
Libano, una guerra ancora in atto
Il Libano, un paese segnato da conflitti interni e tensioni regionali, continua a vivere le cicatrici di una guerra civile ufficialmente terminata nel 1990. Eppure, a cinquant’anni di distanza, le divisioni storiche e le dinamiche geopolitiche persistono, alimentando il clima di instabilità.
Il 13 aprile 1975 viene comunemente indicato come l’inizio della guerra civile libanese. Quel tragico evento diede il via a un conflitto che si sarebbe protratto fino al 1990, lasciando un’eredità profonda nel tessuto sociale, politico ed economico del paese. Sebbene il conflitto armato su larga scala sia giunto al termine con l’accordo di Taif, le ferite aperte durante quei venti anni continuano a rimuginare nella memoria collettiva e nelle strutture istituzionali del Libano.
Nel corso del conflitto emersero numerose fazioni, ciascuna con propri interessi e ideologie. Tra le principali si annoverano le milizie cristiane, rappresentate da figure come Bachir Gemayel – eletto presidente e tragicamente assassinato nel 1982 prima di poter assumere ufficialmente l’incarico – e i gruppi di sinistra e drusi guidati da leader carismatici come Kamal Jumblatt, ucciso nel 1977 in circostanze ancora oggi oggetto di controversie. Accanto a questi, le forze palestinesi, presenti in ampio numero sul territorio, contribuirono a intensificare le tensioni. Episodi di violenza come l’attentato su un autobus a Beirut, che diede il via al conflitto, e gli innumerevoli attentati contro figure di spicco, hanno segnato profondamente la storia del paese, lasciando un’eredità di dolore e sfiducia.
Sebbene il conflitto armato su larga scala sia terminato più di trent’anni fa, le divisioni settarie e le rivalità politiche hanno impedito una vera riconciliazione. Le tensioni interne, amplificate dalle influenze esterne e dalle dinamiche geopolitiche della regione, hanno fatto sì che il Libano, in alcune occasioni, venisse utilizzato come base per attacchi contro Israele, evidenziando come il passato conflittuale continui a influenzare il presente.
La condizione attuale del Libano testimonia una realtà in cui la guerra non si è mai conclusa del tutto, ma si è trasformata in un persistente stato di instabilità. Le ferite della guerra civile, insieme alle nuove tensioni regionali, rendono il percorso verso la pace e la riconciliazione ancora lungo e incerto, ricordando a tutti che la “guerra dei cinquant’anni” è un processo in continua evoluzione, destinato a plasmare il futuro di questo paese strategico e travagliato.
Negli ultimi mesi il Libano è nuovamente al centro dell’attenzione internazionale: il paese è stato utilizzato come base per attacchi contro Israele, secondo numerosi resoconti della cronaca. Questi eventi evidenziano come la complessità del panorama libanese sia il risultato non solo di un passato conflittuale, ma anche di un contesto regionale in continuo mutamento. Le tensioni tra attori internazionali, in particolare quelle legate a rivalità geopolitiche tra Israele, Iran e Siria, si intrecciano con le vecchie ferite lasciate dalla guerra civile.
Se da un lato l’eredità della guerra civile ha lasciato nel Libano strutture fragili e divisioni irrisolte, dall’altro nuovi fattori geopolitici stanno contribuendo ad alimentare un clima di instabilità. Le dinamiche interne, con rivalità settarie e politiche, si combinano con influenze esterne che aggravano la situazione. In questo contesto, gruppi come Hezbollah giocano un duplice ruolo: da una parte sono il retaggio di un passato violento, dall’altra sono attori attivi in un nuovo scenario di tensioni regionali.
Il Libano si trova oggi a un bivio. Nonostante la fine formale della guerra civile trent’anni fa, le sue conseguenze continuano a manifestarsi in conflitti sporadici, crisi politiche e tensioni internazionali. La “guerra” in Libano, intesa come lotta per il potere e per la definizione dell’identità nazionale, sembra essere un processo in evoluzione, alimentato tanto dai fantasmi del passato quanto da nuove sfide geopolitiche.
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