La verità sull’Europa
Il calo della fiducia nell’Europa che risulta dai sondaggi effettuati in Italia e altrove (ne ha riferito Donini in queste colonne) è un calo pronunciato, avvenuto nel giro di pochi anni – di fatto, gli anni della crisi iniziata nel 2008 e non ancora finita – e a motivarlo vi sono vari fattori, alcuni immaginari, altri reali. È dovere di chi nell’Europa crede come nella sola promessa di futuro per i nostri figli, discuterli e, quando è possibile, refutarli.
Cominciamo da quelli immaginari (su quelli reali tornerò in un altro articolo): una troppo facile vulgata attribuisce all’Europa tutti i mali possibili e li addossa alla signora Merkel, una specie di strega cattiva che vuol far piangere gli italiani. Non sono solo farneticazioni di Grillo, Salvini e compagnia. Al coro si uniscono colpevolmente voci che dovrebbero essere responsabili. Per questi è comodo attribuire ad altri i guasti provocati dalla loro incapacità, dalle troppe loro mancanze. E ci sono anche pseudo-economisti che spiegano dottamente perché l’euro e il rigore fiscale sono mali assoluti. Basta porre a questa gente alcune domande precise e le loro teorie saltano per aria. Ma c’è gente che ascolta i profeti dell’eurofobia e ci crede. Io passo parte del mio tempo a spiegare ad amici italiani all’estero – gente intelligente, colta, retta, l’opposto del populismo – che quello che si racconta è, semplicemente, falso. Falso che l’euro ci abbia portato solo guai. Falso che il rigore fiscale sia una capricciosa imposizione europea. E spiego loro: l’euro ha avuto, come effetto immediato, di rendere più caro il costo della vita, sia perché la parità è stata fissata male dal Governo Prodi, sia perché i commercianti ne hanno approfittato per fissare i nuovi prezzi a sfavore dei consumatori . Ma nel seguito l’euro ci ha portato vantaggi tali che rinunciarvi oggi sarebbe pura follia (dai sondaggi apparirebbe che la gente se ne renda conto). Vediamoli: stabilità dei prezzi: siamo passati, da un’inflazione a due cifre degli anni Novanta, a una quasi nulla (si parla addirittura, temendola, di deflazione). Chi può misurare il guadagno in termini reali per i nostri risparmi, per la prevedibilità dell’economia?
Ma il vantaggio più colossale lo abbiamo avuto sui nostri conti finanziari. Sappiamo quanto essi siano gravati dagli interessi di un debito pubblico schiacciante. Qualche punto in più nel tasso di interesse significa decine di miliardi di euro, che escono dalle nostre tasche e vanificano ogni possibilità di ridurre il carico fiscale o di ridirigere la spesa pubblica verso fini produttivi. Negli anni Ottanta e Novanta, con la liretta, eravamo arrivati a pagare per i BOT annuali un interesse del 14% . Siamo ora attorno all’1,6% e lo spread è in costante calo. Chi può cifrare il risparmio per le tasche degli italiani? Andiamo avanti: la fiducia che l’Italia continua a riscuotere sui mercati è dovuta, in massima parte, alla nostra appartenenza all’Eurozona e al dichiarato appoggio della Banca Centrale Europea. Se ne fossimo fuori, crediamo veramente che i mercati continuerebbero a prestarci soldi? Ma ce lo ricordiamo che varie volte, negli anni Novanta, giungemmo vicini alla cessazione dei pagamenti? Può qualcuno dei soloni della pseudoeconomia spiegare agli italiani come controlleremmo il nostro debito, come faremmo fronte alle scadenze, come eviteremmo la tragedia del default? Se non sanno come rispondere, per favore stiano zitti e si occupino di altre cose.
