Venezia, la guerra dei Guggenheim
Il ramo francese degli eredi Guggenheim si scaglia contro quello statunitense, rivendicando le condizioni imposte da Peggy Guggenheim (1898-1979) in merito alla collezione di Palazzo Venier dei Leoni a Venezia. Il patto sarebbe stato in parte non osservato dalla Fondazione Solomon R. Guggenheim, con sede a New York.
Nicolas e David He’ lion, Sandro Rumney, i figli di Pegeen (1925-1967), la figlia di Peggy, scendono in campo e si rivolgono al Tribunale di Parigi, in contrasto quindi anche con la cugina Karole Vail, figlia dello zio Sindbad (1923-1986), che lavora per il Museo Solomon R. Guggenheim a New York. I 3 fratelli desiderano che le volontà testamentarie della nonna vengano ligiamente rispettate, così come sono indicate chiaramente nei documenti. Peggy, da attenta mecenate, si era infatti prodigata anni prima della sua scomparsa al fine di preservare integra la sua collezione di 326 opere.
Peggy Guggenheim aveva affidato a Harry Guggenheim (1890-1971), Presidente della Solomon R. Guggenheim Foundation. In una missiva gli aveva chiesto che la collezione non venga smembrata; questo, entusiasta, le aveva risposto assicurandole le dovute garanzie e chiedendole di stilare una lista di opere destinate a essere esibite altrove per brevi periodi nel corso dell’anno e di quelle che non lo sono. Harry aveva ipotizzato in futuro «importanti mostre di alcuni segmenti della collezione, a New York o in altri luoghi» e aveva suggerito a Peggy di formalizzare le sue condizioni, questo anche a sua garanzia: «Presumo che gli avvocati ritengano di registrare in modo più formale quanto contenuto nelle lettere che ci siamo scambiati. E faremo tutto quello che serve affinché ciò avvenga al meglio».
Nicolas, David e Sandro chiedono la revoca della concessione del 1976 alla Fondazione Solomon R. Guggenheim della gestione della casa-museo sul Canal Grande. “I burocrati di New York hanno snaturato e, in un certo senso, sfigurato il museo, specie quella parte dedicata alla memoria di nostra madre Pegeen che è morta nel 1967. Il Palazzo è stato ristrutturato. Alcune opere d’arte sono state sostituite da altre. La collezione sull’arte primitiva non è più esposta”; “È stato installato un bar con panini e gelati. Un orrore. Nella hall si vendono perfino T-shirt e cartoline”.
La grande Fondazione newyorkese avrebbe fatto i propri interessi e la sede veneziana sarebbe divenuta una misera succursale, un tentacolo troppo lontano dalla testa. I 3 eredi maschi richiedono il diritto di far parte del Consiglio di Amministrazione della Fondazione per poter esprimersi in difesa della Collezione Peggy Guggenheim, di cui si nominano paladini. Già nel 1951 Peggy aveva aperto annualmente la sua collezione al pubblico durante i mesi estivi.
Non sussiste solo l’interesse nei confronti della tutela della sezione dedicata alla loro madre, ma una volontà più ampia. Tuttavia riguardo all’ambiente dedicato alla ristorazione e alla mercificazione nel negozio del museo forse esagerano; ormai nessun polo museale non ne è munito. È indiscutibile l’acquisizione di opere ottenute sotto forma di donazione o prestito a lungo termine da parte di collezioni private.
Nel settembre 1997, 26 opere della Collezione Gianni Mattioli sono state concesse in prestito a lungo termine; nel maggio 1999 l’allestimento del giardino del Palazzo si è arricchito del prestito di sculture provenienti dalla Collezione Patsy R. e Raymond D. Nasher; nell’ottobre 2012, 80 pezzi della Collezione Hannelore B. e Rudolph B. Schulhof. L’allestimento si è modificato nel corso degli anni per fare spazio alle nuove concessioni. Gli eredi francesi impongono alla Fondazione il ripristino dello status quo ante, come disposto originariamente da Peggy.
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