Siamo donne
«Io non mi sento quota rosa ma penso che l’8 marzo sia una bella cosa; mi piace pensare che nel lontano 1917, quando le donne di San Pietroburgo scesero in piazza proprio in quella data per chiedere la fine della guerra, dando così vita alla rivoluzione russa di febbraio, iniziarono qualcosa di molto bello. E fu questo evento a cui si ispirarono le delegate della seconda conferenza internazionale delle donne comuniste a Mosca quando scelsero l’8 marzo come data in cui istituire la Giornata Internazionale dell’Operaia. Anche se si pensa che la data fu decisa in seguito all’orrendo incidente in America agli inizi del novecento dove morirono tante operaie. Ma come e perché non conta, fatto sta che oggi l’8 marzo è una data festeggiata in tutto il mondo.
Però, ritorno al mio pensiero, trovo le quote rosa frutto di menti contorte. Purtroppo la nostra è una società maschilista, provate a correggermi: lo è inevitabilmente perché ancora oggi il figlio maschio è, nella scala valori familiari, in alto rispetto alla femmina; anche se adesso il cognome materno può essere trasmesso ai figli. È ancora un vanto avere un figlio maschio che trasmetta il nome del casato, sia esso Agnelli o Picchiarelli; insomma siamo agli stessi livelli del passato. Anzi no, siamo peggiorate. Forse ci sono più donne ai vertici, certamente figure femminili ricoprono ruoli importanti, però ci sono tanti omicidi in più. Tragicamente è stato coniato un nuovo termine: “femminicidio”.
Trovo tutto ciò il frutto di questo periodo socialmente danneggiato, violento, pieno di fatti di cronaca sanguinosi. Non c’è giorno ormai che non si legga di mariti e compagni violenti, di situazioni esasperate da amori finiti. Le donne che vivono situazioni di violenza domestica dovrebbero trovare la forza di denunciare gli uomini violenti, perché quell’amore è malato.
Sarebbe bello che tutto questo non accadesse più, lo dobbiamo sperare con tutta la nostra forza e lo dobbiamo pretendere! Forse questo deterioramento della nostra società è in parte dovuto a falsi miti, a eroi negativi che popolano le nostre televisioni, all’idea che chi grida più forte verrà ascoltato prima, alla forza materiale delle idee mediocri.
Ripenso a Teresa Mattei, la partigiana Chicchi: fu sua l’idea di prendere la mimosa come simbolo di questa data: donne da prendere come esempio. Ecco, donne, pensiamo a persone come lei, combattiamo per la nostra sicurezza, per la pace e la serenità di una convivenza: denunciamo chi ci umilia. Siamo forti, siamo tante: riprendiamoci la nostra vita sicura, le nostre certezze; teniamo a mente che l’amore è dolcezza, comunione, speranza!
Buon 8 marzo a tutte.»
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