Lula in Italia, il “fenomeno” brasiliano
In questi giorni è in Italia Luiz Inacio “Lula” da Silva, conosciuto come Lula (calamaro, in portoghese). Presidente del Brasile dal 2003 al 2010, poi ispiratore e costruttore della vittoria della persona da lui prescelta a succedergli, l’attuale presidente Dilma Rousseff, candidata alle elezioni presidenziali anche nel prossimo ottobre, sempre con mentore Lula.
L’ultimo quarto di secolo di storia brasiliana è stata segnata da quest’uomo, dalla prima sconfitta nell’89 contro Collor, alle successive del 1994 e del 1998, all’improvvisa vittoria del 2002, ai suoi due mandati presidenziali, alla regia della presidenza Rousseff e della sua ricandidatura. Su Lula si è scritto molto e molto si scriverà, perché si tratta di una personalità complessa, sorprendente e contraddittorio, un personaggio semplice e nello stesso tempo difficile da inquadrare. Perché Lula ha spiazzato non solo i nemici, ma anche gli amici, sicuramente il Brasile e il mondo. Fino all’ottobre del 2002 Lula non sembrava altro che il classico leader della sinistra massimalista e terzomondista del Sudamerica, destinato a perdere permanentemente le prove elettorali. Il Brasile, paese dalle incredibili ingiustizie sociali, sembrava rifiutare la soluzione della sinistra massimalista ai suoi problemi storici. Poi Lula, nel 2002, si allea con un piccolo partito liberale, il PL, e sceglie come suo vice presidente un industriale tessile, Jose Alencar. Il suo slogan elettorale diventa: “Lula paiz e amor”, che non necessita di traduzione. Contro ogni aspettativa vince le elezioni a ottobre.
Credo che pochi si ricordino adesso cosa era il suo PT, il partito dei lavoratori, un insieme di troskisti, ve ne erano ben tre correnti, marxisti di ogni sfumatura, accaniti terzomondisti, cattolici della Teologia della Liberazione e delle Comunità di base, fino ad alcune tendenze socialdemocratiche. Suoi nemici giurati, logicamente, erano l’economia di mercato, il FMI, gli USA e la borghesia capitalista. Ero in Brasile il primo gennaio del 2003, quando ci fu l’insediamento di Lula. La televisione brasiliana, malignamente, non perse nulla della variegata realtà dei fedeli di Lula che affollavano la spianata di fronte al Planalto, la residenza del Presidente della Repubblica del Brasile. A dir poco sembrava una manifestazione del vecchio PCI degli anni della guerra fredda, se non dei centri sociali, un mare di bandiere rosse e di falce e martello. Per onestà, devo dire che pensai: “qui finisce male”. Fernando Henrique Cardoso in due mandati, grazie ad una intelligente politica economica, aveva costruito un Brasile nuovo. Era stata sconfitta una inflazione che toccava il 1500% – sì, il millecinquecento all’anno – aveva introdotto una legge di responsabilità fiscale per controllare le spese dello stato federale, degli stati e dei comuni. Aveva privatizzato alcuni carrozzoni e aveva dato inizio a vasti piani di sostegno alle classi più povere. Molti pensavano che Lula, nato negli scioperi e nel sindacalismo di scarsa cultura, in una delle zone più povere del Brasile, il Nordest (una sorta del nostro mezzogiorno) leader di un partito estremista, avrebbe portato il Brasile nella direzione contraria a quella di Cardoso.
Lula, in otto anni di governo, ha fatto esattamente il contrario di quello che si aspettavano i nemici e, credo, anche gli amici. Rispetto dell’economia di mercato, ma con un ampliamento a vasto raggio delle politiche sociali che Cardoso aveva iniziato. Un programma sociale di sostegno alle famiglie povere, è arrivato a dare aiuto a circa 50 milioni di brasiliani, che hanno potuto così mettere insieme anche la cena, la Bolsa Familia, questo il nome in portoghese, che è stata duramente attaccata come un progetto assistenziale. Senza provocare il fallimento dello stato, cosa che spesso avviene in altri paesi sudamericani, ha permesso a molti milioni di bambini di mangiare tutti i giorni e di andare a scuola. Si aggiunga che in politica economica alcuni critici dicono che i banchieri non hanno mai guadagnato tanto.
Pur attaccato sempre duramente, Lula ha continuato e migliorato nei fatti concreti la politica economica di Cardoso. Certamente si è “coperto” a sinistra in politica estera con le amicizie con i peggiori dittatori del mondo, da Castro a Ahmadinejad, a Gheddafi, per finire con Chavez. È passato indenne attraverso lo Thsunami del grande scandalo del “mensalao”, ovvero il processo per il finanziamento da parte del PT ai parlamentari per far votare i suoi provvedimenti. I suoi amici, Dirceo suo braccio destro, ed altri dirigenti del PT sono già in galera, ma Lula ha mantenuto intatta la sua popolarità. I sondaggi hanno detto per anni che, se si candidasse, sarebbe di nuovo eletto. Falcao, presidente del PT, ha detto l’altro giorno: “votiamo Dilma, così nel 2018 potremo riavere Lula presidente”. Questo è il “fenomeno” Lula.
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