Cronache dai Palazzi
Subito dopo aver varato i primi provvedimenti cruciali, il Governo Renzi viene colpito da una terribile doccia fredda: l’Eurotower accusa il Belpaese per non aver ancora registrato “nessun progresso tangibile verso i target di medio termine”. Sulla stabilità dei prezzi, in particolare, il presidente della Banca centrale, Mario Draghi, avverte: “La Bce sta preparando ulteriori misure di politica monetaria non convenzionali al fine di contrastare il rischio di deflazioni e si dichiara “pronta a nuove azioni decisive, se necessario”. Alla fine Draghi ammette però che, nonostante il lavoro non sia finito (l’Eurotower sprona l’Italia ad “agire”), “siamo sulla strada giusta”.
Il commissario Olli Rehn, a sua volta, apprezza “gli interventi sul mercato del lavoro” messi in campo da Matteo Renzi ma avverte il presidente del Consiglio: “Ricordiamo all’Italia la necessità di rispettare i vincoli assunti nell’ambito del Patto di stabilità e di crescita, soprattutto per il suo elevato debito pubblico”. La Bce sottolinea comunque che la riduzione del debito, seppur necessaria, non deve avvenire in maniera eccessivamente rapida, attraverso una svendita smodata di attività. Occorre piuttosto far crescere l’equity, non distribuire l’utile, fare aumenti di capitale, aumentare i depositi e ,infine, risanare i bilanci attraverso un’operazione di pulizia degli attivi e non tagliando i prestiti o, tantomeno, prolungando le scadenze dei crediti in sofferenza. Ispirandosi alla teoria della distruzione creativa che favorisce l’innovazione accelerando la produttività – teoria sostenuta dal grande economista Joseph Schumpeter al quale è dedicato il “Premio Schumpeter” ricevuto in questi giorni da Mario Draghi – il presidente della Bce sostiene una “distruzione creativa” anche nel settore bancario.
Una “battaglia” con l’Europa che Matteo Renzi non nasconde nemmeno negli studi di Porta a Porta, promettendo che non sarà la suddetta “battaglia” a frenare il cambiamento. Il premier si assume tutte le responsabilità in prima persona: “La colpa dei tagli deve essere mia”, afferma enunciando anche un cambio di prospettiva nei confronti di Bruxelles, “è l’Europa che ha bisogno di Italia, più del contrario” e i “compiti a casa li facciamo per i nostri figli che nascono con 33 mila euro di debito pubblico sulla testa”, ammonisce Renzi.
Il contratto stipulato da Matteo Renzi con gli italiani nella sua prima conferenza stampa da Palazzo Chigi prevede in primo luogo lo sgravio delle tasse che porterà nelle tasche dei lavoratori dipendenti, con busta paga che non supera i 1500 euro, una minima quota di rimborso spese. Di certo i consumi non ripartiranno con 80 euro in più al mese, anche se sarebbero circa 1000 euro all’anno, però è comunque un passo avanti invece che uno indietro. Un decreto legge semplificherà le assunzioni a tempo determinato e quelle degli apprendisti. È comunque evidente che il governo dovrà presentare la richiesta di indebitamento alle Camere “sentita la Commissione europea”, quindi deve essere aperta, fin da subito, una trattativa con Bruxelles per portare a termine l’operazione.
Renzi appare in definitiva molto soddisfatto, e non esita a dichiarare che il Paese è di fronte ad una “svolta storica”. Taglio delle tasse; 1500 auto blu messe all’asta, le prime 100 in vendita on line dal 26 marzo al 16 aprile; lo sblocco “immediato e totale” dei debiti della pubblica amministrazione, 22 miliardi già pagati e 68 miliardi che saranno pagati entro luglio; il piano scuola da 3,5 miliardi ed infine un piano casa da 1,7 miliardi.
Per la prima volta, annuncia Renzi, la politica taglia i suoi costi e “paga” i suoi debiti; le risorse recuperate andrebbero a finire nelle tasche degli italiani o attraverso un aumento in busta paga o attraverso una riduzione del 10% sulla bolletta elettrica delle imprese e i risparmi sull’Inail. Per finanziare il taglio dell’Irap, invece, si agirà sulle rendite finanziarie mettendo in pratica “un’operazione di equità e di riequilibrio”.
Alla lista si aggiungono fisco, pubblica amministrazione e giustizia “da cambiare” prima di giugno, prima che inizi il semestre italiano di presidenza europea.
Quella che Matteo Renzi non esita a definire la “manovra più a sinistra degli ultimi anni” viene presentata con uno stile che risponde, nettamente, ai canoni della società commerciale.
Sul fronte delle riforme, dopo aver incassato – seppur tra le polemiche (soprattutto da parte del Pd) – la riforma della legge elettorale, Matteo Renzi preme sulla abolizione (o trasformazione) del Senato della Repubblica, la riforma alla quale Matteo Renzi vincola addirittura la sua vita politica. “Se salta la riforma del Senato non salta solo il mio governo; salto io, la mia esperienza politica”, afferma Renzi rivendicando i benefici che proverrebbero da un’eventuale riformulazione degli assetti economici e delle funzioni di Palazzo Madama. “Meno 315 stipendi di senatore, meno tempo per approvare le leggi: c’è qualcuno che può essere davvero contrario a tutto questo?”.
Matteo Renzi come sempre non si arrende e si prepara agli incontri bilaterali con Hollande (sabato 15 marzo) e Merkel (lunedì 17 marzo), ritenendo che “il dialogo diretto” sia la via migliore per ottenere “un risultato concreto”. Il neopremier vincola la buona riuscita delle riforme ad una buona riuscita in Europa, altrimenti “il 3 per cento non si tocca” e sarà difficile “chiedere di poter spendere di più”. Ai partner europei spiegherà quali misure concrete il governo italiano intende mettere nero su bianco, affidando a tali misure la stabilità e la crescita dell’Italia e tentando di porre rimedio al dramma occupazionale. L’occupazione, di certo, non dipende solo dalle regole enunciate dal Jobs Act di Renzi, bensì da uno stato di salute complessivo del sistema economico italiano, internazionale e quindi anche europeo. La stabilità è quindi necessaria per far marciare l’economia italiana nella direzione giusta e, altresì, necessaria per il benessere dell’Europa. Un’ Europa che deve essere sempre più “l’Europa dei popoli e dei cittadini” e non l’Europa dei vincoli.
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