Camilleri, Inseguendo un’ombra
Lo scorso 16 marzo nell’ambito della manifestazione Libri come nella sala Sinopoli dell’Auditorium di Roma gremita di persone, il maestro della comicità e sostenitore della sicilianità Andrea Camilleri ha presentato il suo nuovo romanzo: Inseguendo un’ombra, Sellerio Editore.
Supportato dalle domande del suo collega Francesco Piccolo, Andrea Camilleri ci ha condotto lungo la strada da lui percorsa nello scrivere il libro. Si tratta della storia di Samuel ben Nassim Abul Farag un ragazzo di Caltabellotta vissuto nel 1400, che nel momento in cui diviene un punto fermo per la sua comunità ebraica scompare, di lui si perdono le tracce e lo si troverà nel 1477 a Roma presso Giovan Battista Cybo (futuro papa Innocenzo VIII) con il nome Guglielmo Raimondo Moncada divenuto cattolico. Da qui scomparirà ancora dopo un delitto misterioso ricomparendo in Germania con il nome di Flavio Mitridate, nelle vesti di traduttore di testi sacri e precettore di Pico della Mirandola.
Questa storia nasce per caso dal ritrovamento di un libretto di Sciascia, presso la casa del suo amico pittore Arturo Carmassi, che si era per primo interessato a questo ragazzo e dopo una serie di fortunate coincidenze Camilleri inizia a mettere insieme il puzzle e a costruire la storia. Un romanzo storico per nulla banale o descrittivo, la narrazione riesce a colpire il lettore perché come tutte le opere di Camilleri si formano focalizzando l’attenzione del lettore verso lo svilupparsi della storia stessa, tra ipotesi ragionamenti e congetture. Poiché questo personaggio compariva e scompariva gran parte della sua vita resta ancora un mistero e questo ha permesso allo scrittore siciliano di ricostruire i vari episodi secondo quella che per lui poteva essere la motivazione che spinse il protagonista a compiere proprio quell’azione e non un’altra, come avviene per l’omicidio che commette.
Quasi a voler dare un senso al periodo storico che visse il protagonista del suo libro e forse alla natura stessa del personaggio, Camilleri prende in prestito le parole che Orson Welles pronunciò nel film il Terzo uomo di Carol Reed: Piglia l’Italia, tradimenti, ammazzamenti, agguati, pugnalate, morti, scie di sangue, il male e cosa ne viene fuori il Rinascimento. Prendi la Svizzera, la pace, la tranquillità, i campi ben arati, nessun pericolo e cosa ne viene fuori l’orologio a cucù.
La natura curiosa e l’intelligenza spiccata che contraddistingue Andrea Camilleri lo porta a mettere in luce un altro aspetto basilare del suo personaggio, la dimostrazione di come solo l’intelligenza pura sostenuta dalla conoscenza suprema possa far si che una persona possa sostenere una tesi A, distruggere la tesi B e poi prendere la tesi distrutta per distruggere la tesi A, un concetto molto interessante ed inquietante, ma che per lui ha rappresentato un’ulteriore sfida.
Continuando a rispondere alle domande di Francesco Piccolo, Camilleri spiega che, ipotizzando ciò che il protagonista stesso avrebbe realmente fatto per fornire falsa testimonianza della sua identità, ha chiesto alla moglie di redarre in lingua latina dei documenti falsi per inserirli nel romanzo al fine di rendere tale falsità plausibile, provocando le risate del pubblico.
Lo scrittore siciliano confessa il suo stupore per la natura di quest’uomo che come una parabola affronta un percorso complicato per arrivare lontano per sfuggire alla condanna per omicidio, e poi per una strana ragione, che rimane del tutto ignota anche a Camilleri, si avvicinerà precipitosamente vicino alla sua fine, nella bocca del lupo- dice lo stesso scrittore– forse perché avendo esaurito tutte le opzioni possibili non gli resta che tornare ad essere quello che era un povero ebreo.
Camilleri con questo romanzo ha risposto a varie domande che gli giravano da oltre trent’anni nella testa, ciò che lo ha spinto soprattutto a ricostruire questa storia è stata la curiosità di capire il perché questo personaggio volesse scomparire, non essere raccontato.
Francesco Piccolo chiede a Camilleri come mai l’esigenza di scrive questo romanzo sia venuta ora e non prima e lo scrittore risponde che fu un enunciato tratto da Trahison des clercs, il tradimento dei clerici ovvero gli intellettuali, del filosofo francese Julien Benda ad ispirarlo, per lui era il momento giusto per sviluppare un romanzo dove vi fosse l’uso dell’intelligenza a scapito del sentimento, sempre più nell’uomo di oggi si corre il rischio che i clerici non tradiscano più, vale a dire che i clerici si rifugino nell’arma dell’intelligenza bastante da sola a tutto, supponendo che con essa i problemi degli uomini si possano risolvere. E probabilmente i problemi degli uomini si possono risolvere, ma non si possono risolvere i problemi dell’uomo con la sola intelligenza. Ecco il libro – prosegue Camilleri- risponde oscuramente a questa cosa che mi girava in testa da tanti anni.
La serata si conclude con l’intervento di Teresa Mannino, comica siciliana di Zelig, che porge i suoi complimenti ai due scrittori, ma soprattutto ad Andrea Camilleri. Una gradita dichiarazione d’amore, un ringraziamento per quei romanzi da lui scritti che hanno permesso a lei di inserirsi meglio nell’ambiente milanese come traduttrice madrelingua siciliana. La spumeggiante comica ha infine ottenuto la disponibilità dello scrittore siciliano ad ospitarla a casa propria per poter discutere di comicità.
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