spingere verso una risoluzione. Il valore totale delle contromisure dell’UE è stimato raggiungere i 26 miliardi di euro, cifra che, secondo l’UE, corrisponde alla portata economica dei dazi statunitensi sulle esportazioni dell’UE. Ciò dimostra l’intenzione dell’UE di attuare una risposta proporzionata, mirando a compensare il danno economico causato dai dazi statunitensi. Il valore corrispondente suggerisce un calcolo strategico per esercitare una pressione economica equivalente.

La Commissione Europea ha condotto consultazioni con le parti interessate, con una scadenza fissata al 26 marzo 2025, per raccogliere feedback sulla lista proposta di prodotti statunitensi per le contromisure. Questo processo di consultazione è fondamentale per consentire all’UE di affinare le proprie contromisure, garantendo che siano efficaci nel colpire l’economia statunitense e minimizzando al contempo i potenziali impatti negativi sulle imprese e sui consumatori dell’UE. Consente inoltre di raccogliere contributi da varie industrie e gruppi di interesse. Le contromisure dell’UE sono concepite per infliggere un danno economico agli Stati Uniti, mirando a una risposta proporzionata e potenzialmente prendendo di mira settori o Stati politicamente sensibili all’interno degli Stati Uniti. Esiste un rischio significativo che gli Stati Uniti impongano ulteriori dazi su altri beni dell’UE, in particolare vino e alcolici, con minacce di dazi fino al 200%. Un dazio così elevato sui prodotti alcolici chiuderebbe di fatto il mercato statunitense a molti produttori dell’UE in questo settore. Un simile provvedimento renderebbe i loro prodotti proibitivamente costosi, portando a conseguenze economiche potenzialmente devastanti per i produttori in paesi come Francia, Italia e Spagna, dato che gli Stati Uniti rappresentano un mercato cruciale per il vino e gli alcolici europei.

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