Banche italiane pronte al rilancio?
Gli exploit borsistici delle azioni del settore bancario italiano degli ultimi mesi possono essere la testimonianza che qualcosa sta cambiando, in meglio, nelle banche italiane: una maggiore stabilità patrimoniale, prospettive di crescita e di ritorno agli utili. La crisi finanziaria del 2008, aggravata da quella del debito sovrano del 2011-12, ha messo a dura prova la tenuta del sistema bancario italiano e ancora oggi, a distanza di 5 anni, si stanno pagando le conseguenze di un lustro così turbolento, testimoniate dal fatto che gli istituti di credito hanno in corso processi di trasformazione notevoli che tuttavia il mercato sembra apprezzare.
Unicredit, la più grande banca italiana, ha annunciato la settimana scorsa una perdita monstre di 14 miliardi di euro. Una cifra pazzesca, paragonabile a una finanziaria per intenderci, eppure il mercato ha premiato il titolo con un balzo del 7%. Perché? I motivi possono essere molteplici, in primis un piano da quasi seimila esuberi, ma la sensazione è che il mercato creda possano essere terminati gli scheletri nell’armadio di molti istituti con quest’ultimo giro di svalutazioni. Ghizzoni, l’amministratore delegato della banca di piazza Cordusio, si è detto soddisfatto per aver completato un progetto di risanamento iniziato nel 2010 e si è mostrato fiducioso circa una ripresa dell’economia che porterebbe a un miglioramento del credito e, di conseguenza, ad una crescita anche per il sistema bancario.
IntesaSanpaolo, l’altro colosso bancario italiano, è quello che ha meglio reagito a tutti i venti di crisi che hanno spazzato il paese in questi anni. Una banca che è diventata sempre più solida con un Core Tier 1 (principale indicatore della solidità patrimoniale) ben sopra il 12% quando si attestava solo al 6% nel 2008 in piena crisi dei mercati. Oggi, sotto la guida di Carlo Messina, la banca punta a dismettere l’affollato portafoglio di partecipazioni (ha già iniziato con Generali e Pirelli) per focalizzarsi sul credito a imprese e famiglie che è la vera benzina che deve essere utilizzata nel motore della crescita. IntesaSanPaolo punta a separare il ruolo di banca finanziatrice da quello di banca azionista, per evitare conflitti di interesse e problemi di governance ma soprattutto per migliorare patrimonializzazione e redditività.
Considerando anche realtà più piccole rispetto ai due colossi della finanza italiana, possiamo constatare alcuni progressi dal punto di vista del rafforzamento di bilancio e patrimoniale, conditio sine qua non per permettere agli istituti di erogare crediti e finanziamenti a imprese e famiglie. Alcuni istituti più snelli come Ubi e Credem sono partiti in anticipo rispetto ai colossi bancari italiani: hanno ristrutturato e svalutato nei mesi scorsi ed oggi stanno già raccogliendo i frutti, mostrando ottimi indici di patrimonializzazione e un forte ritorno all’utile (12,6% il Core Tier per Ubi e 250 milioni di utile). Anche le banche più in difficoltà del panorama bancario italiano sembrano dare segnali incoraggianti: Banca Popolare di Milano con il ritorno all’utile e l’aumento di capitale di 500 sembrerebbe segnare la svolta per un ritorno alla crescita, mentre Mps ha dimezzato la perdita nel 2013 rispetto all’anno precedente portandola a 1,43 miliardi e a Maggio partirà il piano per il rafforzamento patrimoniale con un aumento di capitale da 3 miliardi.
I mercati stanno dando fiducia all’Italia, lo spread è tornato ai livelli pre crisi e le banche iniziano a mostrare dati incoraggianti, tuttavia bisogna mantenere alta la guardia e continuare sulla via del risanamento: le imprese e le famiglie sperano che queste buone notizie, unite al clima di fiducia che si sta creando su una possibile ripresa, possano finalmente innescare quel volano di investimenti e finanziamenti che fino ad oggi è mancato per dare ossigeno all’esanime economia italiana.
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