Altra favola è che l’euro forte penalizzi le esportazioni. Certo, è più facile esportare con le lirette da svalutare di tanto in tanto, quando fa comodo, in sostanza abbassando i prezzi dei beni e servizi venduti: cioè incassando meno dollari o euro per i nostri prodotti. Ma nessun finto economista ci spiega come mai, con l’euro forte, le esportazioni europee e quelle italiane in particolare, “tirino” come non mai. E nessun finto economista si è accorto che, con l’euro forte, paghiamo di meno le importazioni, in particolare la bolletta dell’energia, vitale per la nostra economia. Nessun economista-bidone riconosce che, con l’euro forte, sono le ragioni di scambio col mondo che sono a nostro favore. Per questo i Paesi seri, ad economia forte e prospera, difendono il valore delle loro monete.
E poi c’è la favola del rigore imposto da Bruxelles e Berlino. Mi sono stancato di ripeterlo. Gli impegni di Maastricht li abbiamo sottoscritti liberamente perché ci convenivano. Quella notte a Maastricht c’ero anch’io e ricordo bene la tensione di quelle ore. A volere l’accettazione di quegli impegni non fu Andreotti, Presidente del Consiglio, ma il Ministro del Tesoro, Guido Carli. Egli sapeva, e ci ripeteva con forza, che senza vincoli e controlli esterni la classe politica italiana non avrebbe mai imboccato il cammino virtuoso delle finanze sane, ed ebbe ragione. Dal 1993 in poi in poi, i successivi governi hanno tenuto una linea responsabile. E siamo passati all’avanzo primario. Poi sopravvenne la crisi del 2008 e per due o tre anni il Governo Berlusconi-Tremonti fu costretto a sforare i limiti di Maastricht. Monti e Letta hanno fatto in modo di rientrarvi e Renzi oggi promette di non superarli. Ma gridiamolo sui tetti: una politica di controllo fiscale non è una concessione all’Europa; è una necessità imperativa per un Paese con uno dei più alti debiti pubblici al mondo. Possiamo ritornare alla politica folle dell’indebitamento, come propongono i vari apprendisti stregoni, ma le conseguenze non le pagheranno i nostri figli, come dice Renzi, le pagheremo noi, molto presto. Ci siamo scordati a che punto eravamo nell’autunno del 2011?
Tutte queste sono verità talmente evidenti che dovrebbe essere inutile ricordarle. Ma poiché la canea urlante degli eurofobi è sempre più assordante, non ricordarle ad ogni passo sarebbe una grave colpa. E rinunciare a una politica di informazione attiva e aggressiva sarebbe imperdonabile. Essa spetta al Governo, alle forze politiche responsabili (talvolta portate a seguire la corrente del populismo euroscettico) e ai grandi mezzi d’informazione, a cominciare dalla RAI.
Del resto taccio.Taccio della grande avventura ideale – ricordata dal Capo dello Stato con parole tanto nobili che solo la bava di un Salvini ha potuto tentare di insudiciarle – che ha portato al superamento delle guerre fratricide e dato al nostro Continente una speranza di grandezza e di pace. Taccio della straordinaria bellezza di un sistema che permette ai cittadini europei di circolare, lavorare, vivere liberamente in tutta Europa. Taccio delle grandi capacità dell’Unione di sviluppare economia, cultura, scienza, di proteggere ed esaltare i diritti umani che lo squallore delle signore Le Pen, dei Salvini, dei Casapound, dei Fratelli d’Italia, vorrebbe denegare. Pochi sono capaci di tensione ideale (al tempo del Risorgimento, quanti avrebbero realmente compreso e voluto l’unità d’Italia?). La gente, ci dicono, ragiona con le tasche. E sia! E allora spieghiamo alla gente, compresi i padroncini del Nord, che senza l’Europa staremmo molto, ma molto peggio! E rimpiangeremo amaramente quello che avevamo e avremmo perduto!
Ma facciamolo in modo attivo ed efficace, con tutti i mezzi di comunicazione disponibili. Il tempo a disposizione si accorcia di giorno in giorno, non possiamo disperderlo!
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