Sarà la volta buona?

Renzi ha cominciato la sua avventura e già si capisce che non cammina su un letto di rose. Non penso che debba preoccuparlo la fronda nel suo partito, che per ora è solo la rabbietta degli sconfitti (Civati chi?). Dal suo partito ha avuto un mandato ampio ed è un po’ presto perché  si scatenino le faide. Per fortuna, Vendola si è chiamato fuori e quindi non può esigere un bel nulla. Lega e Grillo si sono autoesclusi. Forza Italia starà, ovviamente, alla finestra (notiamo la promessa di fare “opposizione responsabile”, sarebbe ora!). Ma è ovvio che Alfano metterà qualche paletto per non farsi completamente appiattire.

Nel merito, credo che Renzi non troverà resistenze eccessive su molte delle cose da fare e che non costano un centesimo: riforma elettorale, riforma del Senato, Titolo V, abolizione delle Province – in generale, riduzione dei costi della politica – sburocratizzazione (a proposito, farebbe bene a chiamare Franco Bassanini, che la PA la conosce a fondo ed è il solo Ministro che sia riuscito a far qualcosa).  I nodi veri, a parte le poltrone da attribuire agli alleati, saranno sull’economia e sul lavoro, per cui le risorse sono limitate e le scelte difficilissime;  l’ultimo  “tormentone” dilagante su stampa e TV, circa la scelta del Ministro dell’Economia, lo illustra a sufficienza.  I “tecnici” hanno fatto il loro mestiere di ragionieri e in genere, da Padoa Schioppa a Saccomanni, lo hanno fatto con onore. Ma Renzi, si dice, vorrebbe avere un “politico”. Cioè, si suppone, qualcuno che pensi meno in termini contabili e più “creativi” o “politico-sociali”. Il che va benissimo, però qualsiasi inquilino di Via XX Settembre i conti prima o poi deve farli, se non è un irresponsabile. Saccomanni lo ha ricordato: se si sfora il 3% del deficit, poi si paga. E diciamolo subito ai dervisci urlanti del grillismo, berlusconismo, leghismo; non si paga alla Merkel e all’Europa, si paga ai mercati pagando più caro il denaro che ci prestano. Da cui miliardi di euro in più di interessi e impossibilità di ridurre le tasse o fare investimenti. Fu il problema con cui, nel 2011, si confrontava  la “finanza creativa” di Giulio Tremonti (il quale avrebbe dovuto essere un buon equilibrio tra tecnico e politico: però suscitava rigetto nella parte populista del PDL, compreso Berlusconi, perché cercava di far quadrare i bilanci; lui, che in realtà di “tecnico” aveva poco perché era un commercialista, non un economista).  Il problema è stato attenuato da due anni e mezzo di buona gestione “contabile” ma non ci illudiamo, resta intero e lo spread è prontissimo a ritornare sopra i 200 punti e oltre. Ma Renzi, che è assistito da finanzieri di peso e ha amministrato un bilancio comunale, queste cose le sa benissimo.

Sará la volta buona? Renzi, in un twitter ha pronosticato che lo sarà.  Letta aveva dichiarato a fine anno che avrebbe rimangiato il panettone a fine 2014 a Palazzo Chigi. Si vede che i politici nati al di là della linea gotica ignorano l’arte millenaria della scaramanzia (un mio carissimo parente, quando gli si chiede come sta, risponde “benino” anche se gode della salute più fiorente: per non tentare il fato).

E tuttavia, incrociamo le dita e, per quanto è possibile a ciascuno, diamo una mano all’incaricato evitando di mettergli bastoni partigiani nelle ruote. Se fosse davvero “la volta buona” per lui, lo sarebbe per il Paese, il quale di mostre d’impazienza ne sta dando – pur nella generale, ammirevole, tenuta – anche troppe. L’ultima è quella della Sardegna: PD (vincente) e FI (perdente), calcolando le loro percentuali sul 52% dei votanti,  hanno raccolto rispettivamente il 22,5 e il 20,5 dell’adesione popolare (e non correvano i grillini, né formazioni di centro-destra, né la Lega, per cui i due partiti hanno fatto rispettivamente il pieno).

È dunque ora di voltar pagina. Io non credo che la gente, in maggioranza, pensi che un governo abbia la bacchetta magica, e pertanto non chiede miracoli. Chiede che ci sia un Governo che affronti in modo attivo e responsabile i nodi che è possibile sciogliere, dicendo chiaramente cosa vuol fare, numeri alla mano, e poi lo faccia, con serietà, senza risse quotidiane, senza insulti, senza teatrino. Lasciando da parte i malumori piddini di Civati e i maldipancia di Cuperlo (se no a che servivano le primarie?), i deliri di Grillo, i pianti di Vendola, le sciocchezze di Salvini, le fandonie sui  “colpi di stato” e preparandosi a qualche canagliata che prima o poi gli toccherà subire.

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