Italia delle Regioni
Le nuove province riformate esaltano il ruolo dei sindaci. Il Senato ha espresso il voto di fiducia con 160 voti favorevoli e 133 contrari sul disegno di legge sulle Province proposto dal sottosegretario Delrio.. Il provvedimento torna ora alla Camera in terza lettura, un passaggio che dovrebbe essere solo formale, anche perché il disegno di legge deve essere approvato improrogabilmente entro il 7 aprile.
Come noto le novità del provvedimento in corso di approvazione riguardano l’istituzione di dieci Città metropolitane, il trasferimento di alcune delle funzioni delle Province a Comuni e Regioni e la trasformazione degli organi provinciali in enti di secondo grado, con l’istituzione della Conferenza dei sindaci che sostituirà il Consiglio provinciale, con il sindaco della città capoluogo di provincia che assumerà anche il ruolo di presidente della nuova provincia.
Lo svuotamento delle competenze: iIl disegno di legge, non potendo “cancellare” le amministrazioni provinciali, le svuota di competenze. Mira ad una riduzione dei costi. Pertanto prevede un criterio di gratuità per l’esercizio delle funzioni di presidente e consigliere provinciale. I consigli provinciali, infatti, vengono trasformati in Assemblee dei sindaci: questi ultimi lavoreranno nei nuovi “enti territoriali di area vasta”, percependo esclusivamente le indennità già corrispostegli in qualità di primi cittadini.
I presidenti di Provincia non saranno più eletti dai cittadini, ma indicati all’interno di una assemblea formata dai sindaci dei Comuni del territorio di riferimento. Ad esempio, il futuro presidente della Provincia di Viterbo sarebbe scelto tra i sindaci dei Comuni della Tuscia viterbese e percepirebbe soltanto lo stipendio da sindaco.
Le competenze provinciali vengono trasferite a Regioni e Comuni, ad eccezione dell’edilizia scolastica, della pianificazione dei trasporti e della tutela dell’ambiente. Il personale continuerà a lavorare presso gli organi territoriali di riferimento dell’attività svolta, mantenendo retribuzione ed anzianità di servizio. Fino al 2015 saranno rette da commissari. Fino a quando non prenderanno vita i nuovi enti le Province saranno rette da commissari, si tratterà degli attuali presidenti di Provincia che cambieranno nome in commissari, in quanto non si voterà per le rielezioni dei 52 organi provinciali in scadenza nel 2014.
Le Città Metropolitane – Napoli, Milano, Torino, Bari, Bologna, Firenze, Genova, Venezia e Reggio Calabria – diventano Città Metropolitane. A queste va aggiunta Roma, già inquadrata con l’istituzione di Roma Capitale; in futuro anche Palermo, Messina, Catania, Cagliari e Trieste (l’istituzione deve passare attraverso un provvedimento delle Regione a statuto speciale) saranno Città Metropolitane. In totale si tratterà di 15 nuove aree territoriali. Le Città Metropolitane sono un nuovo ente che va in pratica a sostituire le Province: ricoprirà il territorio della Provincia omonima e ne assumerà le competenze. Saranno guidate da un sindaco metropolitano che, a differenza dei presidenti delle “nuove province” potrà anche essere eletto ma solo “previa” l’istituzione di una apposita legge. Altrimenti, il sindaco metropolitano coinciderà con il sindaco della principale città e non percepirà indennità aggiuntive per l’ulteriore incarico.
Altri organi saranno il Consiglio metropolitano, indicato dal sindaco, e la Conferenza metropolitana. Quest’ultima sarà composta dai sindaci dei Comuni appartenenti alla città metropolitana. Il personale delle amministrazioni provinciali, per tanto, confluirà nel nuovo ente territoriale. Si parte dal 1 gennaio 2015 – Il ddl prevede che le Città Metropolitane prenderanno vita a partire dal 1 gennaio 2015.
Sul fronte dei Comuni italiani – che vedono esaltato il ruolo assembleare della conferenza dei sindaci nelle nuove province – il presidente dell’ANCI Piero Fassino ha dichiarato di Condividere sostanzialmente l’impianto delle riforme sul riassetto delle Province, come enti di secondo grado e l’istituzione delle Città metropolitane. Tuttavia i sindaci italiani sostengono che la riforma richieda la ridefinizione dei rapporti e delle competenze che andranno in via esclusiva a Stato, Regioni e Comuni. “E’ bene stabilire bene cosa debba fare ciascuno. La sfida di ANCI – ha concluso Fassino – sarà lavorare per favorire quei processi di aggregazione nei Comuni, come Unioni, fusioni e convenzioni, in modo da avere dimensioni comunali adeguate ai servizi che si intendono proporre”.
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