A.B.O. fuori quadro
“Fuori Quadro” è il nuovo programma d’arte condotto su Rai3 da Achille Bonito Oliva, per gli amici ABO, che ne è anche autore, assieme a Cecilia Casorati, Paola Marino e Alessandro Buccini. Dal 16 febbraio, per 12 domeniche Rai 3 trasmette alle ore 13.25 appuntamenti della durata di 30 minuti che vogliono essere di «formazione» e non di «informazione». Il titolo richiama il concetto di Picasso, come arte fuori quadro e puntata sul mondo.
ABO non è nuovo nel mondo della televisione; la sua prima esperienza risale al 1995 e l’ultima al 2004. Le puntate sono state già girate e rielaborate ovviamente nei mesi precedenti, ma il vero da farsi è l’impatto sul pubblico, la risposta degli spettatori, quelle che si augura il conduttore: “Le reazioni comportamentali che la TV di solito anestetizza”. Al MAXXI di Roma è stato presentato il prodotto in conferenza stampa.
Un approccio tematico caratterizzerà tutti gli episodi: In Totale, Siamo Tutti Nervosi, Il Bello del Quotidiano, L’Arte Serve, Arte Pubblica, Le Tribù dell’Arte, Il Deposito del Bello, Previsioni del Tempo, Pericolo, Amore Mio, Il Collezionista, Red CarpetLa configurazione sarà comune a ogni episiodio. Tra le spiegazioni di ABO, quelle di una voce narrante, si avvicenderanno inserti di video arte, 3 interviste regolate da ABO, la rubrica Opera Aperta focalizzata su un’opera d’arte contemporanea correlata al tema.
Come dichiarato da Bonito Oliva, Fuori Quadro cercherà di cogliere la complessità dei linguaggi contemporanei, in particolare attraverso incursioni dialoghi con i rappresentanti dei diversi campi (architettura, cinema, video, musica), ossia artisti, fotografi, architetti, musicisti, curatori, direttori di musei, collezionisti, galleristi, ma anche epistemologi e filosofi. Alcuni di questi sono Massimiliano Gioni, Enzo Cucchi, Andrea Lissoni, Vicente Todolí, Elio, Jimmie Durham, Francesco Clemente, Jan Fabre, Liliana Moro.
Peccato che la «trasmissione nomade, destinata a un pubblico allargato, multigenerazionale, domenicale» sia vissuta da un ABO in versione “nonno in poltrona”, quantomeno in rapporto paritario con il pubblico. Dal sua comoda posizione di comando ABO si alza solo per le interviste. Philippe Daverio, anagraficamente più giovane di 10 anni, con i suoi Passepartout e Il Capitale, suo predecessore in casa Rai 3, accompagnava materialmente lo spettatore e con più verve ed efficacia. Come non rivolgere l’attenzione al confronto più ovvio che ci può sempre insegnare il senso critico?
“La speranza è quella di poter guidare lo spettatore nelle molteplici direzioni dell’arte contemporanea che non è un labirinto, ma una strada con molti sentieri luminosi”. Aspetta e spera ABO, in quanto i tuoi voli pindarici, che seguono la scuola del “voler dire tutto per non dire niente”, fanno sì che il pubblico medio perda le tue tracce per strada e non arrivi a destinazione e confondano chi non è digiuno d’arte. Il senso della miscellanea prevale sul “poche nozioni, ma chiare”. La trasmissione non brilla per il senso logico; la storia dell’arte e la scansione temporale si inciampano su se stesse. Le prospettive proposte sono presentate con un certo ritardo temporale e senza un preciso distinguo; un po’ come il mare di immagini e video che sono decisamente soverchianti. Un approccio molto più unitario era quello di Anni Settanta, la sua prima apparizione TV.
Lo spettatore dovrebbe essere implicato «in termini polisensoriali, dove l’emotività si accompagna alla ragione, la ricerca è la conferma di un’idea di bellezza in eterna trasformazione». È questo il metodo secondo il quale «bisogna creare il trait d’union tra formazione e comunicazione», per veicolare i messaggi sfruttando il potente mezzo diffusivo dato dal piccolo schermo. ABO si pronuncia con negatività rispetto a quanto finora operato per la cultura in televisione; proviamo a sperare con lui ancora per qualche domenica.
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